Un anno vissuto meravigliosamente: Intervista a Alan Silvestri

Alan SilvestriAlan Silvestri racconta a Colonne Sonore il suo magnifico 2007: le calorose celebrazioni a Castell’Alfero, il successo del debutto concertistico madrileno, la sfida di Beowulf.

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Dal novembre del 2005, quando lo avevamo intervistato per la prima volta, Alan Silvestri ha firmato i commenti di tre film: Uno zoo in fuga, Una notte al museo e Beowulf, dodicesimo lungometraggio dell’inossidabile collaborazione con Robert Zemeckis. Ma nel frattempo è successo molto di più.

Due committenze inedite lo hanno visto prima impegnato nella stesura delle musiche per lo spettacolo The Legend of Mythica, allestito nel parco acquatico Disney di Tokyo, e in seguito autore dell’inno marciante per la NCAA (National Collegiate Athletic Association). Lo scorso giugno il compositore è poi approdato in Italia per godere delle sentite celebrazioni organizzate in suo onore a Castell’Alfero, nell’astigiano, terra d’origine della sua famiglia. Solo una settimana dopo, si presentava con emozione tangibile sul palco del Teatro Monumental di Madrid per dirigere l’Orchestra della RTVE nel suo vero e proprio debutto concertistico. Gli applausi del pubblico in evidente visibilio hanno suggellato alcune delle pagine professionali e personali più calorose della sua vita e della sua carriera. Sull’onda degli ancora vividi ricordi, l’artista ha accettato di sfogliare a ritroso il diario di questo straordinario 2007, soffermandosi – senza risparmiarsi – sulla complessa esperienza di scoring per Beowulf, che lo ha portato a confrontarsi nuovamente con le insidie del performance capture dopo Polar Express.

ColonneSonore: Ai tempi della nostra prima conversazione, per l’intervista pubblicata su Colonne Sonore nel 2005, aveva già scritto la musica di scena per Beowulf, e la scorsa estate, quando ci siamo incontrati per le celebrazioni a Castell’Alfero, era ancora a lavoro sulla partitura. Può descrivere l’intero processo di scoring, dalla concettualizzazione fino al mix, specificando quanto tempo è occorso complessivamente?

 

Alan Silvestri: 
Quando sono venuto in Italia la scorsa estate avevo composto soltanto 20 o 30 minuti di score, tutto il resto era ancora da fare. La musica per l’anteprima presentata al Comic-Con è stata la prima ad essere registrata, con molto anticipo sul completamento della partitura. Questo ha creato una certa difficoltà, perché l’intenzione era quella di dare una tenuta tematica al film pur dovendo comporre in largo anticipo – comunque è andato tutto per il meglio. Robert Zemeckis mi disse che se avessi cambiato idea decidendo di non usare quella musica nel montaggio finale non ci sarebbero stati problemi, ma ovviamente sotto il profilo economico speravano che, qualsiasi cosa avremmo fatto, quel materiale potesse finire nel lavoro conclusivo, perché rifarlo avrebbe comportato una spesa maggiore. Credo ci fossero 16 minuti di musica in un totale di 20 minuti di filmato. 
Dopo la visita in Italia abbiamo ripreso a registrare a Settembre. Il processo si è dipanato per un lungo periodo di tempo a causa della natura del progetto. Poiché buona parte del girato renderizzato è arrivato all’ultima ora, abbiamo dovuto aspettare molto a lungo prima di avere le immagini complete da musicare. Abbiamo lavorato molto intensamente nell’ultimo mese. Per esempio non avrei mai potuto lavorare sull’intera sequenza con il drago, che è alla fine del film e dura circa 20 minuti, se non negli ultimissimi giorni. Ad ogni modo non potevo aspettare che tutte le inquadrature fossero completate, o non ce l’avrei mai fatta. In questo senso è stato un lavoro difficile.

CS: E’ proprio il caso di dire che ha dovuto usare l’immaginazione. Quando ha iniziato a vedere qualcosa di finalizzato?

AS: E’ difficile dire su quali sequenze ho iniziato a lavorare avendo le inquadrature già completate. E ci sono state anche alcune parti che non ho mai visto finite prima di dedicarmici… C’è qualcosa su cui puoi lavorare: versioni grezze del film, ma devi davvero – come hai perfettamente detto – usare la tua immaginazione. Il regista è l’unica guida; l’unico che conosce davvero cosa ci sarà alla fine sullo schermo.

Silvestri durante una pausa delle celebrazioni in suo onore a Castell'Alfero (Asti)CS: Il film tocca numerose tematiche, affrontando i più universali limiti umani: la lotta tra il bene e il male, la sete di potere, la tentazione della carne. Ma c’è anche l’amore, l’amicizia, l’onore e la gloria, così da risultare in un progetto narrativo assai composito: il protagonista si confronta con i suoi limiti, pentendosi da anziano re dei suoi errori e un attimo dopo è in sella ad un drago in un sequenza estremamente movimentata. Quanto è stato difficile impostare la giusta chiave musicale per ogni livello del film mantenendo allo stesso tempo un tono generale predominante?

AS: 
Questo è proprio il lavoro del compositore nella musica da film: trovare in qualche modo il materiale tematico che corrisponda a tutte le aree di cui hai parlato. Avendo poi un tema chiaramente definito, hai la possibilità di mostrarlo in più contesti man mano che attraversi la storia. Penso si possa dire che è difficile, ma sono questi i compiti che definiscono cosa significa essere un compositore cinematografico.

CS: C’è stato un aspetto narrativo particolarmente difficile da approcciare?

AS: Penso che una delle sequenze più difficili del film sia stata quella della seduzione. Sei sempre in bilico tra lo specifico e il generico. Devi trovare un punto di vista: qualche volta è necessario spargere il profumo nell’aria, l’essenza di ciò che accade intorno, anziché entrare direttamente nell’azione. Avevamo bisogno di qualcosa che potesse essere sensuale e seducente, ma anche pericoloso. Bob [Zemeckis] voleva davvero trasmettere l’idea del ragno e della mosca, che si ritrova nella ragnatela e nel momento stesso in cui capisce di essere nei guai non può più uscirne. Questa era la sensazione che stava cercando.

CS: Può parlarci dell’oscillante motivo composto per la madre di Grendel? Sembra richiamare lo score di Jerry Goldsmith per Basic Instinct, come in un certo modo già faceva la partitura de Le verità nascoste, in primo luogo perché anche il lavoro di Goldsmith si basava su un’elaborazione postmoderna del vocabolario herrmanniano…

AS: Si tratta di una combinazione di arpa acustica, strumenti elettronici ed effetti di ripetizione. Queste “associazioni” musicali risalgono a molto prima del cinema. Certamente nell’opera, ma anche tra i compositori classici, certi stili musicali sono stati associati nel tempo a certe tipologie di eventi. La musica terrificante ad esempio. Alcuni approcci sono stati associati con qualcosa di spaventoso, come il grave tremolo negli archi, ed altri, ad esempio, con la giocosità, come quando ascoltiamo un pizzicato d’archi suonato in una certa maniera. L’intero genere western ha sviluppato uno stile musicale, anche se non necessariamente a livello di melodie. Ad esempio quando ho scritto musica western per Ritorno al futuro: se la ascolti fuori dal film sai benissimo che è western, perché è nello stile che si associa a quel genere. Jerry Goldsmith è stato fondamentale nel promuovere alcuni stili cinematografici. Basti pensare al suo vocabolario per la musica del mistero o al vocabolario avventuroso. Sono cresciuto con il proseguimento che questi maestri hanno fatto del lessico musicale e penso quindi che da lì arrivino certe sensibilità. Jerry è stato un’icona nella misura in cui ha catturato e sviluppato un’intera gamma di generi musicali. E allo stesso modo John Williams: non avrà inventato la musica avventurosa ma quanto è andato lontano nel creare determinate associazioni negli spettatori! Penso che a questo sia dovuto ciò di cui parli…

CS: E’ il concetto che in passato aveva chiamato “aspetto associativo” del film…

AS: Si, penso sia proprio questo. Abbiamo questo tipo di associazioni anche con le angolazioni della macchina da presa, quando ad esempio assistiamo ad un avvenimento nel film che potrebbe essere una svolta misteriosa, seguito da un attacco su un primo piano di reazione. Ci sono una serie di strategie formali nel vocabolario cinematografico. Il divertimento dei cineasti sta nel fatto che conoscono questo lessico e possono creare simili sensazioni e associazioni per il semplice motivo che il pubblico ha visto tantissimi film. Certamente in un film come Le verità nascoste si sente la grande influenza di Alfred Hitchcock, ed è facile notare come Bob Zemeckis si sia divertito ad utilizzare il vocabolario che questo regista ha magnificamente creato – anche se non in modo completamente autonomo, poiché ci sono stati altri prima di lui. Bob si è divertito in termini di scelta delle angolazioni nella copertura delle scene. Ricordo in particolare quella con Harrison Ford giacente sul pavimento, apparentemente morto, e Bob che continua ad inquadrare il telefono che è vicino a lui: aspetti che la mano si muova sapendo benissimo che lo farà – hai visto così tante volte quella scena che già ti aspetti cosa accadrà, perché riconosci quel tipo di montaggio. Poi Bob non fa altro che farti aspettare e aspettare, finché non puoi più credere che staccherà ancora su quel dettaglio; alla fine arriva il grande shock, quando la mano si muove e tutti urlano in sala. E’ il vocabolario per quel tipo di film e noi cineasti possiamo usufruirne.

CS: Stando alle somiglianze, il tema eroico di Beowulf ricorda un certo Morricone: l’uso in staccato dei cori virili, la scrittura marcata – un approccio già presente in Van Helsing. Si tratta di un’ispirazione inconscia o di un omaggio diretto?

AS: Non direi proprio, non direttamente. Ciò che è certo è che stavo cercando qualcosa di molto semplice, sapendo che il film sarebbe stato molto “maschile” [ride]. Volevo soltanto un tipo di musica particolarmente virile, molto forte; più che una fanfara qualcosa che richiamasse ai gladiatori, ai guerrieri…Quindi direi di no, in questo caso non c’è nessun omaggio diretto. Più che ad ogni altra cosa potrebbe essere ricondotto a Darth Vader, non nelle note ma in termini di predominanza degli ottoni, di un certo trattamento inquietantemente mascolino. Credo fosse proprio quello che stavo cercando, senza guardare a nessuno in particolare.

CS: Lo score resta comunque prettamente silvestriano e infatti la maggiore influenza sembra arrivare proprio da Van Helsing. Con Zemeckis avete fatto riferimento diretto a quella partitura?

AS: Assolutamente. A Bob era piaciuto molto quel ritmo accattivante e incessante, con le sezioni più gravi degli archi usate quasi come percussioni.

CS: L’orchestrazione è interessante. L’impatto sonoro è massiccio, quasi metallico, trattato in modo tagliente e virile: imponente uso degli ottoni, dei cori e delle percussioni, scritture abrasive degli archi e un presenza davvero forte dei legni – forse uno degli utilizzi più circoscritti riscontrabili nella sua filmografia – ad eccezione dei momenti intimi e drammatici. Può spiegarci come è arrivato a questa strumentazione?

AS: E’ semplicemente dovuto a ciò che avrebbe funzionato in questo film. Avendo lavorato molto con Bob nel passato, so già quale sarà la sua sensibilità in fase di missaggio – quando mette insieme la colonna rumori, i dialoghi e la musica. So già quale sarà per Bob l’aspetto sonico di una scena come quella sulla nave in Beowulf, per esempio. Potrebbe non essere facile trovare spazio per la musica e quindi è necessario lavorare con l’essenziale, soltanto con le componenti essenziali, perché so già che il tutto risuonerà con forza, che vorrà i dialoghi sul canale frontale, che vorrà ogni scricchiolio della barca, la pioggia…tutto. In un certo senso è stato un approccio molto semplice a buona parte dell’orchestrazione: doveva essere qualcosa di veramente potente che potesse farsi strada o sopravvivere nella colonna rumori. Nel film è tutto sopra le righe, la storia d’amore – che è quasi shakespeariana – il senso dell’onore, la battaglia, da cui anche l’estremizzazione musicale .

Silvestri a Castell'AlferoCS: Sotto questo punto di vista, considerando il dettaglio sonico della colonna rumori, il brano “Beowulf Slays the Beast” – probabilmente l’apice del materiale action dello score – è stato particolarmente difficile da comporre?

AS: 
E’ stata una parte del film molto impegnativa, anche perché quello che c’è in “Beowulf Slays the Beast” è solo un estratto della lunga sequenza del drago. Ed anche se è stata divisa in più pezzi, nel film non c’è soluzione di continuità da quando il drago esce dalla caverna fino alla morte di Beowulf. La parte action, che si conclude con la morte del drago e la sua caduta in acqua, è una sequenza di 10 minuti, senza sosta. Bob ha considerato ogni tipo di possibilità, ad esempio: ora che siamo sott’acqua, vogliamo fare in modo che ciò sia riflesso nella musica? Vogliamo magari eliminare buona parte del sonoro, trattandolo differentemente e poi cambiarlo di nuovo quando emergono dall’acqua? Alla fine la sua decisone è stata di mantenere questo ritmo incessante fino alla fine della sequenza. Ecco la sfida: come provi anche soltanto a costruire la musica? Perché se devi scrivere per una battaglia di 10 minuti è abbastanza difficile avere la sensazione che la musica vada da qualche parte. Ad un certo punto vorresti soltanto non sentirti a secco. Dunque è stato davvero difficile perché Bob non voleva assolutamente interrompere questa incessante e incalzante pressione. Ho fatto il meglio che ho potuto.

CS: Potrebbe definire il ruolo dell’elettronica nello score? All’inizio, quando il sintetizzatore apre protagonisticamente il film, c’è la sensazione che la coesistenza tra elettronica ed orchestra possa essere letta anche come un riflesso della sfida insita nell’assunto filmico, e cioè di raccontare il più antico poema in lingua inglese con la più aggiornata tecnica digitale. Ma poi le parti elettroniche sembrano diminuire, ad eccezione del materiale per la madre di Grendel. C’è forse una connessione con lo sviluppo del personaggio e con il suo ravvedimento riguardo all’eroismo e alla vanagloria?

AS: In realtà, mentre concettualizzavo la partitura inizialmente, pensavo che l’intero score potesse essere maggiormente influenzato da quello che si ascolta in apertura del film. Quando abbiamo cominciato a lavorare si è però rivelato fondamentale avere un’orchestrazione capace di competere con l’alto livello di effetti sonori. Nei titoli di testa questa competizione non c’è: sai che qualsiasi cosa scriverai sarà ascoltata. Ma all’interno del commento, soprattutto nelle sequenze d’azione, molta di questa influenza elettronica aveva difficoltà a farsi strada attraverso la colonna rumori. Così è diventato un continuo interrogarsi su come impostare il materiale tematico affinché si potesse sentire, anche se poi in molti brani ci sono diversi strumenti elettronici che suonano con l’orchestra: molte percussioni, molti tamburi. Direi che in alcune parti ci sono qualcosa come 40 tracce di elettronica che si uniscono all’orchestra, di cui magari potresti non accorgerti. Ecco perché in una scena come quella della nave non diresti ci possa essere una pesante presenza elettronica; sembra davvero un’imponente orchestra. Quasi ogni brano del film ha molti strumenti elettronici, ma non sono evidenti perché concepiti come ulteriori strati dell’orchestra. Comunque nessuno inventa “nuove emozioni” in un film, che sia un film di cavalieri in armatura, di guerrieri ai tempi di Beowulf o un film moderno sulla lotta e il conflitto. L’amore è sempre amore, l’odio sempre odio e queste cose non sono cambiate sin dall’inizio dei tempi e penso quindi che la scelta di cambiare l’impostazione musicale dipenda molto più dall’aspetto generale del film, il che ci riporta a quanto dicevamo prima, ai vocabolari e alle associazioni del cinema. Quando vediamo i cavalieri nelle armature, le ambientazioni molto antiche, associamo musiche che potrebbero essere appropriate per quel tipo di immaginario e in questi casi abbiamo tradizionalmente ascoltato grandi orchestre ricche di ottoni. Questo non significa che non puoi divertiti con certe associazioni scrivendo una colonna sonora rock’n’roll per un film del genere; potrebbe essere anche molto efficace, andando completamente “contro” l’associazione, ma potrebbe anche essere molto rischioso. Perché oggi la musica non supporta soltanto l’azione: si espone e richiama l’attenzione su di sé.

CS: Alla luce delle difficoltà affrontate durante lo scoring di Beowulf, con un processo produttivo talmente complesso e un approccio alle immagini così inusuale, ora che il film è stato completato si è forse pentito di qualche scelta? C’è magari qualcosa che pensa avrebbe potuto far meglio in condizioni lavorative differenti?

AS: No, non cambierei nulla. C’è da dire che Steve Starkey, il produttore, voleva lo score finito per la prima settimana di Agosto. Io lavoravo sulla sequenza del drago, con immagini molto grezze del film, e mandai dei brani preparatori a Bob. Mi chiamò dopo averli ascoltati dicendomi: “Mi piacciono molto i temi, l’energia, e questo e questo e questo, ma mi rendo conto ascoltando le musiche sulle immagini che tu non stai vedendo abbastanza di quello che ci sarà nel film. Non possiamo ancora farlo, dobbiamo aspettare e darti le immagini più rifinite che possiamo”. Abbiamo insomma realizzato che sarebbe stato un problema, che non avrei potuto musicare quelle sequenze prima di aver avuto una certa quantità di immagini su cui lavorare. Così abbiamo prolungato lo scoring fino alla fine del missaggio, a Settembre inoltrato. Sono dovuto tornare su alcune sequenze man mano che arrivavano, apportando revisioni e cambiamenti. Ha complicato un po’ le cose agli altri ma dovevo farlo, era l’unico modo. Non ho nessun rammarico perché alla fine mi è stato dato tutto il tempo di cui avevo bisogno.

Alan Silvestri sul podio del Teatro Monumental di Madrid (Foto di Pietro Rustichelli)CS: Prima dell’uscita di Beowulf si è confrontato con un’altra esperienza unica: il suo debutto concertistico a Madrid. Era qualcosa che meditava da tempo? Un’esperienza educativa?

AS: Completamente educativa. Ero salito sul palco per un concerto con le mie musiche solo altre due o tre volte. Le prime due per il Sundance Film Festival: fecero un concerto di beneficenza al Lincoln Center, ma diressi solo un pezzo da Ritorno al futuro. Si esibirono con alcuni brani anche Henry Mancini, Georges Delerue – che fu incredibile – e Maurice Jarre, tutti invitati dal mio amico David Newman. Così ebbi l’occasione di partecipare a questa straordinaria serata, con questi straordinari compositori. Ne feci un altro molto simile, con le stesse persone all’Hollywood Bowl, sempre con un solo brano. Poi ho fatto una serata per l’Henry Mancini Foundation un paio d’anni fa, la suite da Forrest Gump. Ma non avevo mai pensato di poter salire sul palco e dirigere un concerto di due ore con la mia musica. Mai avuto un’esperienza simile prima, mai…E’ stato davvero educativo, considerato anche che mi trovavo in un altro paese e non conoscevo nessuno degli orchestrali. E oltre all’orchestra non conoscevo la sala da concerto, non conoscevo il copista…tanti interrogativi! E non conoscevo il pubblico…chi sarebbe venuto a questo concerto? Puoi immaginare lo shock nel vedere quanto hanno poi gradito la musica. Ho dovuto anche lavorare molto per modificare le partiture per quell’orchestra. Molte delle cose che abbiamo eseguito quella sera non esistono in una forma concertistica; ad esempio non c’era nulla del genere per Dredd – La legge sono io o per Il padre della sposa, che ho ricavato dal primo film e dal sequel. Ci è voluto un bel po’ di lavoro per arrivare ad un materiale che coprisse le due ore, ma è stato assolutamente educativo.

CS: Com’è stato tornare ai lavori meno recenti, in particolare Ritorno al futuro e Il padre della sposa? In occasione del suo commento dal vivo alla proiezione per il ventesimo anniversario di E.T., John Williams disse che tornare a quella partitura era come tornare ad un vecchio amico…

AS: 
Fondamentalmente è stato così anche per me. E’ stato molto divertente tornare a quegli score e vedere cosa avevo fatto. Proprio come tornare da un vecchio amico, perché mi sono potuto rendere conto di pensare in un certo modo, di avere un certo modo di dire le cose. Forse è quello che tutti chiamerebbero uno stile. Il divertimento è stato tornare indietro e vedere come mi sono espresso in musica in un arco di tempo così lungo; vedere che la mia voce forse era un po’ più giovane 25 anni fa ma era sempre la mia voce. Penso di comprendere cosa intendeva John Williams.

Silvestri durante le celebrazioni in suo onore a Castell'AlferoCS: E ancora prima di Madrid ci sono state le grandi celebrazioni in suo onore a Castell'Alfero. Ha gradito?

AS: 
E’ stato travolgente. Travolgente, prima di tutto, perché mi trovavo nella terra d’origine dei miei magnifici nonni; travolgente nel vedere la risposta di quella fantastica gente; travolgente perché i miei figli erano con me, anche loro travolti da tutto quello che hanno visto. Non hanno mai preso parte all’ambiente cinematografico e a quell’aspetto della mia vita, e penso che sia stato abbastanza scioccante per loro venire a contatto, tutto d’un tratto, con la carriera del padre.

CS: La rassegna cinematografica a Lei dedicata, organizzata dal Comune prima del suo arrivo, è culminata con Una notte al museo, il suo ultimo film in quei mesi. Uno score notevolissimo scritto in pochissimo tempo, poiché John Ottman era al timone prima di lei. Nel suo caso sembra proprio che lavorare sotto pressione sia particolarmente stimolante…

AS: 
C’è più di un vantaggio nel lavorare con quel tipo di pressione. Mi sono trovato nella stessa situazione con Guardia del corpo, con Amore e incantesimi e con Il padre della sposa. Uno dei principali vantaggi di quella pressione, per me, è la necessità di non poter pensare troppo a quello che stai facendo. Devi smaltire una grande quantità di lavoro molto velocemente e perciò prendere quello che ti viene in mente senza sederti a pensare: “questo va bene, questo sarebbe meglio…” – non hai tempo per tutto questo. Pensi a qualcosa e lo scrivi. E’ un esercizio assai differente dal poterti accomodare, provare soluzioni. Anche quello è un metodo notevole, ma dal lavoro sotto pressione – senza il tempo per i ripensamenti – possono scaturire risultati differenti.

CS: L’ultimo salto nel passato è in realtà un salto doppio e riguarda la pubblicazione da parte di Film Score Monthly dei suoi commenti per la storica serie televisiva CHiPs. L’album è stato pubblicato lo scorso anno ma in effetti si tratta di un ritorno alle sue origini, trent’anni fa. Quali sentimenti e considerazioni le ha provocato l’ascolto di quel CD?

AS: Si tratta davvero di molto tempo fa e mi piace pensare di aver imparato un po’ di cose da allora [ride]. C’erano stringenti restrizioni produttive: avevo a disposizione solo 10 o 12 musicisti. A quei tempi la disco music era molto in voga ed era proprio quello che volevano per il telefilm. Finché mantenevi il ritmo della disco non si curavano molto del resto. Ma ogni volta che mi allontanavo da lì ricevevo una telefonata dai produttori e dovevo tornarci sopra. Ho appreso molto da quella esperienza; ogni volta che qualcuno ha la possibilità di scrivere musica da film impara qualcosa sulla musica da film. E poi mi ha permesso di iniziare la mia carriera e di vivere con la musica.

CS: Negli ultimi tempi ha sperimentato nuovi media con felici risultati, come dimostrano le musiche per il Tokyo Disney Sea Park’s Legend of Mythica e l’inno composto per l’NCAA. Ha a che fare anche con la mancanza di stimoli da parte della Hollywood contemporanea?

AS: Non ha nulla a che fare con il contesto cinematografico. Sono due eventi completamente differenti. Mythica mi è stato presentato da Chris Montan, il capo del dipartimento musicale della Disney Animation. Chris è un vecchio amico e abbiamo fatto molti lavori insieme. Preparavano un show unico per il parco Disney in Giappone e pensò che la cosa potesse interessarmi e divertirmi. Mi sono incontrato con il regista, che si è rivelato un tipo estremamente creativo. E’ stato divertente, un modo di lavorare differente. L’NCAA mi è stato portato all’attenzione da Mike Gorfaine e Sam Schwartz. Ho lavorato a film che trattavano quel tipo di argomento - uno in particolare è Sogno americano, su dei ragazzi che tentano di entrare nella squadra dei finalisti olimpionici. L’occasione per fare qualcosa al di fuori del cinema, anche se il processo è stato molto simile. Ho preso alcuni DVD con i filmati dei giovani atleti della NCAA e ho montato qualcosa da poter usare come ispirazione mentre scrivevo. Anche questo è stato molto divertente. Nessuna reazione nei confronti del mondo cinematografico.

CS: A proposito della Hollywood contemporanea: qual è la colonna sonora che ha più apprezzato nel 2007?

AS: Non ho ascoltato abbastanza cose per poter rispondere adeguatamente. Come sai il mondo della musica da film si è espanso moltissimo. Tanti nuovi e interessanti elementi così come nuovi e interessanti modi di fare. Sono andato a vedere 300 con mio figlio, a cui è piaciuto molto. La musica era fantastica, il compositore ha fatto un ottimo lavoro.

Silvestri e la moglie Sandra a Castell'AlferoCS: Ha letto delle scuse rivolte dalla Warner Bros. a Elliot Goldenthal a causa delle citazioni esplicite del suo score per Titus in quello di Tyler Bates per 300?

AS: Sì l’ho letto, anche se non conosco i dettagli. Proponi un’interessante argomento che riguarda le temp-track. Secondo me si dovrebbe ragionare caso per caso. Se stai musicando un film e i realizzatori utilizzano come temp-track un brano di John Williams, diciamo da E.T., dicendoti: “Vogliamo che tu scriva qualcosa come questo” – significa una cosa. Se poi ti presenti con ‘da da--da-da-da-da--da-- da--’ [canta il tema principale di E.T.] la cosa è differente. Non puoi giustificarti con la musica d’appoggio, perché sono le stesse note e questo potrebbe essere un problema. Non conoscendo i dettagli riguardo lo score di 300 non posso esprimermi su quanto i due brani siano simili.

CS: Tra i suoi prossimi impegni c’è il nuovo film di Zemeckis in performance-capture: A Christmas Carol. La prassi di scoring sarà la stessa di Beowulf?

AS: Sarà esattamente lo stesso processo. Tuttavia ora siamo coscienti delle difficoltà che questo medium riserva alla musica da film. Abbiamo già parlato di come il programma di scoring dovrà essere sviluppato molto in là nella produzione, per essere sicuri che io possa avere la maggior quantità possibile di immagini del film.

Uno speciale ringraziamento ad Alan e Sandra Silvestri per la loro fondamentale collaborazione e il gentile supporto.
 Grazie anche a Silvia Burla per il sostanziale aiuto e a Tiziano Toniolo per il contributo al materiale fotografico.

Maggiori informazioni sulle celebrazioni tenutesi a Castell’Alfero in onore di Alan Silvestri sono disponibili sul sito: www.castellalfero.net

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