Emozioni, entusiasmo e audacia creativa: conversazione con Mychael Danna

Mychael DannaRitratto/intervista al prolifico e noto compositore cinematografico Mychael Danna

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Il musicista canadese Mychael Danna è autore di un’ampia ed eccellente produzione musicale in ambito cinematografico che comprende numerosi progetti di cineasti indipendenti, ma anche alcune grandi e maggiormente pubblicizzate pellicole di Hollywood. Il primo significativo contributo dell’artista al mondo del cinema risale a The Family Viewing, esordio cinematografico del regista Atom Egoyan: il progetto coronava un proficuo periodo creativo durante il quale Mychael compose musica per il teatro,  si distinse come musicista al planetario McLaughlin di Toronto, e conseguì un prestigioso riconoscimento alla facoltà musicale dell’università in cui studiava.  La carriera dell’artista di Winnipeg è costellata di genuine ed originali collaborazioni: infatti, oltre al vasto e riuscito sodalizio con Egoyan, Mychael firma le colonne sonore delle opere cinematografiche di Ang Lee, Mira Nair, Deepa Mehta e del leggendario autore e regista ungherese István Szabó. Le scelte stilistiche, la padronanza tecnica di armonie modali, strumenti e sonorità orientali,  lo spirito di ricerca e l’entusiasmo creativo con i quali affronta l’arduo compito di regalare all’immagine un degno accompagnamento sono i pregi e le caratteristiche che affermano la personalità artistica dell’artista canadese e che permettono di distinguerne la voce, talvolta dal sapore minimalista, in grado di sposare adeguatamente le esigenze drammaturgiche della celluloide. Un ascolto attento rivela come sovente, essa assolva una funzione atmosferica e si muova in modo efficace sullo sfondo senza necessariamente ricorrere ad un impianto tematico, in grado di emergere al momento opportuno. Pronto a cogliere e a sfruttare nuove possibilità d’espressione Danna non si conforma a modelli prestabiliti, oggi largamente imitati,  rinunciando così a tradizionali clichè sinfonici o a soluzioni scontate e banali. Quest’audacia che è  anche stimolo e sperimentazione, felicità creativa e zelo per il proprio lavoro, non è altro che il “tocco geniale” che riesce a far brillare una luce d’originalità perfino sulle pellicole più scadenti. Un impulso vibrante che scuote le corde dell’anima nell’ascolto inebriante dei caldi suoni e delle spensierate armonie di Little Miss Sunshine, o quando in un toccante e malinconico commento,  intriso di un’umana e fragile emozione,  accompagna le tristi sequenze di Ararat. In Girl, Interrupted esso s’esprime lungo delicate ed effimere melodie in precario equilibrio sopra un mare di suoni freddi e taglienti che, come il disagio psichico che domina i fotogrammi di questa pellicola, riflette l’immagine sbiadita e tormentata dei suoi protagonisti. Allo stesso modo nell’efficace commento che accompagna le animazioni di Surf’s Up è semplicemente celato nel timbro e nelle corde magiche di un pianoforte. Infine, accanto a queste bellissime pagine che costituiscono solamente alcuni esempi di una generosa e proficua produzione musicale, non possiamo certamente dimenticare come l’autore canadese sia in grado d’evocare grande fascino nella resurrezione di antiche melodie e suoni dimenticati come dimostra la bellissima partitura di The Nativity Story.
Mychael è stato molto gentile e disponibile regalandoci un’interessante conversazione nella quale discutiamo della sua carriera e di alcuni dei suoi lavori principali. Colonne Sonore è lieta di offrirvi questa piacevole chiacchierata con uno dei più impegnati e ricercati compositori nella scena mondiale della musica cinematografica odierna.
Cari amici lettori, scegliete la vostra poltrona preferita, assumete una posizione comoda e confortevole, e sforzatevi di scorgere dietro il testo la passione e il sentimento del musicista canadese, sorseggiando amabilmente parola dopo parola l’ebbrezza compositiva, lo zelo e l’entusiasmo di un artista che imprime il suo cuore e la sua anima nella creazione di pagine sinfoniche di estrema bellezza e significato. Vi auguriamo una gradevole ed intrigante lettura.


Colonne Sonore: Maestro Danna, qual’era il Suo background musicale prima ancora di  lavorare nel mondo delle colonne sonore? Ci furono delle esperienze che influirono fortemente sul Suo sviluppo artistico in campo musicale?

 

Mychael Danna: Nella città di Toronto, in quegli anni, tra il 1987 e il 1992, emerse una componente sociale caratterizzata da una forte identità multiculturale. C’era una grande possibilità di interagire tra diverse arti e culture, e ho trascorso molto tempo ad ascoltare e collaborare con musicisti provenienti da varie parti del mondo.

CS: Come e quando cominciò a scrivere musica per immagini?

MD: 
Provengo da una famiglia di musicisti. Entrambi i miei genitori erano coristi, così cominciai a cantare in alcune corali e intrapresi lo studio del pianoforte.
Quando fui un po’ più grande cominciai a suonare in diversi gruppi con i miei amici, e attraverso questo mi avvicinai alla musica elettronica. Dopo un brutto incidente ad una mano, quando avevo 15 anni non fui più in grado di suonare bene e concentrai tutte le mie energie nel comporre. Mentre studiavo composizione all’università, incontrai Atom Egoyan, si stava laureando in Relazioni Internazionali, ma scriveva anche alcune commedie prodotte al campus universitario. Io componevo per il teatro dello stesso campus, e in questo modo ci incontrammo. Atom stava per realizzare il suo primo importante film e così grazie a questo giunsi a comporre musica cinematografica.

CS: Monsoon Wedding è una pellicola diretta dalla regista Mira Nair, con la quale collaborò in passato. Il film racconta la storia di un matrimonio indiano combinato, enfatizzando lo scontro tra esigenze moderne e costumi tradizionali, ritraendo allo stesso tempo una sensazionale prospettiva della cultura e vita moderna in India. Quale fu il Suo approccio alla colonna sonora? Considerando le diverse origini etniche delle famiglie coinvolte nella trama, ha scelto in qualche modo di ritrarre musicalmente l’interazione tra le componenti occidentali e orientali della storia?

MD: Il mio approccio a questa colonna sonora fu davvero molto semplice. Sebbene il film certamente si occupa di parecchi temi e riguarda lo scontro tra la cultura propria Indiana e l’influenza dall’esterno (che comunque è sempre stato un elemento costante nella storia Indiana), ho voluto realizzare una colonna sonora molto semplice e chiara, e collaborare decisamente  nell’unire assieme i personaggi e le varie trame del racconto. Il tema della pellicola è l’amore. Quindi ho solo composto un tema molto chiaro e diretto  per riflettere questa idea che viene ripetuta in molti modi ma resta un filo conduttore, una componente costante lungo il film. Accanto a quest’idea tematica vi sono numerose fantastiche canzoni e danze, come contrasto al resto della partitura. Registrai gli strumenti indiani e il meraviglioso cantante cinematografico Suhkvinder Singh a Mumbai.

CS: Lungo la Sua collaborazione con il regista Atom Egoyan, incontriamo l’interessante nonché impressionante colonna sonora per Ararat, una pellicola che narra del genocidio Armeno nel 1915. Un’orchestra gigantesca con numerosi solisti, musicisti popolari armeni, ed un coro locale, infondono allo score il forte retaggio culturale e musicale di questi luoghi. Il tono generale dell’accompagnamento sonoro è perlopiù tragico e malinconico, come la trama storica esige. Come è riuscito nella composizione di una così ricca ed autentica tela musicale in grado di fondersi armoniosamente nel tradizionale impianto orchestrale/sinfonico? Quale fu, secondo Lei,  la sfida più grande nel commentare musicalmente la pellicola?

MD: La modalità con cui lavorai a questo film fu la stessa che impiego per qualsiasi altra pellicola. Se ho intenzione di utilizzare musica proveniente da una diversa cultura rispetto alla mia, trascorro moltissimo tempo con impegno nello studio e nella ricerca di questa identità musicale, per tentare di conoscerla nel miglior modo possibile. In particolare durante quest’occasione studiai con Eve Egoyan, la sorella di Atom e una bravissima e completa pianista con la quale avevo lavorato precedentemente. Mi aiutò a conoscere le fonti della musica liturgica e popolare armena. A quel punto la questione era selezionare tra le nostre fonti le melodie che avrebbero rispecchiato al meglio i temi a cui Atom stava lavorando per la pellicola. Queste linee e gli strumenti furono meravigliosamente combinati con musica sinfonica di grandi proporzioni. Atom ed io ci recammo in Armenia per registrare i musicisti locali e il coro, fu un’esperienza fantastica. Non esiste miglior modo di comprendere un tratto peculiare delle persone che essere sul posto, nel loro paese, e collaborare con i loro esperti musicisti. Il più bel commento con il quale fui onorato quando il film uscì nelle sale, lo ricevetti dalla moltitudine di persone di origine armena che non riuscivano a credere che il musicista della pellicola non era un loro connazionale.

Mychael DannaCS: Surf’s Up è un film d’animazione in tecnica CGI, diretto da Ash Brannon (Toy Story 2 della Pixar) e Chris Buck (Tarzan della Disney), che racconta le avventure di un pinguino con la passione per il surf, e dei suoi amici, nel tentativo di vincere una competizione sportiva in memoria del celebre volatile nonché campione surfistico detto “BIG Z”. Filmata in un divertente falso stile documentaristico, questa esilarante commedia d’animazione vanta l’intrigante sfondo musicale da Lei composto come accompagnamento alla pellicola. 
La colonna sonora sembra risolversi maggiormente nello sviluppo d’ un commovente e toccante motivo per piano e archi (lo si può ascoltare nel brano “The Board Shack”). In aggiunta a quest’idea centrale vi sono, naturalmente, alcuni brani dal sapore caraibico: frangenti spensierati e vivaci. Questo progetto è uno dei Suoi primi lavori nel campo dell’animazione cinematografica. Come si è sentito quando ha ricevuto l’offerta di realizzare il commento musicale – su quali elementi ha rivolto la sua attenzione per trovare l’ispirazione che l’ha aiutata a comporre i temi principali?

MD: Quando il mio agente mi comunicò di alcuni produttori interessati a parlarmi della musica di Surf’s Up, ero certo che doveva trattarsi di un errore. Ero divenuto più conosciuto soprattutto per il materiale musicale che può adattarsi facilmente a trame più oscure e drammatiche, come, per citare un esempio, incidenti di bus scolastici! Comunque ho sempre desiderato veramente lavorare nell’animazione e dovetti fare attenzione a non lasciarmi trasportare eccessivamente dall’entusiasmo. Quando incontrai i produttori dissero semplicemente che a loro piaceva la mia musica. Sebbene non avessi mai avuto un’esperienza esattamente come questa prima, mi ritenevano la persona più adatta a sottolineare alcuni punti salienti, facendo risaltare le parti più emozionali della pellicola. Fu un’esperienza brillante. Il modo di operare è abbastanza differente dal cinema reale, ed è un processo molto più delicato e graduale. Il film prende forma davanti ai tuoi occhi attraverso un periodo di 2 anni mentre l’ animazione si sviluppa continuamente.

CS: La regista Mira Nair con Vanity Fair offre una nuova prospettiva di un romanzo classico che ritrae l’ambientazione del diciannovesimo secolo, quando il racconto si svolge.
La colonna sonora che ha scritto per questo lungometraggio è perlopiù sinfonica e romantica, suggerisce un senso di classe ed eleganza, e si poggia su di un tema centrale che fin dall’inizio possiede un’impronta classica ed è sovente accennato lungo la pellicola. Quale fu l’idea alla base di questo tipo di approccio?

MD: 
Il film è incentrato su Becky Sharp e sul suo viaggio attraverso numerose esperienze e maschere nell’arco di molti anni. Sentivo che la musica poteva aiutare principalmente a sostenere il concetto della parte immutabile del suo personaggio. Così composi un tema con il tentativo di impersonarne la sua più intima essenza. Nonostante alcune delle sequenze coinvolgano alcuni luoghi dell’India, in questa occasione non ha fatto ricorso ad alcun strumento etnico. E’ una scelta abbastanza inaspettata, data la Sua passata esperienza musicale e la Sua ampia conoscenza e maestria nella realizzazione di efficaci brani etnici. Quale fu il motivo di tale scelta?
L’aspetto più importate nella musica da film è che la colonna sonora contribuisca nel miglior modo al racconto; servendo il lungometraggio nella migliore maniera possibile. Non dovrebbe essere un privilegio del compositore tentare di forzare i propri “capricci” sull’opera finale. E, ironicamente, sebbene sia maggiormente conosciuto per l’utilizzo di musica non-occidentale nei miei lavori cinematografici, il mio personale trascorso musicale appartiene completamente al mondo occidentale e classico. Quindi certamente è un’area con la quale mi trovo a mio agio ed era quella che percepivo più giusta per la storia.

CS: Little Miss Sunshine, una pellicola diretta dalla coppia Jonathan Dayton e Valerie Faris, rispettivamente marito e moglie, è una commedia che ti scalda il cuore, e narra del viaggio di una famiglia davvero particolare attraverso il continente Nord Americano con un bus giallo modello Volkswagen, allo scopo di far partecipare la loro piccola figlia ad un concorso di bellezza intitolato “California Little Miss Sunshine”. Più di una semplice commedia divertente, questo lungometraggio offre una profonda vena emotiva che lo rende un’esperienza cinematografica veramente piacevole. Lo score è un’avvincente ed accattivante viaggio lungo l’efficace collaborazione musicale tra Lei e i DeVotchKa, un gruppo indie/rock originario di Denver. Può raccontarci qualcosa in merito a quest’esperienza e alla realizzazione di questo progetto?

MD: Quando i registi di questo film chiesero d’incontrarmi erano indecisi se ricorrere ad un’intera colonna sonora o utilizzare semplicemente delle canzoni come accompagnamento alla pellicola. Mi fecero ascoltare alcune canzoni di un gruppo musicale chiamato DeVotchKa, che percepivano molto adatte al loro film, ma desideravano qualcuno con esperienza in campo cinemusicale che li aiutasse a raccontare la storia anche attraverso la musica. Concordai che i DeVotchKa costituivano una scelta perfetta per il film. La pellicola narra di una famiglia disfunzionale che in qualche modo si ritrova assieme e la struttura strumentale della band (sebbene siano delle persone magnifiche che lavorano insieme meravigliosamente!),  è molto insolita ed alla prima impressione si potrebbe definire disfunzionale: trombe, violino, tamburi, tuba e chitarra. Così suggerii di ricorrere alle loro canzoni in due o tre punti dove i registi le avevano inserite, io avrei composto il resto della colonna sonora, che sarebbe stato suonato interamente dai DeVotchKa.

CS: Girl, Interrupted è un lungometraggio drammatico diretto da Jim Mangold, con l’interpretazione di Winona Rider e Angelina Jolie, che narra la storia di una ragazza problematica., Susan, lungo i diciotto mesi del suo ricovero in una clinica psichiatrica in seguito alla diagnosi di un disturbo della personalità. Durante questo periodo la protagonista matura un legame con Lisa, anch’essa paziente dell’istituto, e questo rapporto diviene l’idea centrale della pellicola. Riguardo alla musica che ha composto, merita certamente una menzione la decisione di impiegare un’inusuale tessitura timbrica, grazie alla partecipazione di un’ensemble denominata  “The Glass Orchestra”. Questi musicisti si servono unicamente di frammenti di vetro, flauti, calici di cristallo, e armoniche per creare un’ossessiva serie di suoni freddi e metallici. Il regista Jim Mangold descrive questo artificio timbrico come se esso ricordasse il suono “metallico ed arrugginito di giocattoli rotti”. Quale fu il concetto alla base della colonna sonora? Quale ruolo fu attribuito alla performance di  “The Glass Orchestra”?

MD: L’analogia del vetro sembrava essere un’ottima idea per la storia di queste giovani donne emarginate dalla società. Il vetro è bello, fragile e può anche essere in qualche modo pericoloso. Il vetro può rappresentare una barriera, ma anche un muro trasparente. I musicisti di quest’orchestra sono amici miei a Toronto, e mi sembrarono le persone giuste a contribuire musicalmente al racconto di questa storia.

CS: La Sua prima collaborazione con Catherine Hardwicke è data dalla realizzazione di The Nativity Story che narra della nascita di Gesù e di tutto ciò che accadde in quegli anni nella vita di Maria e Giuseppe, come leggiamo nella Bibbia. La meravigliosa fotografia e le ambientazioni storiche di questa pellicola sono arricchite del suo commento sonoro che si avvale di un originale impianto tematico, in aggiunta ad alcuni efficaci arrangiamenti di antiche melodie interpretate vocalmente, un’orchestra, un ampio stuolo di strumenti etnici tra i quali spiccano il flauto turco e persiano, il timbro rinascimentale della Viola da Gamba ed il suono medievale di una viella. Qual’è l’idea centrale dietro le scelte stilistiche e d’orchestrazione? Dove ha cercato quegli indizi che l’hanno aiutata a comprendere come affrontare il progetto?

MD: Credo che guardando questo film si rimanga colpiti dallo stile realistico nel quale esso è girato. Comprendi che i personaggi erano delle persone vere che vivevano vite altrettanto reali e non immaginarie. Allo stesso tempo sei cosciente di quei momenti che potremmo definire “iconici”, sia che si parli della nascita in una mangiatoia, o dei tre magi sui cammelli: immagini che hanno trasceso l’immediatezza del loro tempo. Volevo che la musica commentasse entrambi questi registri per ricordare allo spettatore che la storia è stata narrata per duemila anni, ricorrendo agli strumenti che servirono a ritrarre il racconto mille anni orsono, ma anche cinquecento anni prima. Volevo contribuire nel tracciare una linea continua tra l’epoca in cui la storia ebbe luogo e il periodo in cui viviamo.

CS: Sappiamo del suo viaggio in Italia per la registrazione di alcuni brani con Walter Maiolli e il suo team musicale detto  “Synaulia”. Come ha deciso di collaborare con questi artisti?

MD: Walter Maiolli è un artista straordinario. Lungo la mia ricerca di autenticità ho scoperto in lui uno spirito affine al mio. Un musicista che comprende che tecnica e spirito d’autenticità debbano avanzare mano nella mano. Molto semplicemente non esiste altro artista o gruppo sulla Terra che abbia l’esperienza di Walter in questo particolare tipo di musica, così fu un onore per me lavorare con lui e la sua équipe nella registrazione di strumenti musicali di questo antico periodo storico.

CS: Suo fratello Jeff Danna, anch’egli un compositore cinematografico, ha composto una notevole colonna sonora per The Gospel Of John, una pellicola drammatica diretta da Philip Saville basata sul Nuovo Testamento, che offre una riproposizione scenica e storica del Vangelo di Giovanni caratterizzata da un estremamente approfondito livello di dettaglio nonchè di aderenza alle fonti storiche.

MD: 
Si, ritengo The Gospel of John davvero una bellissima colonna sonora. E’ curioso che ad entrambi sia capitato di comporre musica per lo stesso soggetto, sebbene credo che quasi ogni musicista negli ultimi duemila anni potrebbe affermare lo stesso. Abbiamo certamente discusso del progetto, anche se bisogna tener presente che ogni lungometraggio è un caso a sé, anche molto differente nonostante la storia possa essere simile, e l’approccio di conseguenza può essere molto diverso.

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