Intervista esclusiva a Lina Gervasi, compositrice e performer di theremin

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I suoni sono il riflesso di ciò che il nostro corpo esprime – Intervista esclusiva a Lina Gervasi, compositrice e performer di theremin

A cura di Marco Testoni e Massimo Privitera

Suonare il theremin per me significa lasciarsi andare in uno spazio senza dimensioni dove le mani descrivono ciò che la mente pensa e il cuore sente e canta.” (Lina Gervasi)

Incontriamo, cosa che non accade spesso, una musicista interessante dapprima che egregia compositrice, caso più unico che raro nel nostro Bel Paese di interprete di uno strumento atipico nel panorama strumentistico classico globale, il theremin. Uno strumento musicale elettronico, il più antico conosciuto al mondo, che non implica il contatto fisico dell’esecutore con il medesimo, fondamentalmente una scatola (detta cabinet) con due antenne. Lina Gervasi ne è la maggiore e più avvinta esecutrice non soltanto in Italia e ci racconta la sua storia in questa chiacchierata colma di passione ed energica vitalità nei confronti di uno strumento ricco di fascinazione e suoni alieni, tanto amato dai compositori di musica applicata alle immagini di ieri e di oggi, tra cui Bernard Herrmann, Miklós Rózsa, Howard Shore, Danny Elfman e Justin Hurwitz. Anche la Gervasi ci svela il suo coinvolgimento con il mondo delle colonne sonore.

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Colonne Sonore: Come ti sei avvicinata al theremin?
Lina Gervasi: La mia è una storia alquanto particolare direi, forse un po’ triste per un musicista. Normalmente non scendo molto nei dettagli, ma oggi ho il piacere di farlo con voi.
Spesso nella vita ho vissuto condizioni spiacevoli e momenti difficili, ricevendo pesanti segnali che provavano a farmi allontanare dal mondo musicale ma, nonostante ciò, nessuno di questi è mai riuscito a farmi abbattere e a portarmi via, lontana dalla musica.
La musica fa parte di me da quando avevo 5 anni ed ho attraversato un solido percorso di formazione musicale, studiando con flautisti di fama internazionale tra cui la persona a cui devo molto per quanto riguarda anche la mia crescita musicale, il M° Salvatore Vella, grande didatta e virtuoso del flauto, primo flauto al Teatro V. Bellini di Catania e docente presso il conservatorio statale di musica V. Bellini di Caltanissetta. Mi sono diplomata in flauto traverso e successivamente abilitata all’insegnamento dello stesso. Il flauto mi stava già dando tante soddisfazioni, vincendo numerosi concorsi nazionali ed internazionali e suonando in qualità di Primo Flauto ed Ottavino sotto la direzione di vari Maestri di fama internazionale, con un’intensa attività concertistica solistica, da camera ed orchestrale.
Purtroppo, però, solo 6 anni fa questo mio grande legame con la musica rischiava di spezzarsi seriamente in seguito alla presa di coscienza da parte mia di ciò che per anni mi stava logorando dentro, in modo latente, distogliendomi e limitandomi costantemente e sempre più dalla mia professione.
Sono stati lunghissimi anni di sofferenza, non capendo che l’azione stessa del suonare, ciò che mi rendeva veramente felice, era in realtà uno dei principali responsabili del mio malessere fisico. Da qui è nato un grande conflitto, un’antinomia, che mi ha portata ad un periodo veramente buio e di totale smarrimento per me: nessun medico sapeva ancora darmi risposte certe e gli unici consigli erano “devi evitare lo stress, starai meglio”. Sicuramente lo stress in quel contesto era un’aggravante e giocava un ruolo fondamentale nella percezione del problema, ma in realtà non era la causa principale.
Era come trovarmi dentro sabbie mobili: più suonavo e mi muovevo, più stavo male e affondavo.
Solo nel 2018 ricevetti la diagnosi: avevo purtroppo un’intossicazione acuta da metalli pesanti e nichel. Questa non mi permise di suonare il flauto traverso per diverso tempo.
Non riesco a descrivervi in modo esaustivo il momento in cui ricevetti finalmente la mia diagnosi ufficiale, è stato un vero mix di emozioni: da un lato la gioia di sapere finalmente quale strada intraprendere per provare a risolvere questo problema che per anni non mi aveva permesso di vivere serenamente la mia quotidianità e dall’altro lo sconforto nel sentirmi dire “partiremo da un’alimentazione disintossicante, eliminando quasi tutti gli alimenti, ma ciò che è ancora più importante è che lei per qualche anno non suoni più il suo strumento. Così facendo, pian piano, le auguro di poter tornare alla normalità”. Pensavo mi stesse prendendo in giro ma invece era la verità, quella verità che per giorni mi rimbombò in testa come un tamburo.
Da quel giorno mi sono sentita in una situazione di totale smarrimento: mi sentivo perduta perché uno dei pilastri fondamentali della mia vita, fino a quel momento, la musica, stava crollando. Non riuscire più a suonare per un musicista vuol dire perdere la propria identità oltre che compromettere la propria carriera.
Nonostante ciò, dentro di me avevo una speranza che volevo trasformare in certezza: trovare un modo per continuare a vivere il mio viaggio musicale ed emozionarmi grazie alla musica. Pensai inizialmente di riprendere lo studio del pianoforte, strumento già studiato in conservatorio, ma purtroppo mi resi conto che, nonostante utilizzassi già quotidianamente questo strumento per comporre la mia musica, non era questo lo strumento che la mia anima realmente cercava.
Mi misi così alla ricerca di qualcosa di diverso, di particolare, di magico, che riuscisse a farmi tornare il sorriso e la voglia di rimettermi in gioco. Per questo mi sono fermata, ho iniziato a riflettere, a scavare dentro me stessa, ritornando indietro nel tempo e pensando a tutto ciò che ho fatto per donare un sorriso agli altri, quel sorriso che adesso, però, mancava a me.
Ed ecco alcune riflessioni sono arrivate spontanee. Da sempre ho dedicato il mio tempo alla musica e all’inclusione sociale, donando agli altri il mio sapere, soprattutto quello musicale, insieme ad un’esperienza sensoriale davvero unica, realizzando percorsi totalmente inclusivi e a favore dell’abbattimento di ogni forma di barriera. Negli anni ho approfondito sempre più e portato avanti questi percorsi sperando di lasciare anche un piccolo “segno” nel cuore degli altri, soprattutto dei miei alunni, attraverso messaggi di integrazione, d’inclusione e di promozione socio-culturale. Tutti gli spettacoli realizzati prevedevano anche la partecipazione di persone sorde e sono stati rappresentati prevalentemente al buio, in modo di riuscire a descrivere ciò che la musica vuole donarci veramente a tutti, anche ai sordi, attraverso giochi di luci, forme, gesti e colori che hanno illuminato ancor più lo spettacolo di sfumature inattese, toccando ancora più in profondità le corde emotive del pubblico intero. All’interno di questi spettacoli “al buio” ho sempre inserito la LIS, dando così ai miei alunni, e non solo a loro, la possibilità di imparare la lingua dei segni anche attraverso i brani musicali proposti in modo da essere in grado di saper imbastire una comunicazione, seppur semplice, con una persona sorda. Questi spettacoli hanno sempre avuto come obbiettivo quello di superare la barriera comunicativa tra sordi e udenti attraverso il linguaggio del corpo.
Forse avevo trovato la soluzione. Pensai: così come nel mio piccolo ho lavorato per anni per l’abbattimento di ogni forma di barriera, perché non ho mai pensato di dedicare e donare il mio tempo a persone cieche?
Da qui nacque la frase che ormai mi accompagna sempre: “La musica è ovunque, basta avere solo un po’ di fantasia”. “Esatto!”, continuai, “la musica è ovunque, ma soprattutto è per tutti e di TUTTI”: dovevo cercare uno strumento che non avesse bisogno di alcun contatto fisico e di nessun riferimento visivo in modo che non solo io, ma chiunque - e dico proprio chiunque - potesse suonarlo liberamente senza limiti, lasciandosi andare nello spazio, trasformando in musica emozioni ed energie personali.
Così dopo un confronto con un mio amico musicista e una ricerca sul web, trovai uno strumento che in realtà conoscevo già per le sue caratteristiche timbriche inconfondibili attraverso diversi artisti di fama internazionale (Michael Jackson, Led Zeppelin, Beach Boys e altri), che lo utilizzarono all’interno delle proprie produzioni musicali, e diverse colonne sonore che lo vedevano protagonista: il theremin.
Ero veramente felice perché l’amore per la musica, la mia tenacia e testardaggine mi avevano portata al theremin, strumento che mi ha dato la possibilità di rimettermi in gioco e adesso non riesco più a fare a meno di esso. La cosa che mi rendeva ancora più entusiasta, però, era l’aver trovato uno strumento totalmente innovativo ed inclusivo, che realmente poteva aiutare ad abbattere ogni forma di barriera: avevo trovato la formula vincente che ha dato una svolta diversa ed emozionante alla mia vita.
Mi sento di dare un consiglio a tutti, così come già faccio costantemente con i miei alunni: “Proprio quando pensi di aver perso e vedi tutto nero, è in quel momento che devi dimostrare a te stesso quanto vali veramente. Lottate ogni singolo giorno affinché i vostri sogni si possano realizzare. Non lasciateli chiusi in un cassetto e non permettete a nessuno di calpestarli e, soprattutto, non arrendetevi mai. Personalmente sono rinata, ritrovando la mia identità e scoprendo un nuovo modo di far musica emozionandomi.”

CS: Negli ultimi anni sembra ci sia un rinnovato interesse verso il tuo strumento. Quale secondo te il motivo di questa riscoperta?
LG: Il theremin, nonostante sia il primo sintetizzatore della storia e nonostante sia stato, come già detto, utilizzato da diversi artisti di fama internazionale e in diverse colonne sonore, risulta ancora oggi, purtroppo, poco conosciuto nel panorama musicale soprattutto italiano.
Oggi si intravede un aumento di interesse nei confronti di questo strumento forse perché ci si sta rendendo conto del fatto che questo può permettere di creare musica elettronica in modo ancora più ricercato (uso di scale non temperate, musica microtonale, effetti, ecc.) e probabilmente per anni è stato sottovalutato per una cattiva conoscenza delle sue possibilità, oltre che per la sua difficoltà esecutiva a livello professionale.
Sicuramente, il theremin non è uno strumento musicale immediato e richiede tante ma tante ore di studio quotidiano per ottenere un ottimo livello tecnico. Come dicevo, probabilmente è la difficoltà dello strumento a far paura, ma io sostengo sempre: quale altro strumento musicale non ha bisogno di tante ore di studio per poter essere padroneggiato in maniera professionale?
Penso che i costi dello strumento, non alla portata di tutti, uniti alla mancanza di un percorso di studio del theremin riconosciuto a livello internazionale o nazionale siano fattori che concorrono al fatto di non offrire stimoli sufficienti per convincere le persone ad acquistare lo strumento e iniziare un percorso professionale.  
Da parte mia, dallo scorso anno insieme ad importanti enti nazionali riconosciuti stiamo lavorando per la promozione e la divulgazione del theremin (spero prestissimo di potervene parlare) in modo che sempre più persone possano scoprire la bellezza del theremin e riuscire, grazie al movimento delle mani, a “convertire in musica quello che la tua mente pensa e il tuo cuore sente e canta”, come dico sempre. Già da un paio di anni organizzo percorsi didattici individuali personalizzati, lezioni di gruppo oppure workshop o masterclass presso sedi ed Associazioni Musicali riconosciute in tutta Italia o anche online, per studenti di qualunque livello.
Sono molti gli alunni che iniziano un percorso didattico completo con me e la cosa mi rende molto felice, perché probabilmente anche io sto dando il mio piccolo contributo alla crescita e divulgazione dello strumento.

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CS: Quanto è importante il gesto nella tecnica del theremin?
LG: Il theremin è uno strumento affascinante, sensibile ai piccoli spostamenti non solo fisici ma anche dettati dalla variazione di sensazioni e stati d’animo: “i suoni sono il riflesso di ciò che il nostro corpo esprime”.
Il theremin si può definire “magico” proprio perché l’esecutore non ha nessun riferimento visivo e alcun contatto fisico con lo stesso per poter produrre dei suoni. I suoni sono prodotti dal movimento delle mani all’interno del campo magnetico irradiato da due antenne, che comunicano tra di loro.
Questo strumento può essere suonato in vari modi ed utilizzato sia per creare effetti sonori di varia natura che, l’aspetto che prediligo io, per riprodurre melodie, anche complesse.
Quest’ultimo aspetto, però, richiede uno studio più impegnativo e strutturato, per poter affinare le varie posizioni delle mani e ottenere una corretta intonazione degli intervalli, oltre che padroneggiare le varie articolazioni dei fraseggi.
Il gesto, pertanto, secondo me è un elemento fondamentale per poter ottenere una tecnica raffinata, un bel suono, una cantabilità e una espressività elevata. Consiglio sempre a tutti i miei alunni, però, di associare al gesto anche il bel canto. “Pensare” la musica e arricchirla con le nostre sensazioni personali, fa sì che un gesto tecnico raffinato delle mani si traduca in una musicalità eccellente.

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CS: Suoni uno strumento iconico per le colonne sonore. Bernard Herrmann lo usò spesso nelle sue partiture. Ti sei mai cimentata nell’interpretazione delle sue opere o in quelle di altri grandi compositori per theremin?
LG: Ho studiato, suono dal vivo durante i miei concerti e continuo ad approfondire tute le composizioni originali per theremin, incluse quelle destinate al mondo del cinema.  
Sempre più compositori si stanno avvicinando al theremin, è stato usato nelle musiche per film anche degli ultimi anni, ad esempio da Justin Hurwitz all’interno della colonna sonora di First Man – Il primo uomo (First Man) di Damien Chazelle, ma ancora spesso ci si limita o giocoforza ci si accontenta ad usare synth virtuali che imitano le sonorità di questo strumento.
Una composizione che trovo veramente interessante è quella di Miklós Rózsa per il film Io ti salverò (Spellbound) del 1945 di Alfred Hitchcock. Bernard Herrmann, stimato compositore e direttore d’orchestra statunitense è per me uno dei più grandi compositori della storia del cinema: è famosa la sua composizione per due theremin contenuta nella colonna sonora di Ultimatum alla terra (The Day the Earth Stood Still) del 1951, film diretto da Robert Wise.
Il suono del theremin, etereo e fortemente evocativo, è spesso associato a film ambientati nello spazio o con degli alieni come protagonisti: Danny Elfman ad esempio lo ha usato parecchio in Mars Attacks! di Tim Burton e in alcune sequenze di Men In Black. Howard Shore ne fa uso all’interno della colonna sonora del grottesco Ed Wood, altro film di Tim Burton.
Di recente ho registrato per il Maestro Marco Werba una sua nuova composizione originale per theremin, scritta per il film Vertical di Maryam Pirband (2023) ed ho preso parte in qualità di solista, invitata dal maestro Claudio Simonetti, alla nuova versione prog-rock del tema di Suspiria, pubblicata su vinile in occasione del quarantacinquesimo anniversario del grande classico di Dario Argento.
Per quanto riguarda altre composizioni originali per theremin, anche se non rivolte al mondo del cinema ma comunque collegate alla mia persona, in qualità di thereminista, vorrei ricordare: lo “Stabat Mater” (per controtenore, coro, violoncello, theremin e orchestra) del maestro Giovanni Sollima, versi di Filippo Arriva, che ho avuto l’onore di eseguire in prima assoluta mondiale presso il teatro Vincenzo Bellini di Catania l’11 e il 12 dicembre del 2021 e presso il Teatro Massimo di Palermo il prossimo 7 ottobre 2023; la composizione per grande orchestra di fiati e theremin obbligato “Aesthetic sound energy (from subsonic to macrocosm)” del maestro Marco Salvaggio; il “Cantabile n.293” per theremin e flauto a me dedicato dal maestro Enrico Pasini.

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CS: Quale sono i tuoi progetti artistici futuri?
LG: Al momento sto portando avanti due diversi lavori discografici che usciranno per l’etichetta Musica Lavica Records. Il primo di questi è un lavoro su una serie di brani famosissimi, tratti da importanti colonne sonore, interamente riarrangiati da me insieme al mio produttore, il maestro Denis Marino, per theremin solista, quintetto d’archi, pianoforte e chitarra. Abbiamo già pubblicato i primi 3 brani di questo progetto, ma adesso ci prenderemo una “pausa” per pubblicare, il prossimo novembre, il mio primo disco di composizioni inedite, ricco di ospiti e di sorprese.
Contemporaneamente sto continuando con la mia attività concertistica, portando il mio spettacolo in giro per l’Italia, e con le incisioni discografiche per altri compositori e artisti.
Sto anche lavorando alla stesura di un metodo per theremin e sto scrivendo un libro, oltre a programmare tante altre belle collaborazioni, ma al momento non posso svelare altro.

Un ringraziamento a Lorenza Somogyi Bianchi per aver reso possibile questa intervista e alla musicista Lina Gervasi per la sua preziosa disponibilità e cortesia.

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