“Una grande lezione di musica per film” – Parte Venticinquesima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Venticinquesima

Colonne Sonore non esaurisce il suo cammino e vi propone ulteriori interviste, sempre stimolanti, per dare una risposta concreta alle varie domande di giovani lettori che studiano composizione e che sperano un giorno di diventare compositori di musica per immagini, attraverso i suggerimenti di coloro i quali lavorano da anni nell’Ottava Arte, componendo musica applicata: i compositori di Film Music hanno risposto a sei domande che la nostra redazione ha creduto importanti per formarsi come autori di musica per film.
Ecco a voi la venticinquesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno dato risposta per favorire i futuri giovani colleghi che si confronteranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



Remo Anzovino (compositore di Canto alla Durata – omaggio a Peter Handke, Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte, Da Clay ad Ali. La metamorfosi, Van Gogh tra il grano e il cielo)

1) Mi metto in ascolto con la storia e con tutti i reparti con cui mi devo interfacciare. La colonna sonora rappresenta un viaggio che culmina nella creazione della partitura originale, che immagino sempre realizzata anche in forma di album. Leggo la sceneggiatura e guardo le immagini grezze del film senza avere a disposizione nessuno strumento musicale. Faccio sedimentare le emozioni che il racconto e le immagini sanno suscitare in me. La musica principale non nasce mai guardando contemporaneamente il film ma ricordandolo. Come se la sceneggiatura e le immagini, nel ricordo emotivo, svolgessero un funzione maieutica: tirare fuori una musica che c’era dentro di me ma che altrimenti non sarebbe uscita, almeno non così, non in quel momento. Questo mi consente di essere libero dal punto di vista creativo e non vincolato ai tempi. E mi allontana dal rischio di produrre musica non dotata di quel carattere che la contraddistinguerà.

2) Utilizzo sempre i musicisti in studio. E’ molto difficile che accetti un progetto dove non ho questa possibilità. E’ un elemento distintivo sullo schermo. Ma uso la tecnologia sempre, anche quando ho a disposizione un organico di musicisti, più o meno nutrito. Non la uso solo quando la storia richiede una naturale classicità in partenza, proprio nel suono. Normalmente doppio le linee gravi (contrabbassi e violoncelli) con l’MS20 della Korg, e lavoro meticolosamente al raddoppio dei campioni degli archi, a secondo delle articolazioni in gioco. Non altrettanto con i fiati, molto insoddisfacenti a livello di campionamento. Queste scelte rendono normalmente il suono più teso nel mix con l’ensemble che suona realmente le parti. Ma ci sono altri piccoli segreti, chiaramente, che fanno parte del mio suono. La scelta dei musicisti è molto meditata prima, cercando cioè di avere in sala i musicisti giusti. Ad esempio per le colonne sonore composte per Hitler contro Picasso e gli altri e Van Gogh. Tra il grano e il cielo, prezioso è stato il lavoro sul suono degli archi reso da Federico Mecozzi, che è stato il mio assistente musicale, oltre ad aver suonato sia le parti di violino che di viola, e di Anselmo Pelliccioni, che ha suonato le parti di violoncello e contrabbasso. L’uso del noising mi interessa molto e lo sviluppo con il fonico, in quel caso con Cristian Bonato, di Numeri Recording a Coriano (Rimini) dove le abbiamo registrate. Ma anche con Federico Mecozzi stesso. I brani “Madness Noise Trip” in Van Gogh o “Strangling” in Hitler contro Picasso sono nate scordando il violino, lavorando sulle corde del piano a coda, cacciando io stesso un urlo in sala e sbattendo io stesso violentemente la porta che separa la regia dalla ripesa, e poi elaborando questi eventi sonori a fonte reale attraverso la tecnologia e facendoli diventare elementi musicali, come ad esempio in “All mine” dallo score per Hitler contro Picasso, o intersecandoli alla scrittura a seconda delle esigenze di narrazione tonale piuttosto che dodecafonica. Nel caso della colonna di Da Clay ad Ali. La metamorfosi fondamentale fu l’apporto chiaramente di Roy Paci e di tutta la band. Roy era anche il produttore di quella colonna sonora e prezioso fu anche il lavoro di registrazione di Peppe Petrelli e Dani Castelar e in fase di mix del mio produttore Taketo Gohara. L’allargamento del suono e la gestione del 5.1 viene curata in sintonia da Giovanni Versari, che in generale cura il mastering di tutti miei lavori, insieme al mixerista che nel caso delle produzioni Nexo Digital è stato Paolo Piccardo di Artech, con cui mi sono trovato benissimo, considerato il risultato sonoro in sala.

3) Di solito cerco di ragionare con regia, montaggio e produzione prima di scrivere, soprattutto in relazione alla scelta dell’organico e del taglio stilistico della musica. Di solito quando penso che l’idea della musica principale sia adeguata ne realizzo un provino volutamente molto grezzo (spesso realizzato con il mio semplice smartphone) che condivido con regia, montaggio e produttori, e a quel punto, se la reazione è positiva,  inizia il percorso di scrittura per le immagini, realizzando sui tempi richiesti le versioni del tema principale, del secondo tema, dei raccordi e delle gemmazioni. E quindi di produzione in sala della registrazione. In generale cerco di dire con la musica quello che sulle immagini non si vede. Tento almeno di farlo, è sempre un bella sfida. Mi piace cercare di comprendere le richieste e dove possibile assecondarle. Mi rende felice vedere i reparti del film contenti della musica realizzata, avere cioè la sensazione che la sentano come la loro musica, la musica del loro film. Trovo quasi sempre molto positivi i reference musicali da parte del regista, non li ho mai letti come una mancanza di rispetto o un segno di sfiducia, al contrario mi aiutano a capire cosa lui sta cercando non dal punto vista stilistico ma dal punto di vista emotivo, a volte sono io stesso a richiederli, per rompere il ghiaccio, o quantomeno per cercare di prendere la strada giusta per il film. Certamente i reference non implicano una richiesta di musica che assomigli al riferimento. Tutto il contrario. E’ difficile da spiegare a parole, ma l’appoggio di una musica di repertorio da parte del regista sul premontato, o il reference, se il rapporto si basa sulla fiducia nel rapporto col compositore, va letto come un modo di comunicare altre cose da parte del regista, cose che il musicista deve sapere o quantomeno cercare di decodificare.

4) Non ricordo difficoltà insormontabili. Se non a volte nei tempi molto stretti, molto serrati. Per Canto alla Durata. Omaggio a Peter Handke venni chiamato con tempi strettissimi e nel giro di una settimana consegnai la registrazione per un mediometraggio di circa 40 minuti per la televisione. La musica sgorgò con grande emozione, e forse quando il tempo è poco può essere anche un vantaggio, se chiaramente il progetto ti comunica qualcosa di forte e ti fa essere rapido in fase realizzativa.

5) Amo moltissimo il cinema. Ho accumulato tante piccole esperienze diversissime sin dai tempi del liceo, cercando di affinare il mio linguaggio e la mia curiosità. Avere costruito una carriera discografica come performer live mi ha aiutato a non interfacciarmi con le altre discipline - il teatro, il cinema, le arti, la comunicazione - con un atteggiamento di "musicista per", di musicista specializzato. Ma sempre con l’atteggiamento del musicista, curioso di tutto, soprattutto stimolato dal poter essere parte di un racconto, di poter fornire il proprio contributo tramite una musica che deve, dal mio punto di vista, da un lato essere fusa con le immagini, dall’altra essere del tutto autonoma, godibile e fruibile, anche live, fuori dal cinema. Suggerire immagini, quelle de film, quelle che ognuno vedrà dentro di sé, partendo da quelle del film.

6) Il massimo è quando viene pubblicata anche in vinile. In generale la stampa di una colonna sonora su supporto fisico ha l’importanza che ha in generale oggi la musica distribuita sul supporto fisico: il particolare riconoscimento del suo valore, visto che oggi la musica gira sullo streaming. A volte le scelte sono strategiche e non dipendono da te, e spesso sono anche logiche, perché dipende dalla distribuzione del film sui territori esteri e da altre variabili. E’ innegabile che vedere una tua colonna sonora stampata sul supporto fisico è una gioia immensa per chi l’ha composta.

Giuseppina Torre (compositrice di L’Amore dopo la Tempesta, Papa Francesco - La mia Idea di Arte)

1) Quando mi approccio a creare una colonna sonora cerco di raccogliere quanti più elementi possibili che possano servire a immedesimarmi nel progetto: dalla lettura della storia all’ambientazione dell’epoca in cui si svolge il racconto. Dopo aver raccolto tutte le informazioni a me necessarie cerco di immergermi totalmente nel processo creativo lasciandomi trasportare dalle emozioni .

2) La tecnologia ci aiuta sicuramente nella prima fase di tessitura della colonna sonora attraverso l’utilizzo di librerie di suoni e di programmi di scrittura, questo è innegabile. Personalmente utilizzo Logic Pro ma per quanto la tecnologia cerchi di imitare al massimo i suoni degli strumenti reali, li considero pur sempre dei surrogati. Se proprio bisogna risparmiare sul budget meglio ridurre l’organico orchestrale che utilizzare suoni campionati. Nulla può sostituire l’anima di uno strumento acustico.

3) La tanto temuta e famigerata temp track la considero molto utile soprattutto per cercare di captare il “gusto“ del regista, cioè mi indica quale “scia emozioniale“ seguire. Dopodiché inizio a scrivere alcune idee musicali e cerco di mediare le mie emozioni con il racconto attraverso le immagini del regista. Un’altra fase delicata dopo aver scritto l’intera colonna sonora è quella del montaggio e della sincronizzazione che se non è fatta a regola d’arte rischia di compromettere sia il lavoro del regista che quello del compositore.   

4) Ciò che mi mette sempre ansia, ma credo che sia umano, è chiedermi se mai sarò all’altezza di portare a termine il lavoro commissionatomi. Ma dopo il primo attimo di titubanza cerco di lasciarmi andare, far fluire le emozioni e farmi guidare dalle intuizioni.

5) Ho avuto sempre la passione di comporre, ho sempre scritto e conservato. Dopo essermi laureata in Pianoforte e aver intrapreso la carriera concertistica da interprete, in un momento particolare della mia vita, tirai fuori dal cassetto ciò che avevo scritto negli anni. Quei racconti in musica sono stati raccolti nel mio primo CD “Il Silenzio Delle Stelle“. Molti mi dicevano che le mie composizioni erano evocative, suggestive, ideali per le sincronizzazioni. L’occasione arrivò quando il giornalista e storico Roberto Olla mi contattò dopo che rimase folgorato dall’ascolto de “Il Silenzio delle Stelle“ e mi propose di scrivere le musiche del docu-film sulla Shoa L’Amore dopo la Tempesta andato in onda su Rai 1. Da lì ho scritto le musiche per altri documentari quali Montecassino perché, Papaveri Rossi, Come manna dal Cielo fino ad arrivare all’ultimo in ordine di tempo del docu-film Papa Francesco - La Mia Idea Di Arte per la regia di Claudio Rossi Massimi.

6) La pubblicazione del CD è fondamentale perché tenere in mano un lavoro al quale si è dedicato anima e corpo credo sia quanto di più gratificante per un artista rispetto al digital download. Anche se la pubblicazione  in vinile per me è il sogno più grande.

FINE VENTICINQUESIMA PARTE



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