Arnold Schönberg, un ascolto rivoluzionario!

Arnold Schönberg, un ascolto rivoluzionario!

Quando Arnold Schönberg compone la “Begleitungsmusik zu einer Lichtspielszene” (Musica d'accompagnamento per una scena da film) op.34, sul finire degli anni '20 del secolo scorso, il cinema sonoro è ancora un neonato che sta emettendo i primi vagiti. E tuttavia il musicista, padre del sistema dodecafonico e rivoluzionario protagonista del '900, appare già perfettamente consapevole delle potenzialità del nuovo linguaggio – come scrive in una celebre lettera all'amico e sommo direttore d'orchestra Otto Klemperer – che egli intende non già come la semplice somma di immagine, musica e azione scenica ma come un soggetto completamente nuovo e carico di infinite possibilità espressive e drammaturgiche.

L'op.34 nasce su questa base teorica, dietro committenza ma senza una destinazione predefinita, senza un film cui applicarsi: anche se va detto che nei decenni successivi più d'uno ne ha tentato un utilizzo audiovisuale, come ad esempio i registi d'avanguardia Jean-Marie Straub e Danièle Huillet. Si poteva pensare che con questa folgorante e profetica premessa Schönberg, negli anni del suo forzato esilio statunitense, divenisse una risorsa preziosa anche per Hollywood; in realtà, per lui come per l'altro grande nume tutelare della musica novecentesca, Igor Strawinsky, lo scontro con l'apparato produttivo hollywoodiano, le sue esigenze e restrizioni (e la sua diffidenza verso la musica colta europea) fu frontale e totale, impedendo qualsiasi collaborazione. Le premesse teoriche e ideologiche di Schönberg del resto, forse ancor più della spigolosità del linguaggio dodecafonico, erano tali e talmente radicali e anticommerciali da impedire qualsiasi compromesso con la formidabile macchina dell'intrattenimento rappresentata dagli studios.
Ciò rende oggi, a distanza di quasi novant'anni, l'op.34 un luminoso, abbagliante e concentratissimo esempio di preveggenza musicale, il cui ascolto illumina e motiva gran parte del cammino che la musica cinematografica più avanzata, lungimirante e meditata (da Goldsmith a Morricone a Beltrami, per capirci) avrebbe successivamente percorso.
Le Settimane Musicali Gustav Mahler di Dobbiaco (BZ), piccolo-grande festival che da 35 anni anima in luglio quell'incantevole Val Pusteria dove Mahler nelle ultime estati della sua vita si ritirò a scrivere Nona Sinfonia, Adagio della Decima e Das Lied von der Erde, ha deciso di aprire il suo ultimo concerto proprio con questa partitura, di rarissima esecuzione in pubblico e qui interpretata dalla giovane Accademia Gustav Mahler di Bolzano sotto la direzione del compositore Matthias Pintscher, in un programma che comprendeva anche altre pagine di Schönberg, Mahler e dello stesso Pintscher. La “Begleitungmusik” non arriva a dieci minuti in tutto, e si compone di tre momenti, senza soluzione di continuità, intitolati “Pericolo incombente, Angoscia, Catastrofe”. A prima vista sembra un'anticipazione situazionistica delle future “libraries” hollywoodiane, ma in realtà niente potrebbe somigliargli di meno. La scrittura è rigorosamente, intransingentemente seriale, e scompone l'orchestra in blocchi all'interno dei quali hanno un ruolo prevalente i singoli solisti (soprattutto legni e percussione, quest'ultima dilagante): la tensione che vi si carica ha un colore nettamente espressionistico, sinistro, che scaturisce però non da elementi esterni ma dalla rigida, spietata struttura architettonica del brano, suddiviso in otto sottosezioni strettamente correlate. Ovviamente è del tutto respinta qualsiasi tentazione leitmotivica, ma è percepibile una tecnica variativa sul materiale e persino un'alternanza tra momenti più rasserenati, spettralmente “melodici”, e brividi sonori squisitamente horror. Un ipertesto, insomma, che Pintscher ha letto con implacabile lucidità analitica e che il pubblico (abituato a ben altro repertorio) ha ascoltato in un silenzio quasi tangibile, ciascuno forse creando nella propria mente quelle immagini ipotetiche che Schönberg postulava, in un rapporto rovesciato – e anch'esso rivoluzionario – tra ascolto e visione.

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