Oedipux Rex di Stravinskij a Teatro San Carlo a Napoli con Juraj Valcuha e Toni Servillo

Oedipux Rex di Stravinskij a Teatro San Carlo a Napoli con Juraj Valcuha e Toni Servillo

I contributi musicali di Sergej Prokof’ev per il grande schermo appartengono ai momenti più alti e coinvolgenti dell’ottava arte. In particolare davvero straordinaria si è rivelata la sua collaborazione con il regista lettone Sergej Eizenstein concretizzatasi con Aleksander Nevskij (Mosfilm, 1938) e Ivan il Terribile (Mosfilm 1944 parte 1 e 1947 parte 2). Ci sembra peraltro doveroso anche citare altri due lavori di grande interesse che hanno coinvolto il grande compositore russo.
Il primo è il film Il Tenente Kijè realizzato nel 1933 dal regista Alexander Faintsimmer (1906 – 1982), pungente satira sull’ottusità del mondo militare i cui temi della colonna sonora si ritrovano nell’omonima “Suite op. 60”.

Il secondo riguarda la rappresentazione filmica del suo celebre balletto Romeo e Giulietta firmata nel 1955 dal regista Lew Arnschtam (1905 – 1979) che non compie un semplice trasferimento di una performance teatrale di balletto su grande schermo quanto realizza un vero film senza dialogo con immagini solo parzialmente danzate o se si vuole di un’opera senza voci che si riallaccia da una parte all’esperienza del cinema muto e dall’altra tratteggia un’originale idea rappresentativa che ha successivamente ispirato un regista come Carlos Saura in Carmen Story (1984).
Se Prokof’ev è riuscito a coltivare un circoscritto ma intensissimo rapporto con il grande schermo la stessa cosa non è riuscita a Igor Stravinskij, malgrado con il suo trasferimento a Los Angeles nel 1939, le condizioni per una proficua collaborazione con gli Studios hollywoodiani fossero teoricamente ben possibili.
Il suo rapporto con gli Studios è però sempre stato problematico sia a causa del frenetico turbinio del piano di lavoro delle produzioni filmiche o perché la musica da lui composta semplicemente non veniva apprezzata. “Vogliono il mio nome, non la mia musica” ebbe a commentare il compositore quando ritirò polemicamente la musica composta per il film The Norwegian, sull’invasione della Norvegia da parte delle truppe naziste. La scrittura concepita per il grande schermo divenne in seguito nel 1942 i “Four Norwegian Moods”. In altre due importanti occasioni come Bernadette (1943) di Henry King e Jane Eyre (1943) di Robert Stevenson con Orson Welles venne rimpiazzato da Alfred Newman e Bernard Herrmann.
Ben diverso il suo rapporto con il teatro. I suoi lavori per le stagioni parigine degli anni dieci dei Ballets Russes di Djagilev, L’uccello di fuoco, Petrushka e La sagra della primavera hanno segnato la storia della musica del ventesimo secolo.
Il concerto proposto dal Teatro San Carlo a Napoli per la Stagione Sinfonica 1915 - 1916 e diretto dal Maestro Juraj Valcuha nei giorni 15 e 16 aprile scorsi aveva in programma due importanti partiture dei due compositori russi.
La “Quinta Sinfonia” in si bemolle maggiore op. 100 viene considerata una delle opere più compiute di Sergej Prokov’ev ed è anche una delle sue partiture più eseguite e amate dal pubblico. Concepita secondo un modello classico-romantico colpisce per la profonda carica espressiva, impulso ritmico, elegante misurato melodismo e chiarezza delle linee espositive. Composta nel 1944 nella magnifica Casa dell’Arte a Iwanovo la scrittura è percorsa da una sottile carica ironica e avvolta da una galvanizzante vena ottimistica derivante dal positivo epilogo cui stavano volgendo le vicende del secondo conflitto mondiale. La musica presenta frequenti rimandi a precedenti partiture fra cui il balletto Romeo e Giulietta e l’opera Guerra e Pace. Interessante notare come il tema del terzo movimento “Adagio” derivi invece da una colonna sonora composta per il progetto purtroppo non realizzato affidato al grande regista Mikhail Romm (1901 – 1971) di una trasposizione filmica del dramma di Aleksander Pushkin La Dama di Picche. La partitura è stata successivamente rielaborata in suite dal maestro Mikhail Jurowski. Il Maestro Valcuha guida l’orchestra del Teatro San Carlo in una smagliante esecuzione più convincente nei passaggi virtuosistici e danzanti - fortemente coinvolgente la rappresentazione del secondo movimento “Allegro marcato” nell’esilarante turbinio di un tema in fox-trot – mentre è apparsa in alcuni momenti opaca e priva di tensione espressiva negli episodi più introspettivi come nel primo movimento “Andante” e a tratti anche nel terzo movimento “Adagio”. Composto tra il gennaio 1926 e il maggio 1927 l’opera-oratorio in due atti Oedipus Rex per soli, voce recitante, coro maschile e orchestra di Stravinskij appartiene al periodo compositivo neo-classico del musicista russo e viene idealmente collocato in un trittico mitologico insieme al balletto Apollon Musagète (1928) e Persephone (1934), melodramma per voce recitante, tenore, coro e orchestra. Il testo era stato commissionato all’amico regista, poeta e sceneggiatore Jean Cocteau (1889 – 1963) per poi essere tradotto in latino dal padre gesuita Jean Danielou.
L’utilizzo del latino assecondava il concetto di una liturgia sonora austera, arcaica e sacrale perseguita dal compositore nella rappresentazione di un imponente affresco marmoreo sospeso nel tempo e dominato da personaggi dal gesto statuario e dal volto mascherato e dove il movimento viene sostituito da un’intensa dialettica verbale.
L’inserimento della voce recitante che narra al pubblico lo svolgimento del dramma in un contesto di isolante staticità della rappresentazione, insieme con i suoi effetti illusionistici, avvicinano la partitura alla nuova oggettività del teatro epico di Bertold Brecht.
Magistralmente assecondato dalla superlativa compagine orchestrale e dall’imponente Coro del Teatro San Carlo preparato da Marco Faelli, il Maestro Valcuha firma un’esecuzione esemplare che si associa in modo ideale al carattere prettamente rituale concepito da Stravinskij e che allo stesso tempo coglie l’interiore tensione drammatica che percorre la partitura nel suo inesorabile rigore ritmico e nella sua austera timbrica senza mai cedere in fuorvianti scadimenti melodrammatici.
L’eccellente quintetto di voci cantanti è rappresentato da Brendan Gunnel (Edipo), Sonia Ganassi (Giocasta), Marko Mimica (Creonte), Alfred Muff (Tiresia) e Matteo Mezzaro (Il pastore).
Al grande attore Toni Servillo è affidato il compito di narrare al pubblico lo svolgimento della storia. Lontano da tentazioni declamatorie egli racconta la straziante inevitabilità del destino di Re Edipo con le flessuose modulazioni, le eleganti sfumature, l’incisiva scansione del fraseggio della sua voce che colpiscono lo spettatore nel profondo dell’animo pur nel quadro del distacco narrativo voluto dall’autore e teso ad esaltare l’aspetto rituale del dramma e quindi evitare un coinvolgimento emotivo del pubblico.
Teatro al completo in ogni ordine di posti per un trionfale successo.

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