27 Ott2007
Inseguendo il sistema: Intervista esclusiva a Michael Moore
Michael Moore ha il merito di aver trasformato il documentarismo americano in una formidabile macchina di controinformazione e di propaganda. La sua convinzione di dire ‘solo la verità e nient’altro che la verità, lo hanno trasformato in un fenomeno cinematografico, mediatico e letterario pressoché unico. D’altronde la sua carriera è sempre stata contrassegnata da una feroce satira contro il potere delle classi dominanti. Lui, che aveva iniziato a dar nell’occhio nel 1989, con Roger e io (dove attaccava la General Motors), quando, nel 2002, vince l’Oscar con Bowling a Columbine (in cui aveva preso di mira le lobby statunitensi delle armi) è già l’idolo dell’America resistente.
Moore consacra poi la sua posizione con un discorso durissimo contro la guerra in Iraq durante la serata dell’Academy Awards, e nel 2004, con Fahrenheit 9/11, diventa il paladino dell’America che non rimane a guardare ma che mette alla berlina George W. Bush, reo di aver scatenato la guerra in Iraq dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. Ora è il turno di Sicko, in cui Moore si concentra sui problemi della sanità statunitense, basata su un sistema che riserva le cure migliori alle classi più abbienti. Ma per fare questo Michael rischia in prima persona. Durante al conferenza stampa dello scorso Festival di Cannes, infatti, Moore ha reso pubblico il suo possibile arresto per essere illegalmente entrato a Cuba per girare il suo film: “E’ la pura verità! Per girare il mio documentario sono andato a Cuba con un gruppo di malati, alcuni reduci volontari dei vigili del fuoco eroi di Ground Zero…e questo per l’amministrazione Bush pare sia ‘da arresto’.”
Colonne Sonore: Ma quanti rischi è disposto a correre pur di dire la verità?
Michael Moore: Come cineasta faccio quello che posso e quello che devo, ma questo non significa mettere a rischio la mia libertà. La storia dell’arresto, è vera, ma parlarne è ridicolo. Bush come sempre, dovrebbe aspettare e pensare un po’ di più a quello che fa.
CS: Iniziamo da principio: perché un film sulla sanità americana?
MM: Il nostro sistema americano non funziona. Io sono un cittadino americano e non potevo restare a guardare. Così ho intrapreso un viaggio in tutto il mondo per dimostrare come noi americani dovremmo ispirarci ad altri sistemi come quello canadese, francese, inglese e italiano per migliorare la nostra situazione.
CS: …ha citato il sistema italiano come un sistema cui ispirarsi Lo sa che è tutto fuorché perfetto?
MM: Certo, nessun sistema sanitario lo è. Però il vostro resta un modello a cui ispirarsi.
CS: Qual è il sistema migliore?
MM: Il sistema francese. Ma anche tutti gli altri sono superiori a quello americano.
CS: Quindi si è fatto portavoce di una sorta di messaggio…
MM: Esattamente. Il mio ruolo, da americano, è di dire: Perché non mettiamo insieme ciò che di meglio viene fuori da tanti sistemi sanitari esistenti?
CS: Che messaggio spera passi dal film?
MM: Più che un messaggio spero passi un’ispirazione, un sentimento di responsabilità che porti tutti i cittadini americani, e quanti più spettatori possibili, a cercare le soluzioni per questa situazione vergognosa.
CS: Lei si sente più un regista, un giornalista o una sorta di politico alternativo?
MM: Sono un regista che ama raccontare la verità alla gente. Se questo film potrà illuminare i miei concittadini americani, tanto meglio. Ma non mi sento né un reporter né un leader politico.
CS: Da regista “concreto”, che importanza attribuisce al commento sonoro delle sue pellicole? La musica?
MM: Io preferisco parlare di canzoni, che spesso utilizzo in contrapposizione alle immagini. Uso la musica come messaggio ulteriore che passa nel film, spesso l’utilizzo che ne faccio è ironico, mi serve per smorzare i toni, o al contrario per enfatizzarne la comicità, soprattutto quando si tratta di Bush!
Colonne Sonore: Ma quanti rischi è disposto a correre pur di dire la verità?
Michael Moore: Come cineasta faccio quello che posso e quello che devo, ma questo non significa mettere a rischio la mia libertà. La storia dell’arresto, è vera, ma parlarne è ridicolo. Bush come sempre, dovrebbe aspettare e pensare un po’ di più a quello che fa.
CS: Iniziamo da principio: perché un film sulla sanità americana?
MM: Il nostro sistema americano non funziona. Io sono un cittadino americano e non potevo restare a guardare. Così ho intrapreso un viaggio in tutto il mondo per dimostrare come noi americani dovremmo ispirarci ad altri sistemi come quello canadese, francese, inglese e italiano per migliorare la nostra situazione.
CS: …ha citato il sistema italiano come un sistema cui ispirarsi Lo sa che è tutto fuorché perfetto?
MM: Certo, nessun sistema sanitario lo è. Però il vostro resta un modello a cui ispirarsi.
CS: Qual è il sistema migliore?
MM: Il sistema francese. Ma anche tutti gli altri sono superiori a quello americano.
CS: Quindi si è fatto portavoce di una sorta di messaggio…
MM: Esattamente. Il mio ruolo, da americano, è di dire: Perché non mettiamo insieme ciò che di meglio viene fuori da tanti sistemi sanitari esistenti?
CS: Che messaggio spera passi dal film?
MM: Più che un messaggio spero passi un’ispirazione, un sentimento di responsabilità che porti tutti i cittadini americani, e quanti più spettatori possibili, a cercare le soluzioni per questa situazione vergognosa.
CS: Lei si sente più un regista, un giornalista o una sorta di politico alternativo?
MM: Sono un regista che ama raccontare la verità alla gente. Se questo film potrà illuminare i miei concittadini americani, tanto meglio. Ma non mi sento né un reporter né un leader politico.
CS: Da regista “concreto”, che importanza attribuisce al commento sonoro delle sue pellicole? La musica?
MM: Io preferisco parlare di canzoni, che spesso utilizzo in contrapposizione alle immagini. Uso la musica come messaggio ulteriore che passa nel film, spesso l’utilizzo che ne faccio è ironico, mi serve per smorzare i toni, o al contrario per enfatizzarne la comicità, soprattutto quando si tratta di Bush!