23 Set2014
Take Five: "brutti, sporchi, cattivi e... Jazz partenopeo"
Take Five: "brutti, sporchi, cattivi e... Jazz partenopeo" - Intervista esclusiva al compositore Giordano Corapi
Colonne Sonore, in occasione dell’uscita nelle sale il 2 Ottobre, distribuito da Microcinema, del film di Guido Lombardi Take Five (vedi trailer), un gangster movie all’italiana molto anni ’70, in cui, come dice lo strillone stesso della pellicola “I Soliti Ignoti e Le Iene s’incontrano a Gomorra”, ha avuto il piacere di intervistare l’autore delle sue musiche, Giordano Corapi. Il musicista e compositore romano (classe 1974) con alle spalle la composizione di diversi spettacoli teatrali (la maggior parte per la regia di Gabriele Lavia), cortometraggi, documentari, serie televisive e film, ha creato un ottimo sodalizio con il regista Guido Lombardi (diversi riconoscimenti per il suo lungometraggio Là-Bas, come il premio Leone del Futuro "Luigi De Laurentiis" per la miglior opera prima) che per il suo secondo film, Take Five per l’appunto, richiama Corapi per confezionargli un egregio commento sonoro ad una pellicola di genere gangsteristico partenopeo che strizza l’occhio a Quentin Tarantino, John Woo e a tanto Cinema di genere poliziesco di Umberto Lenzi ed Enzo G. Castellari, su tutti.Take Five è una storia di criminalità ambientata a Napoli, per lo più recitata in dialetto partenopeo (con sottotitoli), narrata in maniera cruda e vera da attori che hanno compiuto un percorso di vita davvero impressionante ed importante - alcuni passando dal carcere reale e approdando sul grande schermo in una sorta di rivalsa esistenziale e non solo, psicologica - pur raccontando una storia di finzione, anche se in questi casi il confine tra vero e falso è molto labile.
Take Five è la vicenda di “cinque irregolari” (Gaetano Di Vaio, Peppe Lanzetta, Salvatore Striano, Carmine Paternoster e Salvatore Ruocco), un ricettatore, un gangster leggendario e depresso, un pugile squalificato a vita, un fotografo di matrimoni, ex rapinatore, reduce da un infarto e un idraulico con il vizio del gioco, che un giorno decidono di rapinare una banca entrandovi attraverso la rete fognaria di Napoli. Dopo la rapina ne accadranno di tutti i colori…colori bui, spenti, oscuri, sporchi e cattivi.
Un film di genere che del genere ne conosce le regole a perfezione, interpretato da un ottimo cast di attori, tutti con il phisique du role, e una regia asciutta, mai ingombrante, spesso sui volti eccelsi dei protagonisti che con la loro verbosità tra l’ironico e il violento, cruda oltre ogni dire, celano segreti sconvolgenti e trame da piano perfetto che poi così perfetto non è! E la musica di Giordano Corapi è un elemento funzionale, eccellente, il sesto protagonista dei cinque principali, quello che trama nell’ombra destabilizzando la narrazione con grande inventiva.
Ma veniamo all’intervista…
Colonne Sonore: Take Five è un gangster movie, molto anni '70, sulla falsariga di quei film con personaggi "brutti, sporchi e cattivi" dei film d'azione di Umberto Lenzi, Antonio Margheriti, Enzo G. Castellari, con omaggi al cinema tarantiniano (Le Iene) e wooiano (Face off), soprattutto nel finale molto pulp con resa dei conti cruenta. La sua musica percorre i binari del jazz e del funk citando con passione le musiche dei grandi compositori di quel periodo, soprattutto Franco Micalizzi ed Ennio Morricone. Si ritrova in questa affermazione?
Giordano Corapi: Sicuramente nell’affrontare il lavoro sulla colonna sonora di Take Five, non potevo non imbattermi nella musica di genere che ha permeato tutta la cinematografia cult di quegli anni. Riferimenti come Morricone, Micalizzi, Umiliani, Ortolani e tanti altri (anche di segno molto diverso da questi citati) fanno parte sicuramente di tutta quella schiera di autori di cui mi sono nutrito per tanti anni, però più che di citazioni tout court, si è trattato di scrivere ed interpretare in modo originale quello che il racconto mi suggeriva, senza preoccuparmi troppo di citare un autore piuttosto che un altro.
Take Five è un western napoletano e questo ha sicuramente indirizzato la mia scrittura, soprattutto per quel che riguarda gli arrangiamenti, verso una colonna sonora di genere, anche se ho sempre cercato di far sì che i temi avessero uno spessore ed una complessità e soprattutto fossero in grado di raccontare al tempo stesso il dramma e la comicità sgangherata dei cinque protagonisti.
CS: Lei ha creato un bel sodalizio con il regista Guido Lombardi, per il quale ha musicato diversi cortometraggi e il precedente film Là-bas del 2011. Come procedete insieme nella lavorazione della colonna sonora?
Lombardi inserisce nel premontato dei brani preesistenti che la influiscono in qualche modo o le lascia piena libertà di movimento?
GC: Per fortuna Guido non “appoggia” altre musiche sul premontato, cosa che inevitabilmente influenzerebbe il mio lavoro; piuttosto cominciamo a lavorare già sulla sceneggiatura, inizialmente facendo un grandissimo lavoro di ricerca che prevede ascolti di musica (spesso anche la più disparata) che in qualche modo ci suggeriscano qualcosa sul tono del film.
In una seconda fase comincio a lavorare sul tema e ad esplorare le possibili chiavi di arrangiamento cercando di restituire in musica le emozioni e le sensazioni che il testo mi ha suscitato.
Spesso capita anche che Guido si presenti in studio con un idea “primitiva” (come un fischio, spesso anche poco intonato oppure un’idea ritmica tipo un clap di mani). Intorno a questa idea, che apparentemente potrebbe sembrare lontana dal tono del film, comincio a costruire diversi temi ed arrangiamenti, fino a spingerci molto oltre lo spunto iniziale, che però rimane là sotteso come intuizione guida.
Dunque le immagini e il montato entrano in gioco in una fase successiva, quando gli arrangiamenti si vanno ormai affinando e si comincia ad analizzare le musiche sulla struttura delle singole scene e sul film nel complesso.
CS: "Take Five" è il titolo di un celeberrimo brano jazz del 1959 di Dave Brubeck che ha dato il nome alla pellicola in esame. In quale modo, se ciò è accaduto, ha influenzato la sua scelta di approccio al film di Lombardi?
GC: “Take Five” di Brubeck ci ha fornito forse la chiave e lo spunto più importante per affrontare il lavoro sulle musiche: abbiamo infatti deciso di trattare questa colonna sonora come un’unica partitura jazz, e proprio come avviene nel jazz, abbiamo assegnato ad ognuno dei cinque protagonisti uno strumento solista.
Anche se tutto è stato scritto in partitura, abbiamo lasciato uno spazio significativo all’ improvvisazione e ci siamo lasciati coinvolgere e suggestionare dai tempi del racconto, creando momenti di rarefazione e concentrazione, accelerando e rallentando, fortissimo e pianissimo.
Da un punto di vista meramente tecnico ho deciso di adottare per uno dei temi principali del film il ritmo in 5/4 proprio di “Take Five” di Brubeck, una sorta di omaggio e citazione, caratterizzandolo però con una batteria con delle sonorità elettroniche e viniliche, che dessero al tempo stesso un carattere moderno ed anni ‘60.
CS: Nella scena in cui i cinque malviventi protagonisti si trovano nel tunnel fognario per recarsi a scavare il buco che li porterà alla banca da rapinare, lei ha commentato questo loro percorso con un tema sbarazzino, molto grottesco, morriconiano nella forma e nella sostanza.
Ho notato più volte che la sua musica descrive il lato ironico di una vicenda violenta e drammaticamente sporca che di ironia ne ha ben poca.
Perchè questa direzione stilistica ed emotiva, che in ogni caso crea un bel contrasto con le immagini?
GC: Spesso nel film abbiamo usato la musica a contrasto. Questo proprio perché ritenevamo che la scelta più giusta non fosse sempre quella di enfatizzare il dramma dei cinque protagonisti caricandolo con un tema puramente emotivo e drammatico, bensì di raccontarlo attraverso il suo opposto: l’immagine che avevamo di fronte non era quella realistica di cinque criminali, ma piuttosto quella di cinque ragazzini che giocano con le pistole inconsapevoli del pericolo. In questa ottica il tono scanzonato ed ironico di alcune musiche assume una valenza ancor più drammatica e complessa.
CS: In particolare la canzone dei titoli di coda, ma anche altri brevi momenti all'interno della pellicola, hanno una valenza sonora mediterranea molto marcata, seppur immersi in un'armonicità jazz e funky molto forte e straniante. Questo perchè voleva descrivere l'ambiente e la sua crudeltà di azioni al contempo?
GC: L’idea sulle sonorità e gli arrangiamenti era proprio quella di un western-Jazz-Funky-Napoletano che avesse al contempo un sapore marcatamente mediterraneo-partenopeo tale da raccontare l’ambiente realistico in cui si svolge l’azione ed un carattere epico e tensivo proprio dei film di genere. In effetti la colonna sonora segue sempre questo registro del doppio binario.
CS: Lei ha dichiarato in un'intervista di aver connotato ogni singolo personaggi dei cinque della vicenda con uno strumento ben preciso, in accordo con il regista. Un tema unitario con cinque strumenti diversi che crea un effetto di "unione fa la forza" dei cinque protagonisti principali. Come motiva questa scelta?
GC: Quando si affronta una colonna sonora non c’è mai una regola e una ricetta che valga per qualsiasi film: in Take Five una delle scelte più importanti è stata proprio quella di caratterizzare ognuno dei cinque protagonisti con uno strumento diverso: Sciomen una chitarra elettrica distorta ed “impazzita”; Carmine un fender rhodes che suona come una radiolina goffa ed impacciata; Ruocco, il pugile, una improbabile tromba epica stile Rocky di Bill Conti, ma che suona anche un pò mariachi; Gaetano un mandolino in stile western napoletano; Sasà, che rappresenta forse il personaggio più complesso e lacerato, a turno ognuno di questi strumenti con l’aggiunta di voce femminile.
Take Five, oltre ad essere un film di genere, è un film di personaggi: la scelta di un tema pressochè unitario arrangiato con strumenti diversi “calibrati” su ognuno dei protagonisti, è stata quindi la chiave per raccontare cinque umanità diverse disgraziate e sgangherate accomunate da un identico destino.
CS: Ha scelto lei o il regista i brani classici e lirici nel film? Se sì, perchè proprio quelli?
GC: Insieme con Guido abbiamo selezionato una serie di brani che, anche per esigenze di budget, fossero liberi da diritti. Per le scene che riguardano il boss Jannone, abbiamo deciso che poteva essere divertente e funzionale richiamare una certa epica-retorica mafiosa dei film Hollywoodiani: da qui la scelta di “Tu ca nun chiagne” interpretata dal tenore napoletano per eccellenza Enrico Caruso come musica intradiegetica che il boss Jannone ascolta in sottofondo.
CS: Cosa significa per lei "Musica per immagini"?
GC: La musica per immagini è per me un lavoro di puro artigianato dove attraverso la combinazione dei suoni si cerca di creare un legame indissolubile con le immagini stesse. Il racconto attraverso Musica e Immagine così legate corrisponde all’idea originaria e più pura di Cinema (i dialoghi spesso sono un di più).
In questo legame indissolubile la musica rappresenta spesso la voce off, l’anima e l’emotività sottesa al racconto.
Non amo le colonne sonore puramene descrittive che didascalicamente seguono e commentano oltremodo il racconto sottolineando tutto ciò che accade sulla scena. Il pubblico ormai già sa tutto ed anticipa situazioni ed eventi del racconto.
La musica sarà allora tanto più interessante, quando saprà “raccontarci” emotivamente qualcosa in più rispetto alle immagini e sarà capace di allargare l’orizzonte dell’inquadratura.
Un ringraziamento particolare per la sua disponibilità e simpatia al Maestro Corapi