22 Ott2014
“Cieli notturni” di Marco Betta al Teatro San Carlo a Napoli
Prima esecuzione assoluta di “Cieli notturni” di Marco Betta al Teatro San Carlo a Napoli
La Stagione Sinfonica 2014/15 del Teatro San Carlo a Napoli (www.teatrosancarlo.it) si presenta ricca di appuntamenti di grande richiamo con proposte programmatiche stimolanti e un livello artistico imponente che da Ottobre 2014 a Giugno 2015 vedrà alternarsi prestigiose bacchette come Juraj Valcuha, Gabriele Ferro, Muhai Tang, Jeffrey Tate, Zubin Mehta, John Axelrod, Eduard Zilberkant, Rinaldo Alessandrini e Alejo Perez. Fra i solisti impegnati nei diversi concerti spiccano i nomi di Rudof Buchbinder, Uto Ughi, Giuseppe Albanese, David Garret, Yefin Bronfman, Evelyn Glennie, Julian Rachlin e Vladimir Ashkenazy.
Molto promettente anche il cartellone dell’opera che annovera fra l’altro un attesissimo Tristan und Isolde di Wagner diretto da Zubin Mehta con la regia di Lluis Pasqual (dal 22 Febbraio al 5 Marzo 2015).
Il concerto d’inaugurazione tenutosi nei giorni 18 e 19 u.s. diretto dal Maestro Gabriele Ferro ha rinnovato la bella consuetudine del Teatro della presentazione di una nuova partitura in prima esecuzione assoluta.
Con una scelta particolarmente felice quest’anno il compositore coinvolto è stato Marco Betta, nato a Enna nel 1964, sicuramente una delle figure più interessanti del panorama musicale del nostro paese.
Musicista particolarmente versatile, Marco Betta è attivo in campo sinfonico, cameristico, operistico, teatrale e cinematografico. Un profondo rapporto artistico lo lega al regista Roberto Andò di cui ha musicato i film Il Manoscritto del Principe (2000), Viaggio segreto (2006) e Viva la libertà (2013).
In Viva la libertà, che ha come protagonista uno strepitoso Toni Servillo, la scrittura di Marco Betta si fa apprezzare per il linguaggio dal carattere sospeso e introspettivo e per un impeccabile montaggio che consente di assolvere in modo ideale il suo ruolo funzionale e atmosferico, senza mai scadere in banali figure esornative.
In generale lo stile del musicista siciliano sintetizza opposte tecniche compositive nel suo tormentato oscillare fra una sospesa armonia tonale di nordica sobrietà e drammatiche espressioni contrappuntistiche, moderato spettralismo e spigolose costruzioni seriali.
Vengono alla mente anche compositori baltici come il lettone Peteris Vasks (1946) o l’estone Lepo Sumera (1950 – 2000).
Il suo nuovo coinvolgente e suggestivo lavoro “Cieli notturni” per grande orchestra porta la dedica al Teatro San Carlo e al Maestro Gabriele Ferro che, superbamente assecondato dalla magnifica orchestra, ne è stato profondo e attento interprete in un’esecuzione festosamente accolta dal folto e attento pubblico.
Percorsa da una profonda tensione narrativa, la partitura si presenta come un imponente affresco sonoro che evoca le suggestioni di peregrinazioni notturne nella dialettica fra uomo, natura e arte alla ricerca dell’incontro con la propria anima e delle proprie origini, dove poetiche contemplazioni e incantati paesaggi si confrontano con il turbamento inesorabile di vicende drammatiche che percorrono la storia di una grande terra e accompagnano l’inconscio del viandante.
Scrive il Prof. Betta riguardo alla sua partitura: ‘”Cieli Notturni” è un viaggio nella scrittura di suoni: un percorso, un quaderno di momenti, un diario in cui sono presenti i materiali musicali che trovo congeniali: melodie ispirate agli antichi canti dei carrettieri napoletani, blocchi e strutture armoniche sospese basate su sequenze di suoni armoniche, contrappunti e serie dodecafoniche, evocazioni di sequenze bandistiche della musica della mia terra….’.
Fortemente evocativa e avvolgente l’introduzione si presenta con un pianissimo che sembra sgorgare dal profondo immenso che poggia sulle lunghe linee armoniche tratteggiate inizialmente dai contrabbassi poi dall’insieme degli archi e punteggiate dalle suggestive ed eleganti interiezioni del vibrafono, mentre il discorso si evolve poi gradualmente in contorni sempre più drammatici, spigolosi e carichi di tensione espressionistica che mai compromettono l’impressionante immediatezza della sua drammaturgia sonora.
Il brano di Marco Betta era accompagnato nel programma del concerto da due balletti di Igor Stravinskij (1882 – 1971), il raramente eseguito “Pulcinella”, presentato in versione integrale con le tre voci inserite in orchestra come da indicazioni del compositore e la “Suite” dal più noto “Uccello di fuoco”.
“Pulcinella” scritto nel 1920 evoca l’esuberante e singolare maschera napoletana, personaggio simbolo della commedia dell’arte italiana e forse nelle intenzioni recondite del compositore vi era anche quella di creare un parallelo ideale con la figura del burattino russo “Petrushka”, la cui storia egli aveva già confezionato in smagliante partitura di balletto nel 1911. Commissionata del celebre impresario Diaghilew e concepita come un balletto da camera la scrittura è basata su brani e materiali tematici attribuiti a Pergolesi (1710 – 1736) e sancisce l’inizio della fase neo-classica del compositore russo.
Animato dall’intento di rappresentare lo spirito e la tradizione musicale di un periodo musicale del passato attraverso i mutamenti sonori e ritmici del presente, Stravinskij decide di lasciare pressoché intatta la struttura melodica e armonica dei brani di Pergolesi e solo occasionalmente interviene con la modernità del suo linguaggio ritmico e della coloratura strumentale.
Il balletto viene eseguito in prima mondiale all’Opera de Paris nel maggio del 1920 con la direzione di Ernest Ansermet con bozzetti e costumi realizzati da Pablo Picasso.
Il Maestro Gabriele Ferro si conferma profondo interprete e studioso del grande compositore russo che egli dirige senza spartito, illumina la raffinatezza strumentale della partitura in cui emerge la bravura delle prime parti solistiche in particolare negli archi con Cecilia Laca e Luigi Buonomo (violini), Antonio Bossone (viola), Luca Signorini (violoncello), Carmine Laino (contrabbasso), nei legni con Domenico Sarcina (oboe), Mauro Russo (fagotto) e nei fiati con Giuseppe Cascone (tromba) e Sergio Danini (trombone).
In evidenza per eleganza di stile e fraseggio anche le tre voci soliste, Teresa Iervolino (mezzosoprano), Mark Milhofer, tenore e Ugo Guagliardo, basso.
Imponente la prova dell’Orchestra del Teatro San Carlo anche nella “Suite” dell’Uccello di fuoco, balletto rivelatore del genio artistico di Stravinskij, composto sempre su commissione di Diaghilew e rappresentato all’Opera de Paris nel Giugno 1910 con trionfale successo.
La musica assolve un ruolo prettamente descrittivo-narrativo legato al testo di una in verità assai banale fiaba russa che vede come figure protagoniste il Mago Kaschchei e il Principe Ivan.
Il maestro Ferro guida l’orchestra in un’esecuzione che ne illumina l’opulenza strumentale, le sfumature cromatiche e l’impetuosa e debordante fantasia ritmica in una rappresentazione sonora di grande equilibrio che mai cede il passo a sterili compiacimenti estetizzanti.
La Stagione Sinfonica 2014/15 del Teatro San Carlo a Napoli (www.teatrosancarlo.it) si presenta ricca di appuntamenti di grande richiamo con proposte programmatiche stimolanti e un livello artistico imponente che da Ottobre 2014 a Giugno 2015 vedrà alternarsi prestigiose bacchette come Juraj Valcuha, Gabriele Ferro, Muhai Tang, Jeffrey Tate, Zubin Mehta, John Axelrod, Eduard Zilberkant, Rinaldo Alessandrini e Alejo Perez. Fra i solisti impegnati nei diversi concerti spiccano i nomi di Rudof Buchbinder, Uto Ughi, Giuseppe Albanese, David Garret, Yefin Bronfman, Evelyn Glennie, Julian Rachlin e Vladimir Ashkenazy.
Molto promettente anche il cartellone dell’opera che annovera fra l’altro un attesissimo Tristan und Isolde di Wagner diretto da Zubin Mehta con la regia di Lluis Pasqual (dal 22 Febbraio al 5 Marzo 2015).
Il concerto d’inaugurazione tenutosi nei giorni 18 e 19 u.s. diretto dal Maestro Gabriele Ferro ha rinnovato la bella consuetudine del Teatro della presentazione di una nuova partitura in prima esecuzione assoluta.
Con una scelta particolarmente felice quest’anno il compositore coinvolto è stato Marco Betta, nato a Enna nel 1964, sicuramente una delle figure più interessanti del panorama musicale del nostro paese.
Musicista particolarmente versatile, Marco Betta è attivo in campo sinfonico, cameristico, operistico, teatrale e cinematografico. Un profondo rapporto artistico lo lega al regista Roberto Andò di cui ha musicato i film Il Manoscritto del Principe (2000), Viaggio segreto (2006) e Viva la libertà (2013).
In Viva la libertà, che ha come protagonista uno strepitoso Toni Servillo, la scrittura di Marco Betta si fa apprezzare per il linguaggio dal carattere sospeso e introspettivo e per un impeccabile montaggio che consente di assolvere in modo ideale il suo ruolo funzionale e atmosferico, senza mai scadere in banali figure esornative.
In generale lo stile del musicista siciliano sintetizza opposte tecniche compositive nel suo tormentato oscillare fra una sospesa armonia tonale di nordica sobrietà e drammatiche espressioni contrappuntistiche, moderato spettralismo e spigolose costruzioni seriali.
Vengono alla mente anche compositori baltici come il lettone Peteris Vasks (1946) o l’estone Lepo Sumera (1950 – 2000).
Il suo nuovo coinvolgente e suggestivo lavoro “Cieli notturni” per grande orchestra porta la dedica al Teatro San Carlo e al Maestro Gabriele Ferro che, superbamente assecondato dalla magnifica orchestra, ne è stato profondo e attento interprete in un’esecuzione festosamente accolta dal folto e attento pubblico.
Percorsa da una profonda tensione narrativa, la partitura si presenta come un imponente affresco sonoro che evoca le suggestioni di peregrinazioni notturne nella dialettica fra uomo, natura e arte alla ricerca dell’incontro con la propria anima e delle proprie origini, dove poetiche contemplazioni e incantati paesaggi si confrontano con il turbamento inesorabile di vicende drammatiche che percorrono la storia di una grande terra e accompagnano l’inconscio del viandante.
Scrive il Prof. Betta riguardo alla sua partitura: ‘”Cieli Notturni” è un viaggio nella scrittura di suoni: un percorso, un quaderno di momenti, un diario in cui sono presenti i materiali musicali che trovo congeniali: melodie ispirate agli antichi canti dei carrettieri napoletani, blocchi e strutture armoniche sospese basate su sequenze di suoni armoniche, contrappunti e serie dodecafoniche, evocazioni di sequenze bandistiche della musica della mia terra….’.
Fortemente evocativa e avvolgente l’introduzione si presenta con un pianissimo che sembra sgorgare dal profondo immenso che poggia sulle lunghe linee armoniche tratteggiate inizialmente dai contrabbassi poi dall’insieme degli archi e punteggiate dalle suggestive ed eleganti interiezioni del vibrafono, mentre il discorso si evolve poi gradualmente in contorni sempre più drammatici, spigolosi e carichi di tensione espressionistica che mai compromettono l’impressionante immediatezza della sua drammaturgia sonora.
Il brano di Marco Betta era accompagnato nel programma del concerto da due balletti di Igor Stravinskij (1882 – 1971), il raramente eseguito “Pulcinella”, presentato in versione integrale con le tre voci inserite in orchestra come da indicazioni del compositore e la “Suite” dal più noto “Uccello di fuoco”.
“Pulcinella” scritto nel 1920 evoca l’esuberante e singolare maschera napoletana, personaggio simbolo della commedia dell’arte italiana e forse nelle intenzioni recondite del compositore vi era anche quella di creare un parallelo ideale con la figura del burattino russo “Petrushka”, la cui storia egli aveva già confezionato in smagliante partitura di balletto nel 1911. Commissionata del celebre impresario Diaghilew e concepita come un balletto da camera la scrittura è basata su brani e materiali tematici attribuiti a Pergolesi (1710 – 1736) e sancisce l’inizio della fase neo-classica del compositore russo.
Animato dall’intento di rappresentare lo spirito e la tradizione musicale di un periodo musicale del passato attraverso i mutamenti sonori e ritmici del presente, Stravinskij decide di lasciare pressoché intatta la struttura melodica e armonica dei brani di Pergolesi e solo occasionalmente interviene con la modernità del suo linguaggio ritmico e della coloratura strumentale.
Il balletto viene eseguito in prima mondiale all’Opera de Paris nel maggio del 1920 con la direzione di Ernest Ansermet con bozzetti e costumi realizzati da Pablo Picasso.
Il Maestro Gabriele Ferro si conferma profondo interprete e studioso del grande compositore russo che egli dirige senza spartito, illumina la raffinatezza strumentale della partitura in cui emerge la bravura delle prime parti solistiche in particolare negli archi con Cecilia Laca e Luigi Buonomo (violini), Antonio Bossone (viola), Luca Signorini (violoncello), Carmine Laino (contrabbasso), nei legni con Domenico Sarcina (oboe), Mauro Russo (fagotto) e nei fiati con Giuseppe Cascone (tromba) e Sergio Danini (trombone).
In evidenza per eleganza di stile e fraseggio anche le tre voci soliste, Teresa Iervolino (mezzosoprano), Mark Milhofer, tenore e Ugo Guagliardo, basso.
Imponente la prova dell’Orchestra del Teatro San Carlo anche nella “Suite” dell’Uccello di fuoco, balletto rivelatore del genio artistico di Stravinskij, composto sempre su commissione di Diaghilew e rappresentato all’Opera de Paris nel Giugno 1910 con trionfale successo.
La musica assolve un ruolo prettamente descrittivo-narrativo legato al testo di una in verità assai banale fiaba russa che vede come figure protagoniste il Mago Kaschchei e il Principe Ivan.
Il maestro Ferro guida l’orchestra in un’esecuzione che ne illumina l’opulenza strumentale, le sfumature cromatiche e l’impetuosa e debordante fantasia ritmica in una rappresentazione sonora di grande equilibrio che mai cede il passo a sterili compiacimenti estetizzanti.