Una voce e un pianoforte: a casa di Edda e Giacomo Dell'Orso

intervista_edda_giacomo_dellorso.jpgMi trovo a Roma, nell’appartamento di un mito vivente della musica da film, la vocalist della Golden Age italiana, la voce che tante emozioni ha donato al Cinema e a capolavori quali C’era una volta il West & C’era una volta in America, colei che ha prestato le sue doti canore a molti dei compositori più importanti del nostro paese, la dolce e gentile Edda Dell’Orso. Non dimenticando la presenza di suo marito Giacomo Dell’Orso, valente arrangiatore, pianista, direttore d’orchestra e compositore di musica applicata per il nostro Cinema, degno compagno di una tale artista. Iniziamo chiacchierando con Edda sulla sua carriera.

Colonne Sonore: Qual è stato il viaggio che l’ha condotta nel magico mondo della musica da film?
Edda Dell'Orso: Ho cominciato a cantare in alcuni cori. Dapprima in un coro polifonico, successivamente in quello di Franco Potenza, dove un amico del citato Maestro mi sentì cantare e mi suggerì di provare ad entrare nel coro dei Cantori Moderni di Alessandroni. Quindi feci un provino con Alessandro Alessandroni e fui presa come corista. Poi, siccome ogni tanto c’era bisogno di fare una frasetta come voce solista per Ennio Morricone o qualche altro compositore, soprattutto quando serviva una voce acuta, ho iniziato a frequentare il magico universo della musica da film. Da quel punto in avanti ebbi diverse opportunità per lavorare nelle incisioni di colonne sonore, tra cui quella di fare il provino per C’era una volta il West. Fu il mio primo vero provino importante, solo voce e pianoforte. Così, in fondo, iniziò tutto!   

CS: Lei è stata la “Prima Voce” del gruppo I Cantori Moderni di Alessandroni. Ci può raccontare la sua esperienza con loro e il Maestro Alessandroni?
ED: A me piaceva molto lo stile delle performance del gruppo di Alessandroni. Era molto raffinato e delicato! Tutte le voci insieme creavano un nuovo tipo di sound, cantavamo tutti utilizzando solo il fiato e poco il timbro, quindi veniva fuori un genere di suono molto flessuoso. Ero veramente felice di far parte di quel gruppo! Mi era anche capitato di lavorare con il gruppo de I 4 + 4 di Nora Orlandi per qualche anno, ma avendo litigato con la sua leader, per l’appunto la Orlandi, e avendo il suo coro un altro stile che non faceva per me, andai via. Invece con Alessandroni, che è un vero signore, mi trovai molto bene.   

CS: Ha offerto la sua splendida voce alle colonne sonore dei più grandi compositori della Golden Age italiana, da Trovajoli, Piccioni, Cipriani, Nicolai a Bacalov, Morricone, De Masi, solo per citarne alcuni. Cosa rammenta del lavoro con ognuno di loro?
ED: Ringrazio Dio che mi ha dato la possibilità di cantare in un periodo in cui venivano composte musiche meravigliose! Direi francamente che gli unici con cui non ho lavorato sono stati il Maestro Nino Rota, perché non usava voci soliste e con Ortolani, visto che utilizzava la moglie Katina Ranieri. Lavorando con tutti, a quei tempi, accadde che Morricone mi proponesse di cantare solo per lui, pagandomi un tot al mese. Gli risposi di no, perché ero assetata di canto e desideravo lavorare con tanti compositori diversi, assaporarne i differenti stili per poter dare sempre il meglio di me in varie performance.

CS: Lei è considerata la vocalist numero uno della musica da film italiana. Che cosa ha significato per lei?
ED: Cantare per me era un’esigenza di vita, anche perché allora ero diversa, avevo bisogno di cantare di continuo, di mettermi alla prova in ogni istante. E’ stato sempre così! Anche adesso canto, ma allora era differente, era importantissimo per me cantare. Era un tipo di amore incondizionato, infatti quando eseguivo le colonne sonore vivevo come con i piedi per aria, tra le nuvole. Mi sentivo al settimo cielo, quasi irraggiungibile! Mio marito Giacomo e i miei nipoti mi hanno aiutata molto, sono riusciti a farmi tornare con i piedi per terra, infatti ora sono molto diversa caratterialmente, vedo le cose in un altro modo. Ma allora sognavo molto, l’assoluto, la perfezione, era per me un sogno continuo. Per questo mi trovavo male nella vita. C’era uno scontro con la realtà che mi rendeva insoddisfatta, il quale si arrestava solo nel momento di cantare, ma così non potevo andare avanti! Litigavo spesso con mio marito. Ora con la maturità e l’esperienza acquisita in tanti anni di vita e lavoro, posso benissimo dire di aver raggiunto la serenità, anche in famiglia e nel matrimonio. Il mio problema fondamentale era la disparità, quando cantavo usciva il mio alter ego con cui avevo un rapporto di esasperata dualità e mi contorcevo dentro. Era un duello interiore che mi ha fatto soffrire molto! Quando eseguivo i vocalizzi per brani come quello per il film Veruschka (1971, Franco Rubratelli) di Ennio Morricone mi sentivo una diva di Hollywood. Mentre creavo quei fonemi mi trasformavo in Rita Hayworth, Marilyn Monroe o altre divine attrici del grande schermo, mi esaltavo! Ora a lei verrà da ridere, ma la mia anima, mentre cantavo, si tramutava in quella di queste attrici. Veniva fuori il mio alter ego, ma nella vita vera non sono così, soprattutto se mi guardo allo specchio non si direbbe proprio che possa sembrare una diva hollywoodiana, né oggi né allora! Era una lotta continua fra queste due personalità diverse.
Successivamente ho fatto un cammino di fede importantissimo e ora le due personalità si sono avvicinate. Adesso sto bene! Con mio marito oggi continuo a cantare nel suo coro gospel, perché attraverso il mio cammino di fede il mio modo di cantare è cambiato, ha assunto un altro significato. Il gospel cantato nella sua lingua originale, l’inglese, rappresenta una lode al Signore, e per me è l’unico modo per poterlo ringraziare di tutto quello che mi ha dato e fatto scoprire a poco a poco. Si figuri che a un certo punto della mia carriera non cantavo più, per fortuna mio marito mi ha indotto a ricominciare, soprattutto quando, avvicinatami al teatro e cantando con un timbro di voce completamente diverso, alla Marlene Dietrich per intenderci, usavo, come diceva con derisione Giacomo, la “vociaccia”, che mi induceva a odiare fortemente la mia naturale voce acuta. Quindi, facendo in teatro spettacoli dove cantavo Marlene Dietrich in tedesco, avendolo studiato da piccola, e Edith Piaf in francese, il mio tipo di voce leggera non la volevo più sentire. Capitò anche che a Morricone chiedessi di farmi cantare una canzone, invece che i soliti vocalizzi. Adoravo cantare le canzoni, in particolar modo gli standard americani! Comunque Morricone mi rispose (e ragionandoci oggi non aveva tutti i torti!) in questo modo: “Signora, se lei canta le canzoni diventa una delle tante, così invece rimane unica!”. In realtà l’unico tema che ho cantato per Morricone con le parole in tedesco è stato il brano “Liebeslied” per il film Mio caro dottor Grasler (1991, Roberto Faenza).
Sappia che io ho insegnato canto a Saint Louis in una scuola di jazz, dove poi ho fatto tre concerti realizzando il mio sogno nel cassetto di cantare i musical (l’altro sogno era quello di danzare come ballerina professionista!). Io sono innamorata dei musical con Fred Astaire, Gene Kelly, Judy Garland, amo quel tipo di musica. Per parecchi anni mi sono rifiutata di cantare i temi delle colonne sonore a cui avevo prestato la mia voce, perché volevo soltanto dedicarmi al musical, all’operetta, alle canzoni che mi piacevano da sempre. E a dire il vero credevo di non saper più ricreare quei vocalizzi per il Cinema, dato il mio forte attaccamento al mio successivo modo di cantare alla Dietrich. O forse era un blocco che non mi permetteva più di fare i vocalizzi, non lo so! So solamente che sono tornata a cantare gli intramontabili temi morriconiani nel Luglio del 2005 in occasione della 1a Edizione del Premio Internazionale alle Musiche da Film, intitolato La Stele d’Argento, tenutosi in un delizioso e caratteristico borgo medievale della Lunigiana, Filetto, provincia di Massa Carrara (potete leggere il reportage dell’evento sul sito di Colonne Sonore).
Di questo devo essere grata a Roberto Zamori (intervistato nel numero 11 della nostra rivista) che mi ha convinto usando la sua incredibile gentilezza e professionalità, nonché mio marito che mi ha aiutata a studiare per tre mesi. Ero impaurita perché non riuscivo più a tirar fuori quei vocalizzi. Per fortuna ora riesco a cantare come prima!

CS: Ci svela qualche aneddoto della sua collaborazione con i compositori italiani?
ED: Per me il canto era una cosa seria! Andavo alle sessioni di registrazione venti minuti prima, infatti con Morricone mi trovavo bene per la sua pignoleria e puntualità, nonché immensa professionalità. Quando cantavo nei cori, ad esempio, le donne, durante i turni, parlavano di cucina, invece io ascoltavo con attenzione la musica. Pensavo solo al canto, perché per me esisteva solo quello! Riguardo ad un aneddoto in particolare, gliene posso raccontare uno che si riferisce ad uno dei tanti concerti che io e mio marito abbiamo fatto per Roberto Zamori: siccome per me cantare, anche per un matrimonio, è sempre una grande emozione, allora una volta, essendo una persona molto nervosa, ho fatto un corso di autotraining. Prima di fare il concerto per Roberto, ho chiesto se ci fosse un posto dove sdraiarmi per l’autotraining, e mi indicarono una stanza con un tavolo, dove prontamente mi coricai ad occhi chiusi. A quel punto entrò un guardiano del luogo dove si svolgeva il concerto, il quale non disse niente, ma andò subito da Roberto a comunicargli di non entrare nella stanza dove mi ero sdraiata perché poteva essere pericoloso per me. Povero guardiano, era rimasto impressionato dalla mia posizione di autotraining! Tutt’oggi prima di cantare prego, perché tutto dipende dalla volontà del Signore!

intervista_edda_giacomo_dellorso2.jpgA questo punto della risposta interviene Giacomo Dell’Orso con un altro aneddoto assai carino sul rapporto lavorativo con la moglie.

Giacomo Dell'Orso: L’episodio che ricordo più volentieri con mia moglie è quello avvenuto a Kiev, al Teatro dell’Opera, dove abbiamo fatto uno spettacolo con l’orchestra e Nico Fidenco, più le musiche, ovviamente, di Ennio Morricone. In attesa dell’inizio del concerto, organizzato dall’ambasciata italiana, dove c’era il Presidente dell’Ucraina, io ed Edda ci siamo messi a passeggiare dietro il sipario. In quell’istante ho detto a mia moglie: “Quando ci siamo conosciuti, 50 anni fa, se qualcuno mi avesse detto che oggi saremmo stati dietro questo sipario a passeggiare mano nella mano non ci avrei mai creduto!”.

CS: A tal proposito, carissima Edda, una parola su suo marito Giacomo Dell’Orso. Se non fosse sua moglie che opinione esprimerebbe su di lui come autore di musica applicata e non?
Edda Dell'Orso: Io e Giacomo abbiamo iniziato a lavorare insieme in uno spettacolo a Siena, perché prima io mi dedicavo alle colonne sonore di altri compositori e mio marito componeva per il Cinema e arrangiava le soundtracks di Nico Fidenco. Ad un certo punto Giacomo ha composto alcune musiche originali basate sulle poesie di autori viventi ed io le ho cantate. Da lì è nata la nostra collaborazione, poi i concerti con repertorio leggero, gospel, lirico, etc. etc. La particolarità di Giacomo quando compone la musica o arrangia le canzoni, è quella di saper entrare nelle note e nelle parole con forte intensità, così come con le poesie che ha musicato. Una ricerca profonda del valore intrinseco delle parole per poterne trovare la musicalità. Ciò mi commuove parecchio!

A questo punto della risposta interviene nuovamente Giacomo Dell’Orso

Giacomo Dell'Orso: Non dimentichiamoci che la poesia e la musica sono nate insieme! Pindaro componeva poesie e se le cantava pure. Io ed Edda abbiamo rimesso insieme quello che era nato 2.500 anni fa.     

Edda riprende la parola

ED: Giacomo è teatrale quando scrive musica, la sua è recitazione in musica!

Giacomo la interrompe carinamente

GD: Non sono teatrale, sono soltanto un compositore che ha fatto sempre colonne sonore e quindi riesce ad evocare questa teatralità nella sua musica, perché trasformo le parole in immagini. Immagini che diventano un film vero e proprio e che mi permettono di comporre la musica. E’ una sorta di deformazione professionale! Nell’800 esisteva la musica a programma, come quella di Brahms per esempio, e che cosa voleva dire? Era una musica che dava delle sensazioni che sembravano sottolineare un’azione cinematografica che a quell’epoca non esisteva ancora. Il programma praticamente era la simulazione di un gran ballo, che il pubblico non vedeva, ma che poteva benissimo immaginare tramite la musica che ascoltava. In definitiva, non ho inventato l’acqua calda con il mio modo di musicare poesie!

intervista_edda_giacomo_dellorso3.jpgCS: Riferendoci alla sua passione per le canzoni di cui abbiamo ampiamente parlato prima, cosa vuol dire per lei, Edda, cantare una canzone, magari come quelle attuali?
ED: Se io dovessi cantare una canzone di oggi, per la quale non sono adatta come timbro di voce e tutto il resto, la cosa a cui darei più importanza sono le parole, soprattutto per poter dare l’intonazione appropriata, la giusta connotazione musicale. Il testo è importante, e la mia interpretazione diventerebbe una sorta di recitazione canora, non un cantare. Recitandola darei maggior rilievo alle parole e in definitiva alla musica. Le canzoni moderne sono tutta un’altra cosa rispetto a quelle del passato, io non riuscirei proprio a interpretare quelle di oggi con la stessa enfasi di quelle di una volta. Quello che faccio oggi è un recitar cantando, per questo il canto moderno non fa per me!

CS: Ci racconti la sua esperienza in quei capisaldi cinemusicali di Ennio Morricone, C’era una volta il West & C’era una volta in America, nei quali lei ha dato vita a note che raggiungono la perfezione e diventano poesia sonora.
ED: Per C’era una volta il West mi pare, se ricordo bene, che ci trovassimo in una saletta di registrazione della RCA con un pianoforte. Morricone mi diede un foglio e mi fece il provino, poi lo fece ascoltare a Sergio Leone. Credo gli sia piaciuta, visto che poi ho fatto il film (ride)! Era un’esperienza stupenda registrare una colonna sonora con l’orchestra in diretta. Prima di registrare non sapevo nulla della musica che sarei andata a cantare, quindi arrivavano con lo spartito ed io iniziavo a provare. Sono diplomata in pianoforte e riesco a leggere gli spartiti con facilità, fin dalla prima lettura, cosa che non è detto che accada per tutti coloro che sono diplomati in pianoforte. Di certo i pianisti sono più facilitati rispetto ad un cantante che ha studiato solo canto. Mentre leggevo, al contempo interpretavo, e non mi abbisognava un’ora per farlo, ma accadeva subito. Il fonico faceva una sola prova di registrazione di battute e poi si partiva subito con quella reale. I compositori si divertivano a scrivere qualsiasi cosa per me, perché non dovevano impazzire a fare prove al pianoforte. Mi mettevano la musica davanti ed io subito la interpretavo nel modo giusto! Pensa che i giovani fonici si meravigliavano con mio marito perché mentre leggevo lo spartito cantavo nello stesso tempo. Non erano abituati ad un comportamento del genere! Ma giustamente, perché i cantanti non leggono la musica, gliela devi insegnare il più delle volte. Ci sono alcuni cantanti celebri, che hanno lavorato con mio marito in televisione e al Cinema, che se non gli dai l’attacco con la mano non entrano con la battuta giusta. Comunque, il mio diploma di pianoforte mi è servito tantissimo con Morricone. Per lui ho fatto un pezzo dodecafonico, che prima era nato per Veruschka, e che dopo credo sia stato usato per Ecce Homo (1968, Bruno Alberto Gaburro), che ho interpretato alla prima battuta. Mi aveva chiamato mentre mi trovavo in montagna in vacanza, quindi sono subito partita col treno insieme a Giacomo, ho registrato e la sera stessa siamo ritornati in montagna. Questo episodio, dopo la bellezza di 39 anni (era il 1967), l’ha ricordato ultimamente Morricone in una lettera che ci ha spedito, cosa che mi ha inorgoglito parecchio.

intervista_edda_giacomo_dellorso4.jpgCS: Nel 2005 la Digitmovies ha pubblicato la OST in due CD di Eugenie De Sade ’70 (recensita nel numero 12-13 della nostra rivista), film di Jess Franco del 1969 con le musiche di Bruno Nicolai e la sua magnifica voce. Cosa provava nell’interpretare quei fonemi sensuali, lascivi, che rammentavano quelli di una pellicola già citata in questa intervista, Veruschka?
ED: E’ una colonna sonora che mi piace tantissimo, nella quale mi sono divertita tanto a interpretare quei vocalizzi maliziosi! Era un LP che ascoltavo e riascoltavo di continuo.  

CS: Qual è la sua colonna sonora preferita, fra quelle a cui ha prestato la sua arte?
ED: Avendo lavorato con i maggiori compositori italiani degli anni ‘60-’80 non le saprei dire in questo momento, però le posso benissimo confessare che il brano da me cantato in una colonna sonora di Morricone, di cui ora non rammento il titolo del film, che amo tanto è “In un sogno il sogno”: molto cerebrale, contorto, perverso.

CS: Bullworth il senatore di Warren Beatty del 1998 segna la fine del suo sodalizio con il Maestro Morricone e con il mondo della musica da film, o ve ne sono state altre di collaborazioni in seguito?
ED: Mi sembra sia stato il mio ultimo lavoro per Morricone, anche se nella colonna sonora era presente pure Amii Stewart, che non ho mai incontrato durante la registrazione delle musiche. La stessa cosa è accaduta per lo sceneggiato Il segreto del Sahara (1987, Alberto Negrin), in cui la Stewart ha cantato la canzone dei titoli di testa ed io ho eseguito i vocalizzi della colonna sonora. Ho inciso in un secondo momento la mia parte in sovrapposizione al pezzo già registrato da lei e da Ennio con l’orchestra. Ho fatto un’incisione, credo successiva a Bullworth, per una OST di Andrea Morricone, di cui non ricordo il titolo, dato che il più delle volte quando incido non mi dicono per quale film sto registrando, o mi viene detto il titolo provvisorio, che quasi sempre viene cambiato al momento della distribuzione. Comunque con Ennio non ho più lavorato!  

CS: Perché ha scelto di allontanarsi dalle scene cinemusicali nonostante la sua voce sia ancora in gran forma?
ED: Come le ho detto prima, per seguire il sogno di cantare gli standard americani, le canzoni swing, i musical tipo Show Boat di Jerome Kern e Oscar Hammerstein III, quelli con cui io e mio marito siamo cresciuti, visto che venivano realizzati quando noi eravamo piccini o adolescenti.

CS: Un’ultima domanda un po’ cattiva: fra i compositori con i quali ha lavorato ve ne è stato uno con cui non avrebbe voluto collaborare?
ED: Se devo essere sincera, penso proprio di no!

intervista_edda_giacomo_dellorso6.jpgOra è il turno d’intervistare Giacomo Dell’Orso:

CS: Qual è stato il passo decisivo che l’ha portata a lasciare il posto d’insegnante di matematica e intraprendere la carriera di orchestratore, direttore d’orchestra e compositore di musica da film?
Giacomo Dell'Orso: Devo premettere che ho fatto il Conservatorio di Santa Cecilia come organista classico, compositore e pianista e quando Edda cominciò a lavorare con Alessandroni e i suoi Cantori Moderni, capitava spesso che accompagnassi mia moglie alle prove e cantassi anch’io per ingrandire il coro. Da quel momento mi venne la passione per il mondo delle colonne sonore, quindi decisi di comporre per il Cinema, nel medesimo istante in cui Nico Fidenco (uno dei maggiori interpreti della canzone italiana e compositore di alcune soundtracks per film d’avventura, western e commedie sexy negli anni ’60-’70) rimase senza Maestro arrangiatore e orchestratore per le sue colonne sonore e canzoni. Mio fratello Gianni (compositore anch’egli di musica da film negli anni ’70-’90 e attualmente discografico dell’etichetta di soundtracks GDM) disse a Fidenco che io potevo diventare il suo arrangiatore e direttore d’orchestra di fiducia, così accadde e abbandonai i numeri matematici per la musica.     

CS: Come ha conosciuto sua moglie Edda? Nel mondo delle colonne sonore?
GD: Ci siamo conosciuti nel ’52 mentre studiavamo pianoforte al Conservatorio. Comunque non nel mondo delle colonne sonore, e nel ’54 ci siamo fidanzati. Sono più di 50 anni che stiamo insieme!

CS: Cosa comporta comporre musica per film di serie B (Emanuelle nera, L’infermiera di mio padre, Caligola e Messalina), dalle trame insignificanti, che servono giusto come pretesto per mostrare donne nude? E’ svilente o si cerca di dargli dignità componendo partiture di un certo rilievo qualitativo?
GD: Solitamente bisogna guardare all’epoca, l’ambiente, lo stile, il movimento, la storia del film che ci si appresta a musicare, anche perché sullo stesso soggetto ci potrebbero essere diversi compositori a crearne la musica con approcci differenti e risultati diseguali. Non sussistono delle regole ben precise per scrivere la musica e l’orchestrazione di una pellicola, generalmente esiste il gusto personale! In aggiunta l’incontro con il regista, che ti può aiutare a capire meglio come avvicinarsi musicalmente al soggetto del film. Comunque la musica per una pellicola nasce nei momenti più impensabili. Ho composto temi in macchina, sul treno, in metropolitana, a casa, mentre dormivo di scatto mi sono svegliato e seduto al pianoforte a scrivere. Ogni momento è buono! Mi pongo il problema di comporre nella mente e attendo che essa mi dia una risposta. Suppongo che tutti i compositori facciano così, anche perché credo sia impossibile che un autore di musica si metta a tavolino e dica: “Ora devo comporre qualcosa!”. Anche scrivere una lettera, soprattutto se particolare, richiede un po’ di tempo e massima concentrazione.  

intervista_edda_giacomo_dellorso5.jpgCS: Un aneddoto sulle sue composizioni per il cinema?
GD: Mi ricordo che il regista di Caligola e Messalina (1982, Anthony Pass alias Antonio Passalia) non lo conobbi nemmeno, mi chiamò il supervisore alla regia, Bruno Mattei, per comporre la colonna sonora. Quando vidi il film al Cinema, con tutti quei nomi stranieri nei titoli di testa, mi resi conto che gli unici italiani eravamo io e Bruno, che poi era una sorta di rappresentante nostrano della produzione, visto che si trattava di una pellicola di coproduzione franco-italiana. Il regista, seppi in seguito, era un attore italo-francese.

CS: Ma almeno la sceneggiatura del film l’aveva letta, giusto per capire cosa comporre?
GD: Vidi la pellicola in moviola e lì iniziai a comporre le musiche! Anche perché mi occorreva capire i tempi in cui far entrare la mia musica. E’ necessario sapere quanto sono lunghi gli “M” e rispettare i sinc, se ce ne sono. Oggi ai registi non interessa più sottolineare certe inquadrature, cosa che prima era importantissimo. Per esempio, una volta quando si inquadrava la bandiera americana in qualsiasi film si sentiva subito l’inno americano che sottolineava quell’inquadratura. Magari l’inno era camuffato, distorto, stonato, reso ridicolo, ma in ogni caso c’era. Ed era un obbligo! Rammento che una volta stavo lavorando con Nico Fidenco ad un film da lui musicato, e mentre quest’ultimo era al montaggio mi chiamò per dirmi che in un punto della pellicola, visto che compariva la bandiera americana, il regista desiderava sentire l’inno nazionale USA, quindi mi toccò eseguirlo al piano con una certa fretta (Giacomo Dell’Orso si siede vicino al pianoforte e mi fa sentire come aveva eseguito l’inno americano in quella occasione; un po’ distorto!). Oggi è cambiato tutto, infatti quando si guarda un film giallo, nell’attimo stesso in cui vi è una scena di suspense si sente magari un pezzo quasi jazzato o una canzone, invece una volta si pigiava sul pedale del pianoforte a creare note basse che davano origine alla tensione (si rimette al pianoforte). Cambiano i gusti e il modo di musicare!
Adesso molti compositori creano, il più delle volte leggendo soltanto la sceneggiatura e non vedendo un singolo fotogramma del film per cui stanno componendo, cinque o sei leitmotiv, quelli che chiamo “musiche adattabili”, buone per ogni situazione. Una volta queste musiche si chiamavano di repertorio, (quelle che attualmente sono annoverate sotto la nomenclatura di music library), e venivano commissionate dalla RCA, la CAM, etc. Musiche non specifiche che venivano utilizzate in televisione, nei servizi giornalistici, al Cinema per film di piccolo budget dove non era il caso di chiamare un compositore con l’orchestra, perché costavano parecchio. Quando capitavano questi film low budget o servizi televisivi le case discografiche contattate dalle produzioni cinematografiche o televisive andavano a pescare negli archivi gli LP di musiche di repertorio e leggevano la track list per sapere quale pezzo utilizzare, dove solitamente vi era scritto così (il Maestro Dell’Orso prende dal suo scaffale uno di questi LP della CAM e ci legge la lista dei brani): titolo del brano “Dopo la barricata” – compositore “Giorgio Gaslini” – organico strumentale “archi e strumentini” – tempo “minuetto” – genere “Ottocento”. Questo pezzo va bene per una pellicola in costume! Era frequente che noi compositori firmassimo queste musiche di repertorio con gli pseudonimi, tipo Dolimak (in realtà Nico Fidenco), Lindoc, che sono io. Lo pseudonimo l’ho preso da un eroe dei fumetti, invece mio fratello Gianni si faceva chiamare Proluton, il nome di un medicinale (risate). Era divertentissimo darsi questi pseudonimi! Tanto è vero che io, alcune volte, quando arrivavano i rendiconti della SIAE mi sbellicavo dalle risate nel leggere i titoli dei miei brani, firmati Lindoc, che non avevo mai letto prima, assegnati da qualcuno all’interno delle case discografiche, utilizzati per film a basso budget o la TV: titoli tipo “69 Position”, “Stretta e bagnata” o “Bocca golosa”.

CS: Oggi continua a dedicarsi alla musica da concerto, ma le piacerebbe tornare a comporre per il cinema?
GD: Per carità, anche perché con il mio carattere non potrei più lavorare nel mondo delle colonne sonore odierno. Inoltre avendo chiuso la partita IVA non potrei comunque comporre per lavoro. Diciamo che riaprirei la mia partita IVA solo se mi si presentasse un’occasione irrinunciabile e allettante. Una proposta a cui non si può dire di no! Eppure pensi che negli anni ’80 ho sostituito come direttore d’orchestra e arrangiatore Pippo Caruso nei programmi TV condotti da Pippo Baudo. In quel periodo davano degli stipendi notevoli, sui cinque milioni al mese, ma già riscuotevo la pensione e decisi di smettere, infatti rammento che Baudo ci rimase talmente male che me ne andassi, da tenermi al telefono quasi mezz’ora per convincermi a rimanere. Inoltre mi ero rimesso a fare l’organista in chiesa, tra l’altro il mio primo mestiere da giovane nel ’52 nella Cappella Sistina, quindi non avevo nessuna necessità di reimbarcarmi nelle, più delle volte, tragiche avventure televisive. Perché dico ciò: da una parte l’estrema professionalità e pignoleria di un esigentissimo Pippo Baudo che mi portava allo stremo delle forze e dall’altra la negligenza degli orchestrali che lavoravano, visto che prendevano lo stipendio comunque, con pochissima attenzione e lentezza. Facevano quello che volevano, e non parliamo dei fonici che, se ti servivano un quarto d’ora in più per finire la preparazione della trasmissione, non te li davano neanche morto. Ma chi me lo faceva fare ad avvelenarmi in un ambiente del genere! Preferivo andare alla Basilica di San Giovanni, suonare complessivamente l’organo 10 minuti per un matrimonio, soddisfacendo le richieste degli sposi, facendomi pagare bene, senza stress e lavorando con immenso piacere. Ed oggi continuo a suonare l’organo in chiesa per varie cerimonie (cresime, matrimoni, messe), e se non posso io va Edda, visto che anche lei lo suona. Così ho risolto tutti i miei problemi!
Inoltre nel 1999 ho creato un coro gospel che mi dà parecchie soddisfazioni, oltre a fare concerti con Edda sulla musica da film. Più che altro adesso è un divertimento, non più soltanto lavoro. In definitiva, concluderei dicendo che io ho 75 anni e mia moglie 70, quindi a questo punto cosa dobbiamo più dimostrare nella vita, abbiamo due figli, un maschio e una femmina, sei nipoti, andiamo in palestra e i nostri anni non ci pesano affatto. Ogni tanto vengono a casa mia dei giovani musicisti e compositori per chiedermi consigli, quindi gli faccio da consulente con piacere, dicendogli sempre che la cosa più importante nella vita è “essere curiosi”. Qualsiasi cosa facciate nella vostra vita, anche andare a vendere le caramelle per strada, non vi accontentate, ma guardatevi sempre intorno, non si sa mai!

intervista_edda_giacomo_dellorso7.jpgSi conclude così questa interessante e sincera intervista alla coppia Giacomo ed Edda Dell’Orso, i quali mi fanno un ultimo bellissimo e indimenticabile regalo, che rimarrà per sempre chiuso nel cassetto dei miei ricordi più preziosi: Giacomo al pianoforte ed Edda accanto a lui esegue, con quella sua inconfondibile e penetrante voce acuta, da brivido lungo la schiena, i temi morriconiani da C’era una volta il West & Giù la testa e Caligola e Messalina composto da Giacomo. Quale miglior conclusione per un amante di musica da film! Grazie di cuore Edda e Giacomo, non vi dimenticherò mai!

Fotografie di Massimo Privitera

 

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