As Mad As a Hatter... Intervista a Quentin Tarantino

Quentin TarantinoQuando il film è un concerto in cui si suonano le immagini.

Qual è il segreto di Quentin Tarantino? Cosa fa di questo 45enne americano del Tennessee, un regista fuori dalla norma? Perché tanti cinefili lo additano come genio e altri come folle? Perché ogni suo film si trasforma subito in cult? Bene, la riposta a tutte queste domande sono arrivate direttamente da lui, in occasione della lezione di cinema tenutasi all’ultimo Festival del Cinema di Cannes.

Tarantino è, come dicono qui, un “lauréat” dal momento che nel 1994 ha vinto la Palma d’Oro per Pulp Fiction, e aveva solo 31 anni. L’animo di Tarantino è musicale, per lui la musica è componente strutturale della scena. Spesso le idee dei suoi film provengono dall’ascolto dalla sua collezione musicale che, come racconterà, è “strepitosa”. “Non devi necessariamente usare musica, potrebbe essere anche soltanto silenzio, no? Ma c’è una cosa che è davvero importante: è che in qualche modo la musica è la personalità che stai cercando di ricreare nel film”, racconta Quentin. Un attimo di silenzio, e aggiunge: “Una delle cose che faccio quando mi appresto a girare un film, o quando sto scrivendo un film o, ancora, quando ho un’idea per un film, è di buttarmi completamente, sino a farmi sommergere, nella musica. Ascolto la mia collezione di dischi e inizio a sentire diversi brani, cercando di trovare la personalità, lo spirito del film. E allora capita che lo trovo all’improvviso, come una rivelazione. Trovo uno, due, tre brani in particolare e dico, oh, questa sarà una grande musica per i titoli di apertura, questa invece è perfetta per far vedere questa determinata scena…”. Ah, dimenticavo, curiosi di sapere com’è Tarantino vis-à-vis? Esattamente come i suoi film (lo ammetto sono di parte): debordante, esagerato, accattivante, intelligente, sottile (tranne il fisico!) e libero di fare e dire esattamente ciò che pensa, senza filtri, fronzoli o diplomazia. Quentin va dritto al sodo. E si diverte come un pazzo. Che sia questo il segreto del suo successo? Incominciamo con il dire che sono bastati otto estratti dai suoi film (Reservoir Dogs, 1992, Pulp Fiction, 1994, Jackie Brown, 1997, Kill Bill vol. 1 e 2, 2003 e 2004, e Boulevard de la mort, come lui preferisce chiamare Death Proof - A prova di morte), per fargli tirare fuori qualche chicca sul modo di lavorare alla colonna sonora dei suoi film. Intanto, per quei pochi che non lo sapessero, Tarantino cura in toto, in prima persona, le sue colonne sonore. “Non mi fido dei compositori”, dice con il sorriso sulle labbra, e continua: “Come faccio a fidarmi di qualcuno che crede di sapere quello che voglio meglio di me… considerando che nemmeno io, a volte, ho ben chiaro ciò che voglio! E poi, ammesso che io affidi la musica ad un musicista, se poi il suo lavoro non mi piace, come faccio a dirglielo? No no, preferisco occuparmene io, perché ammettiamolo, le mie colonne sonore sono fottutamente belle!”. Nemmeno il tempo di prender fiato, Quentin incalza: “Io ho la migliore collezione di colonne sonore d’America! Quindi, scelgo da lì la musica che più mi piace!”. Come dargli torto? Ma ecco che subito aggiusta il tiro e il Quentin “sborone” lascia spazio ad una osservazione più profonda. “Prendiamo Clint Eastwood, lui scrive e compone le musiche dei suoi film, almeno del suo ultimo lavoro…certo che mi piacerebbe essere in grado di fare altrettanto!”.

Quentin TarantinoE’ vestito completamente di nero, ha le scarpe di vernice, ovviamente nere, non sta zitto un secondo, è un moto perpetuo. Beve un sorso d’acqua, e ricorda: “Con Le iene ho sicuramente imparato una grande lezione: non scrivo mai il titolo della canzone nella sceneggiatura. Io vorrei scriverlo, così chi legge può farsi un’idea precisa dell’effetto che voglio ottenere, ma in quel modo possono ricattarti perché sanno che vuoi quella canzone in particolare! Perciò nella sceneggiatura di Pulp Fiction non solo non ho scritto nessun titolo, ma ho addirittura indicato canzoni che non avevo intenzione di usare!”. No comment, questo fa indubbiamente della sregolatezza del genio. Così come geniale è la sua formazione. “Da ragazzo ho lavorato in un video store e ne ho approfittato per divorare cinema a tutte le ore, ma non bastava questo per diventare regista e come tutti ho fatto la gavetta. Anzi, ne approfitto per dare un consiglio ai futuri registi, dicendo loro che è inutile buttare tanti soldi per frequentare costose scuole di regia. Meglio, credetemi, davvero molto meglio trovare un lavoro da attore e cominciare da lì. Quando sarete su un set dovrete lavorare con gli attori e avrete la responsabilità collettiva sulle spalle. Se non fossi stato un attore, se non fossi stato seduto allo stesso tavolo di fantastici colleghi tutti più grandi di me come Keitel, Madsen, Roth, Buscemi, se non avessi sentito le vibrazioni che correvano nei loro corpi e che erano anche le mie, sono convinto che la prima sequenza de Le iene non sarebbe mai esistita”. Ma chi è stato il regista che più di altri ha contribuito alla sua formazione?. “Senza ombra di dubbio Martin Scorsese. Grazie alla tv e ai video, in una settimana, avevo visto tutti i film che aveva fatto e ho cercato di imparare ogni segreto. Così come avevo fatto del resto con Sergio Leone, Mario Bava, Dario Argento. Ma anche Sam Fuller, Douglas Sirk, Joseph Mankiewicz. Da tutti ho imparato qualcosa, ma per scandire i tempi del film, per determinare la durata dei piani sequenza - che mi piacciono da sempre e che in America ai miei tempi non si usavano - Sergio Leone è stato fondamentale. Mi bastava guardare come manipolava Charles Bronson, come faceva entrare e uscire dalla scena Clint Eastwood per capire che cinema avrei fatto”. Idee chiare, dunque, sin da giovane. “A 23 anni avevo deciso di fare il salto dopo una specie di tirocinio da attore sui set televisivi di Los Angeles e girai un cortometraggio noleggiando una macchina da presa con le mance dei clienti. Da quell’esperienza è nato il mio primo lavoro, una commedia amatoriale intitolata My Best Friend’s Birthday del 1987. Poi sono andato all’Istituto Sundance dove ho frequentato uno stage. Facevo esperimenti, giravo lunghe sequenze senza stacchi e dopo una settimana tecnici e professori mi dissero che avrei fatto meglio a buttare tutto e cambiare strada. Stavo comunque per scoraggiarmi quando cambiarono i professori, arrivò Terry Gilliam e subito mi disse abbracciandomi: ‘Ragazzo, mi piacciono da morire le tue cose’. Dietro di lui c’era Volker Schlondorff che aggiunse: ‘Dov’é il piccolo genio?’ Ed io allora non ho avuto più dubbi. Ero pronto per girare Le iene”. A questo punto sono curiosa. Tarantino, che per tanti è un regista “mitico”, ha uno mito? “ Certo che lo ho, posso dirti che ora Brian De Palma è il mio mito! Caspita, lui sì che è una vera rock star!”. E noi aspettiamo di vedere cosa ci riserva Quentin nel prossimo “concerto”, perché forse non lo sa, ma lui suona le immagini…come nessuno

Stampa