Curiosità musicali dalla Berlinale 2016

Curiosità musicali dalla Berlinale 2016

La 66^ edizione della rassegna berlinese, assai lontana a nostro avviso dagli esiti della precedente, ha purtroppo confermato una tendenza che si sta delineando da qualche tempo. Parliamo della notevole contrazione di original soundtrack che sembrano lasciare il posto a una non ben definita idea di ‘sound concept’ nel peggiore dei casi o all’utilizzo di brani in compilation classici o pop-rock o un mix fra i due. Come abbiamo ricordato in recenti occasioni è molto frequente, ormai quasi una moda, anche il ricorso a opere di Arvo Paert, malgrado l’altissimo spessore del suo linguaggio che in genere si rapporta in modo sorprendente con il grande schermo. Il rischio è che il tutto assuma un atteggiamento banale e privo di originalità. Ci rendiamo conto che si entra in un problema di costi ma allo stesso tempo pensiamo che la musica sia chiamata a svolgere un ruolo determinante nell’esito artistico di un film e le vada conferito il suo dovuto spazio e soprattutto una sua originalità espressiva.

the music of strangersPer fortuna, a Berlino in particolare, la grande musica non manca mai e laddove il sonoro manifesta delle indubbie carenze interviene il muto con suggestivi accompagnamenti musicali dal vivo.
Abbiamo quindi avuto un lungo weekend memorabile con la riesumazione in prima mondiale, il 12 febbraio, del restaurato Destino (Der muede Tod, 1921) di Fritz Lang con una nuova partitura scritta dal compositore di Friburgo Cornelius Schwehr e eseguita dal Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin guidata da Frank Strobel e di cui riferiremo a parte nei prossimi giorni.
Extra-Berlinale inserito nell’ambito della Stagione d’Organo der Berliner Philharmoniker il giorno 14 febbraio ha visto il grande organista Jean Guillou accompagnare con le sue sinistre e spigolose improvvisazioni il celebre film Nosferatu (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau di cui abbiamo già ampiamente riferito nei giorni passati.
Cinema muto a parte, la musica ha sicuramente un ruolo trionfante – e diversamente non poteva essere – nel bellissimo film documentario The Music of Strangers: Yo Yo Ma and the Silk Road Ensemble realizzato da Morgan Neville, presentato in prima europea nella sezione Berlinale Special. La musica qui intesa come fattore di unità, fratellanza, pace e comprensione che in un ideale arco sonoro abbraccia e intesse la forza espressiva di nazioni e continenti diversi e lontani immersi nei propri drammatici destini storici. Il film tratteggia la vita del violoncellista Yo Yo Ma, solista apprezzato ed esaltato da celebri direttori come von Karajan e Bernstein, figlio di genitori cinesi e nato a Parigi e si sofferma in particolare sul suo progetto ‘Silk Road’ dove cerca di unire, in un originale complesso, musicisti provenienti da differenti e spesso contrastanti esperienze umane, politiche e artistiche. Fra i grandi nomi dell’ottava arte che appaiono nel film vi sono i compositori Tan Dun, Osvaldo Golijov e John Williams. Fra i diversi componenti del Silk Way Ensemble figurano il compositore e clarinettista siriano Kinan Azmeh, Cristina Pato, solista spagnola di gaita (cornamusa galiziana), Hadi Eldebek, solista libanese di Oud, strumento a corda tradizionale che ricorda il liuto, Wu Man, compositrice cinese e solista di pipa e Kayhan Kalhor, compositore iraniano e solista di khamancheh, strumento a corda tradizionale persiano.
L’ensemble di Yo Yo Ma genera una nuova musica crossover il cui linguaggio globale coniuga in modo superbo istanze avanguardiste con elementi antichi, folkloristici e tradizionali di vari paesi del globo terrestre cercando di trasportare l’ascoltatore da un punto di riferimento conosciuto verso la scoperta di nuovi confini.
lantouriQuesto straordinario caleidoscopio avvolto nell’intenso cromatismo di una debordante fantasia inventiva e ritmica percorre in modo avvincente l’intero film dominato da suggestive sognanti inquadrature di luoghi, in particolare Istanbul e Santiago de Compostela, e dove la struggente voce del violoncello di Yo Yo Ma si inserisce in elegante forma leitmotivica con il “Prelude” dalla “Suite n. 1 per violoncello solo BWV 1007” di Johann Sebastian Bach.
Uno dei citati membri del Silk Road Ensemble, il compositore iraniano Kayahn Kalhor, fortemente inviso al regime e costretto all’espatrio, con il suo suggestivo linguaggio dagli accenti gravi e espressivi avvolti in una delicata sensualità timbrica che evoca trasfigurate atmosfere islamiche, firma la colonna sonora felicemente montata che accompagna il film Lantouri del regista Reza Dormishian, dirompente riflessione sul senso del perdono, bellissimo dramma psicologico dalla lacerante tensione interiore, forse il film che più ci ha colpito nella rassegna berlinese. Con il suo bellissimo dramma giovanile Ranenyy Angel (The Wounded Angel) il regista kazako Emir Baigazin si conferma autore di grande spessore dopo Harmony Lessons (Uroki garmonii) in concorso alla Berlinale 2013. La musica qui rappresentata dalla sola “Ave Maria” di Franz Schubert assume una connotazione fortemente esistenziale nell’inconscio del protagonista a confronto con il travaglio di una società in preda a drammatici rivolgimenti.
Nel suo nuovo lavoro Die Getraeumten (The Dreamed Ones) presentato nella sezione Forum, la regista austriaca Ruth Beckermann crea un’interessante e singolare trasposizione filmica dal profondo taglio teatrale dell’intenso scambio epistolare avvenuto nell’arco di venti anni fra i poeti Ingeborg Bachmann (1926 – 1973) e Paul Celan (1920 – 1970) nella loro tragica e irrealizzabile storia d’amore. Lo straordinario talento dei due protagonisti Anja Plaschg e Laurence Rupp è accompagnato da un commento musicale realizzato con il prezioso contributo della compositrice Olga Neuwirth e che include i brani “It’s A Man’s Man’s Man’s World” di James Brown, “Probe” dall’opera Die Eroberung von Mexico di Wolfgang Rihm e il suggestivo tango “Otono Porteno” di Astor Piazzolla nella coinvolgente trascrizione per violino e archi firmata dal compositore russo Leonid Desyatnikov (1955).
Fra i film in concorso insignificante o quasi la musica negli assai deludenti Kollektivet (La commune) di Thomas Vinterberg e Soy nero di Rafi Pitts mentre assai lusinghiero ci è apparso il risultato ottenuto da Alexandre Desplat in Alone in Berlin (Jeder stirbt fuer sich allein).
La drammatica storia di resistenza al nazismo di Otto e Anna Quangel (Brendan Gleeson e Emma Thompson) ambientata nella Berlino del 1940 nella disperazione della perdita del proprio figlio è realizzata in modo intenso e imponente dal regista Vincent Perez. La colonna sonora originale composta dal musicista francese nel suo impeccabile montaggio si rapporta in modo magistrale con la forza narrativa delle immagini. Nella sua raffinata strumentazione che poggia su un’ampia stratificazione armonica dominata dagli archi e punteggiata da eleganti inserimenti del pianoforte, la scrittura di Desplat, nel suo spiccato carattere sinfonico e con le sue avvolgenti figure, trasmette una interiore tensione espressiva che nella sua trasfigurazione introspettiva del dramma si accompagna a morbide spigolosità e contenute dissonanze capaci di creare un coinvolgente impatto sullo spettatore.
Nella sua intensissima vita musicale la capitale tedesca con due delle sue grandi orchestre è stata poi capace (in)consapevolmente, nel giro di due giorni, di creare un singolare omaggio al 2001 odissea nello spazio (1968) del celebrato Stanley Kubrick. Si è iniziato la Domenica 14 febbraio con il Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin – reduce dalla brillante prestazione nel Destino di Fritz Lang - guidato da Ion Marin nell’esecuzione di “Also sprach Zarathustra” di Richard Strauss per proseguire alone in berlinil giorno successivo con il Deutsches Symphonie-Orchester Berlin guidato da Aziz Shokhakimov nell’esecuzione di “Atmosphères” di Gyoergy Ligeti.
Il geniale brano di Ligeti, ormai divenuto un classico dell’avanguardia musicale, accompagna l’iniziale inquadratura nel fondo buio nel suo ampio cluster-sound e nella sua stratificata staticità priva di ritmo e melodia che nel suo lento crescendo genera una profonda interiore tensione, l’impulso del divenire nell’immutabile preistoria. Il compositore ungherese si dichiarò a suo tempo assai sorpreso e contrariato dell’utilizzo non concordato della sua partitura e affermò di non essere certamente stato ispirato da un paesaggio cosmico al momento della sua composizione. Sicuramente occorre ammettere che con 2001 odissea nello spazio il suo nome e la sua musica hanno raggiunto e affascinato un vastissimo pubblico. Altre due importanti partiture corali di Ligeti trovano poi posto nel successivo decorso della colonna sonora, “Requiem” e “Lux Eterna”. Nel film alla buia iniziale inquadratura segue il suggestivo sorgere del sole nel ‘Risveglio dell’umanità’ accompagnato dal dirompente pathos degli imponenti accordi introduttivi del poema sinfonico “Also sprach Zarathustra” di Richard Strauss.

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