Intervista esclusiva a Carmelo e Michelangelo La Bionda

Easy Feel - Scrivere musica per film corrisponde ad un pensiero visivo – Intervista esclusiva a Carmelo e Michelangelo La Bionda

Ho avuto il grande privilegio di incontrare in provincia di Milano, nella loro casa-studio di incisione i compositori, artisti, produttori discografici ed editori, i mitici fratelli La Bionda, i siciliani Carmelo (Ramacca, 2 febbraio 1949) e Michelangelo (Ramacca, 25 agosto 1952), considerati a tutti gli effetti gli inventori della Italo Disco e divenuti famosi tra gli anni ’70 e ’80 come cantanti e autori di musica per immagini. Con loro ho ripercorso tutta la carriera cine-musicale e non solo, in una lunga chiacchierata informale e divertente, parlando degli intramontabili Bud Spencer & Terence Hill, degli spot indimenticabili di Sorrisi e Canzoni, Cornetto Algida, MacDonald’s, delle canzoni orecchiabili e trascinanti dei Righeira, del loro cavallo di battaglia, la hit song “One for You, One for Me” e molto altro ancora.
Nel frattempo sono usciti con una nuova effervescente canzone trascinante, “Easy Feel”, che potete ascoltare qui:



State comodi e godetevi la lettura, con in sottofondo il sound dei La Bionda, ovviamente!   

 

Colonne Sonore: Come nascono musicalmente Carmelo e Michelangelo La Bionda?
Carmelo La Bionda: Siamo entrati nel mondo della musica professionale, come spesso accade, per caso, in qualità di autori. Eravamo studenti, io ero già all’Università mentre mio fratello Michelangelo stava finendo il Liceo Classico. Due fratelli con i quali avevamo messo in piedi un gruppo alla Beatles, i fratelli Fabrizio, Maurizio e Salvatore – Maurizio divenne compositore classico e autore di canzoni quali “Almeno tu nell’universo” per Mia Martini – ci tirarono dentro ad una nuova società di edizione musicale, nel 1970, dove ci chiesero di far ascoltare i nostri pezzi. Per fortuna Michelangelo ne aveva scritto uno (risate).  
Michelangelo La Bionda: Era un pezzo che non aveva nessuna finalità commerciale. Era una canzone con una certa musica e un certo testo che riguardava solo me stesso. Il discorso di essere autori di canzoni per altri non ci era passato per la testa, perché nessuno ci aveva chiesto di farlo. In quell’occasione, davanti a quella richiesta dell’edizione musicale, subito dopo abbiamo imparato ad essere autori per altri potenziali cantanti emergenti. In quegli anni esistevano editori molto intelligenti e lungimiranti, capaci di creare un gruppo di autori che scrivessero canzoni per altri interpreti e commercializzarli in maniera ottimale. Ed iniziammo proprio nel 1970 a scrivere una canzone per i già affermati Ricchi e Poveri, “Primo sole, primo fiore”, che avevano da poco vinto Sanremo con la canzone di Nicola Di Bari, “La prima cosa bella”.
Carmelo La Bionda: Sapevamo che i Ricchi e Poveri registravano la nostra canzone e andavano al Festival di Venezia, per noi un grande motivo di orgoglio dato che si trattava, dopo Sanremo, di un altro importante Festival italiano di Musica. Noi due eravamo in vacanza in Romagna e andammo a trovare i Ricchi e Poveri che si trovavano lì per un loro concerto. Ci incontriamo e loro che non ci avevano mai conosciuti, ci dissero: “Ah, siete voi gli autori di ‘Primo sole, primo fiore’? Pensavamo fosse una canzone di Battisti!” (risate). Per noi fu un grandissimo complimento!
Da quel momento ci siamo buttati anima e corpo nella realizzazione di diverse canzoni. Ed il grande momento è stato scrivere per Mia Martini che era passata dalla RCA di Roma alla Ricordi di Milano; noi appartenevamo alla Ricordi e cominciammo a scrivere canzoni per Mia con Bruno Lauzi (“Piccolo uomo”) e Luigi Albertelli. Successivamente abbiamo fatto i nostri dischi. Il primo album era ispirato alla musica West Coast, con testi di Lauzi, musicalmente acustico (era il primo disco di questo genere). La Ricordi non spinse più di tanto questo nostro primo album perché eravamo un duo di cantanti molto alternativo per l’epoca, però devo ammettere una cosa: oggi molti editori non farebbero ne ora ne mai quello che fecero per noi alla Ricordi, e questo fu il merito del direttore generale Lucio Salvini e il direttore artistico Giovanni Saintjust che ebbero fiducia in noi, facendo anche creare una copertina bellissima per l’album. E i ragazzi che guardavano all’America, alla musica Made in USA, non avevano fino ad allora in Italia un gruppo o dei cantanti che suonassero musica e cantassero come i loro miti d’oltreoceano. Ed il nostro album fu spinto in tal senso ed ebbe un’eco notevole. E fu seguito da altri cantanti e gruppi che iniziarono a fare musica in quello stile.       

                   

CS: Avete collaborato con nomi famosi internazionali e italiani della musica leggera e non solo, del nostro passato e presente, quali Ray Charles, i Depeche Mode, Peter Cincotti, Amanda Lear, Mia Martini, i Ricchi e Poveri, Fabrizio De Andrè, i Righeira, etc. Quanto tutte queste collaborazioni importanti hanno influenzato ieri e oggi il vostro modo di comporre per il grande e piccolo schermo?
Michelangelo La Bionda: C’è da fare una precisazione di carattere temporale, nel senso che avendo un passato di compositori per terzi, la nostra idea musicale era quella di arrivare al grande interprete. Noi in tutto quel periodo di lavoro maturammo un’esperienza professionale di carattere internazionale e nazionale, componendo musiche con un’intelligenza latina – mi spiego meglio: andavamo a cercare le realtà musicali internazionali più vicine e raggiungibili per poi trarne profitto e creatività. Ci siamo mossi verso l’Inghilterra e abbiamo visitato gli studi di registrazione dei Beatles, dove in seguito lavorammo anche noi. Abbiamo lavorato con il leggendario pianista Nicky Hopkins e con il loro tecnico del suono Phil McDonald. Abbiamo stimolato il nostro bagaglio creativo con frequentazioni importantissime che ci sarebbero servite sia per creare la nostra realtà artistica che quella di altri interpreti per i quali scrivevamo. Quindi diventammo produttori discografici oltre che autori e compositori e ci mancava a quel punto la fase di realizzatori di colonne sonore per il Cinema al quale eravamo molto interessati. Ma ciò avvenne solo dopo aver formato un nostro stile cantautoriale e aver conosciuto diverse realtà musicali italiane e straniere. Difatti Ray Charles, i Depeche Mode, Peter Cincotti, e altri vennero nei nostri studi a registrare i loro album, studi aperti nei primi anni ’80, coi quali avemmo un rapporto più di pubbliche relazioni tra cliente e proprietari che artistico. Invece le nostre collaborazioni importanti risalgono a molti anni prima, quelli degli studi di Monaco di Baviera, studi che ci hanno dato musicalmente un’apertura internazionale. Amanda Lear che abbiamo lanciato, è stata l’anello di congiunzione importante di quella realtà. Monaco di Baviera, che era un centro creativo fortissimo, ci ha permesso di conoscere musicisti e realtà produttive che in quel momento in Europa dettavano le linee di riferimento musicale e di stile sonoro a tutto il resto del mondo. Tutti i musicisti e gli interpreti che abbiamo incontrato in quel periodo, e qui mi ricollego alla tua domanda, sono stati fonte di ispirazione e di collaborazione per le nostre successive colonne sonore. Elementi sonori che provenivano da tutto il globo, per esempio il chitarrista svedese, il pianista americano, il batterista inglese e via elencando. Era davvero un catalizzatore di creatività differenti messe insieme e dalle quali noi attingevamo per comporre le nostre colonne sonore e gli album da cantanti.         

       
 
CS: Per il Cinema avete composto tra gli anni ’80 e gli ’00 più di una decina di colonne sonore. Perché una così esigua produzione nella Settima e Ottava Arte?
Carmelo La Bionda: L’aspetto imprenditoriale ci ha condizionato e in un certo qual senso bloccato nel creare una produzione di colonne sonore maggiore. Abbiamo aperto questi megastudi a Milano nell’85 e amministrato uno dei più grandi gruppi editoriali musicali del mondo dove vi erano dentro autori e cantanti importantissimi. Avevamo messo in piedi una realtà produttiva notevole e grandissima che si occupava dalla A alla Z di tutto quello che concerneva la produzione e realizzazione di un disco. Abbiamo esagerato, pur contentissimi, e quindi non ti immagini i mal di testa per gestire tutto (risate). Nel frattempo avevamo realizzato molti jingle televisivi, alcuni anche di pregio, che ebbero un successo discografico, visto che la nostra mentalità produttiva pensava sempre all’aspetto commerciale del brano che scrivevamo. Il pezzo composto per il cornetto Algida “Cuore di Panna” o la rivista Sorrisi e canzoni “Sorrisi is Magic” era pensato per avere logicamente una sua autonomia al di fuori dello spot stesso. Quando componemmo per Opel Cadet chiamammo Herrmann Weindorf che aveva arrangiato per noi “Vamos a la playa” e “I Wanna Be Your Lover”, tra le altre, che diresse la London Symphony Orchestra creando un risultato eccezionale, facendo rimanere il cliente a bocca aperta. In poche parole fummo troppo impegnati e il Cinema lo devi coccolare per poterlo coltivare bene e seguire come si deve.
Michelangelo La Bionda: Questo del coccolare è una cosa importante, perché nella nostra situazione specifica, per quel che concerne le colonne sonore, noi avemmo il nostro primo contatto con Sergio Corbucci. Lui era un mentore da un lato e un padre putativo dall’altro, nel senso buono della parola, e aveva creato la nostra identità di compositori di musica per film. Corbucci era geloso di noi e della nostra realtà imprenditoriale. Noi avevamo creato, e non lo dico per autolodarci, delle musiche e canzoni davvero vincenti. Con la nostra prima colonna sonora, Poliziotto superpiù finimmo ai vertici della classifica discografica, pur essendoci affidato per realizzarla un budget esiguo. E noi investimmo anche di nostro pensando che quella era un’opportunità che ci avrebbe creato molteplici occasioni lavorative nella musica per film. Però Corbucci ci voleva tutti per sé e ci diceva che altri film non dovevamo farli. Desiderava l’esclusiva! Quando scrivemmo la musica per Rimini Rimini ci fu il problema che il fratello di Sergio, Bruno Corbucci, ci volle per un suo film e pur volendosi bene i due come fratelli e collaboratori in diverse occasioni, Sergio ci voleva impedire di collaborare con Bruno. E ce lo disse sempre in maniera garbata, perché Sergio desiderava che i fratelli La Bionda scrivessero colonne sonore soltanto per lui, per rendere i suoi film unici e speciali anche musicalmente. Lui era un uomo parecchio intelligente ed aveva capito il grande valore di una buona colonna sonora per un film. Perché, culturalmente, nella mente dei produttori cinematografici, la colonna sonora era soltanto un fastidio da sbrogliare; difatti ti davano un music editor di secondo livello per montare le musiche con budget davvero ridicoli che obbligavano molti compositori a scrivere musica un tot al chilo. Vi erano e vi sono molti modi di scrivere una colonna sonora e noi abbiamo realizzato alcune di esse nel modo giusto e più azzeccato e se oggi siamo ancora in classifica dopo 36 anni un motivo ci sarà!
Il tema principale, dato che eravamo autori di canzoni famose, diveniva sempre un pezzo portante in forma di canzone che otteneva grande successo al di fuori della pellicola e svettava sempre in classifica. Il tema non doveva essere soltanto vincente all’interno del film ma doveva essere vendibile commercialmente separato dal film stesso. Così come avevamo fatto nella pubblicità ci siamo rapportati al Cinema con la stessa modalità autoriale e imprenditoriale. Gli elementi portanti del tema principale dovevano essere fondamentalmente tre: sintesi, orecchiabilità e vendibilità.

CS: Giancarlo Giannini, Mariangela Melato e Stefania Sandrelli segnano la seconda vostra partitura per il Cinema sempre con al timone della regia Sergio Corbucci: il film si chiama Bello mio, bellezza mia e l’anno è il 1982! Cos’ha comportato passare da una produzione internazionale per Poliziotto superpiù ad una prettamente italiana con suddetti nomi attoriali così importanti?
Carmelo La Bionda: Per questo film noi andammo fuori dai canoni delle nostre produzioni e della prima colonna sonora perché la storia era diversa e pretendeva altro. Il montatore Ruggero Mastroianni ci chiese di comporre un Tema per lui, un tema per lei e un Tema per la storia. Per noi la composizione della partitura era una costruzione della trama e dei suoi personaggi, non una mera compilazione come si richiedeva all’epoca, il più delle volte. Noi ci accorgevamo che nelle pellicole americane c’erano degli spazi in cui la musica poteva vivere e farsi ascoltare per bene. Invece in quegli italiani, nella maggior parte dei casi, questo spazio non era concesso, ne previsto. Vi era parlato a non finire e si aveva una sorta di timore a lasciare trenta secondi in cui la musica svolgesse il suo compito e desse al filmico un valore in più. In certi momenti lasciar parlare la musica aiuta il film ad esprimere il non detto!  
Per noi era importante seguire la storia e accompagnarla musicalmente, e la tendenza italica andava tutta da un’altra parte, anche se oggi nelle commedie qualcosa è cambiato dal punto di vista del commento sonoro, al quale viene concesso più spazio d’azione da parte dei registi e produttori.  

CS: La vostra prima OST è per il già citato cult supereroistico del 1980 di Sergio Corbucci, Poliziotto superpiù con Terence Hill e il grande Ernest Borgnine. Cosa rammentate della vostra prima esperienza compositiva nel Cinema e di quella colonna sonora che tanto successo vi ha procurato nell’Ottava Arte?
Carmelo La Bionda: Corbucci girò il film in America e c’era un signore tuttofare che ruotava sul set. Noi eravamo a Roma con le bobine del girato che ci portò il suddetto signore, bobine in cui era presente la nostra colonna sonora che avevamo inciso a Monaco di Baviera nei nostri Studi. Questo tale ci disse che la nostra colonna sonora era piaciuta tantissimo agli americani e per noi fu un motivo di enorme orgoglio perché, non c’era niente da fare, il giudizio degli americani e il loro gusto musicale che si diffondeva nel mondo in maniera incisiva ed importante, a macchia d’olio, era il segno che avevamo scritto e composto la musica giusta e di impatto per questo film, esportabile e di successo.

CS: Che ricordo avete delle lavorazioni con il compianto Bud Spencer in coppia con Terence Hill nei film Chi trova un amico, trova un tesoro (1981) di Sergio Corbucci, Miami Supercops (I poliziotti dell’8^ strada) (1985) di Bruno Corbucci e in duo con Tomas Milian, sempre di Bruno Corbucci, in Cane e gatto (1982)?
Carmelo La Bionda: Il mio ricordo più particolare di Bud Spencer esula dal settore artistico. Una volta ci trovavamo a cena a casa sua. Lui amava molto la musica e possedeva una tastiera. In fondo, oltre ad essere già uno sportivo ed attore, avrebbe voluto essere anche un musicista. Il suo cuoco, quella sera a cena, aveva preparato dei capelli d’angelo con il pomodorino che ancora oggi me li sogno la notte (risate). E Bud ci intrattenne tutta la sera alla tastiera. A differenza di Bud che era espansivo e gioviale, Terence Hill era molto introverso. Tra l’altro Bud mi proponeva sempre idee per aiutare il popolo che amava molto, come ad esempio uno spettacolo musicale educativo per bambini da lui condotto.     
Michelangelo La Bionda: Invece con Terence feci un tour nelle televisioni tedesche per promuovere l’uscita del film Poliziotto superpiù ed io accompagnavo la promozione della pellicola cantando con il mio gruppo dell’epoca, creato apposta per l’occasione, i The Oceans, il tema portante della colonna sonora. Hill era un tipo generalmente chiuso, introspettivo, riservato. Ai tempi viveva in un ranch in America.

CS: E dei fratelli registi e sceneggiatori Corbucci, con il quale avete avuto un bel sodalizio, cosa ci raccontate? Come avveniva la collaborazione, partivate dalla sceneggiatura, andavate sul set o componevate le musiche direttamente sul montaggio finale?
Carmelo La Bionda: Non siamo mai andati sul set. Abbiamo scritto le musiche del primo film senza averlo visto!  
Michelangelo La Bionda: Abbastanza aneddotico il racconto: Noi eravamo a Monaco di Baviera e stavamo registrando una delle tante produzioni in cui eravamo coinvolti. Arrivò l’occasione di incontrare Sergio Corbucci che voleva farci vedere il girato di Poliziotto superpiù. Da Monaco dovevamo spostarci in auto a Roma per incontrarlo. Partimmo la mattina presto da Monaco con la nostra auto e dopo aver trovato la neve al Brennero nel mese di Agosto (risate), il viaggio divenne interminabile ma riuscimmo lo stesso a raggiungere Sergio a Roma nel centro di produzione dell’epoca, la FonoRoma. Ma ci fu un problema!
Carmelo La Bionda: C’era uno sciopero degli addetti ai lavori degli studi e non potevamo vedere il film in FonoRoma.
Michelangelo La Bionda: Noi ci eravamo ritagliati un tempo strettissimo, dati gli impegni a Monaco di Baviera, per vedere il film e tornare in Germania. Sergio ci portò a pranzo e ci raccontò tutto il film. E riuscimmo ugualmente, senza aver visto un solo fotogramma, a scrivere le musiche ed avere un grande riscontro.
Carmelo La Bionda: Fummo aiutati dai personaggi del film, Terence Hill ed Ernest Borgnine, troppo iconici e simpatici. Corbucci in ogni caso arrivò a noi dietro segnalazione di Renzo Arbore. Sergio aveva deciso di abbandonare i fratelli De Angelis a causa di qualche screzio interno. Corbucci chiese ad Arbore di segnalargli un compositore che avesse un grande gusto americano nello scrivere musica e canzoni. E nemmeno a farlo apposta noi eravamo un duo, due fratelli come i De Angelis, e dalla forte impronta americana nel nostro stile musicale e di ottima qualità. Eravamo già molto conosciuti.            
Michelangelo La Bionda: Arbore, curiosamente, fu uno dei nostri sostenitori fin dagli inizi quando ancora eravamo chitarristi e nel nostro primo album suonavamo sonorità ‘west coast’. Noi incontrammo Arbore ad una delle famose feste romane in cui si conosceva chiunque nel mondo dello spettacolo e della cultura, e c’era una nostra amica, Nicoletta Roberto che lavorava in RCA come promoter, che spingeva parecchio le nostre figure professionali e ci combinava degli incontri. Ci presentò Renzo Arbore il quale ci apprezzò immediatamente ed iniziò a trasmettere i nostri brani nei suoi programmi radiofonici. Cosa molto difficile per l’epoca, soprattutto per due autori come noi perfettamente sconosciuti agli inizi e che lui incentivava e portava alla notorietà, grazie al suo grande talento ed enorme gusto musicale per le novità e la qualità che faceva scoprire ai giovani del periodo in radio. In pochi comprarono il nostro primo album ma in molti lo sentirono grazie al sostegno di Arbore. Ascoltarono, prima che diventassimo famosi internazionalmente cantando in inglese, i nostri primi due album in italiano anche se le vendite dei dischi furono minime, e ci diedero notorietà. Noi scrivemmo agli inizi una canzone, “There for me”, una ballad, tecnicamente un ‘lento’ se vuoi, con musica mia e di mio fratello e il testo di un paroliere, Richard Palmer James, che scrisse quasi tutte le parole delle canzoni dei nostri film, il quale era stato membro fondatore e ispiratore dei Supertramp. Aveva dei precedenti come paroliere dei King Crinsom per i loro primi tre album. E “There for me”, una canzone con un bellissimo testo, non era passata inosservata, pur essendo la facciata B del disco di “One for You, One for Me”. Molti cantanti famosi ne fecero una cover successivamente, per esempio Dalida, Sarah Brightman. Il valore di questo pezzo passò i confini dell’immaginabile perché venivamo a sapere che lo avevano ri-registrato parecchi cantanti noti in varie parti del mondo e fu di enorme soddisfazione per noi. Ha viaggiato in giro per il mondo in canali diversi rispetto al pezzo vincente di “One for You, One for Me”, quindi un pezzo di stile e classe che magari non ti rende i denari del pezzo disco di successo ma che ti gratifica da un altro punto di vista, perché possiede il pregio della stima che altri cantanti ti hanno dimostrato interpretandolo alla loro maniera in cover differenti.
Carmelo La Bionda: Di fatto “There for me” è diventato uno standard nei duetti tra tenore e soprano. La cosa più incredibile che ho visto su questo pezzo è su internet, una coreografia di paraplegici su carrozzina in Russia, che danzano a modo loro sulle note della nostra canzone e questo ci gratifica ancora di più perché significa che sul serio questa canzone ha un suo grande valore. E ritornando al nostro lavoro per il Cinema, il desiderio di lasciare il segno e donare valore alle nostre musiche anche al di fuori del filmico era davvero importante. Non realizzavamo musiche ‘tanto per’, visto che era un film e non una canzone o pezzo per altro cantante da far girare per il mondo.

CS: Come vi divedevate il lavoro essendo un duo di autori-compositori?
Michelangelo La Bionda: Principalmente Carmelo è sempre stato il musicista della famiglia. Io mettevo insieme gli elementi in modo tale che avessero una loro forma definitiva, produttiva, realizzativa e commerciabile. Insomma più Producer che Songwriter. Gli arrangiamenti li realizzava Carmelo insieme all’arrangiatore del momento. Io davo un apporto di natura anche creativa nel momento della registrazione in studio. La realtà è sempre stata questa: Carmelo ha scritto sempre le musiche dei nostri pezzi. Quando è capitato che io avessi un’idea tematica, in ogni caso l’abbiamo sviluppata insieme.
Carmelo La Bionda: Michelangelo era un catalizzatore. In certi casi, come con la canzone “There for me” che è nata grazie a lui, ad esempio “One for You, One for Me”, già registrata e bellissima, una canzone disco music non però alla Barry White ma qualcosa di completamente diverso e innovativo, con un groove particolare e nuovo, però al momento dell’ascolto dopo l’avvenuta incisione, carente di qualcosa. Michelangelo ci fece notare che mancava al ritornello una linea melodica ben precisa che la rendesse più incisiva. Il pezzo era già forte ma quell’annotazione lo rese ancora più impattante, e divenne il brano che ci lanciò in tutto il mondo. Quindi essere insieme, vivere in simbiosi tipico di due fratelli siciliani molto uniti, lavorare a stretto contatto anche a rischio di scornarci l’un l’altro, che è normale quando si collabora giorno per giorno tutta la vita, avendo anche due caratteri all’opposto, ci ha permesso di sostenerci nei momenti più difficili e duri, soprattutto quando abbiamo affrontato l’esperienza all’estero in un ambiente completamente nuovo e quasi ostile. Abbiamo incontrato tanti personaggi famosi ed importanti ed ogni incontro ci ha regalato qualcosa di creativo e positivo che ci ha unito ancor di più nel nostro percorso insieme di fratelli musicisti.

CS: Come si è formato e consolidato il vostro stile nel tempo?
Michelangelo La Bionda: Wikipedia dice che siamo stati gli inventori della Italo Disco. In realtà ci siamo trovati ad esserne gli inventori perché non vi era allora la consapevolezza o volontà di creare uno stile. Diciamo che nel nostro stile c’è un insieme di radici che partono prima di tutto dai Beatles. La grande scuola di John Lennon, Paul McCartney e George Harrison, era insita nel nostro DNA musicale. Più che da un conservatorio noi proveniamo da quella scuola. Una scuola che possedeva in sé una grande sintesi degli stili e gusti musicali di tutto il mondo. I Beatles li avevano riproposti meglio di tutti quanti! La nostra musicalità era quasi emulativa di quello stile beatlesiano. Però noi lo contestualizzammo al tempo e al fruitore. Negli anni ‘60 potevi scrivere come i Beatles ma negli ’80 tutto cambiava, si liberavano i costumi e i sessi, e la musica rispecchiava questa innovazione culturale e sociale, e la disco music ne era l’inno a suo modo.  
Carmelo La Bionda: I Beatles avevano scritto molta musica ‘allegra’, passami il termine, cioè canzoni ricche di vitalità sonora. Quando noi abbiamo iniziato a fare disco music, da sempre ascoltavamo, oltre ai Beatles, molta musica soul, pop, funky. Però sentivamo dentro di noi ancora forte la forma canzone di una volta e ci premeva che nelle nostre composizioni si fondessero i due aspetti, quello leggero italiano e quello allegro internazionale.    
Michelangelo La Bionda: In realtà noi non eravamo uguali a nient’altro perché seguivamo noi stessi, forse erano altri che scopiazzavano il nostro stile. Molte delle nostre canzoni incominciano con l’inciso, come i Beatles. Vedi “One for You, One for Me”, etc. Questo ci veniva istintivo. Molti hanno la tendenza nel dire che un disco si vende, ascoltandolo in radio, nei primi 30”.
Carmelo La Bionda: Anche nei primi 10” (risate).
Michelangelo La Bionda: Noi eravamo coscienti di tutte queste dinamiche e la cosa che ci ha aiutato tantissimo nel nostro lavoro è stato aver imparato molto. Noi parlavamo tanto nei nostri incontri con gli artisti più differenti di diverse cose, non soltanto di musica. Eravamo affamati di arricchimento culturale e musicale. Abbiamo prodotto e firmato diverse forme di intrattenimento e conosciuto artisti di livello internazionale che ci hanno portato a creare qualcosa di già sentito ma rinnovato dentro dal nostro stile inconfondibile.   
Carmelo La Bionda: Sicuramente noi avevamo ed abbiamo tutt’ora l’anima Pop dentro. E questo tipo di anima va bene su qualsivoglia altro genere di musica.

CS: A tu per tu (1984) con Johnny Dorelli e Paolo Villaggio, Roba da ricchi (1987), film a episodi con Laura Antonelli, Serena Grandi, Lino Banfi, Renato Pozzetto e Paolo Villaggio, e i succitati film con Spencer-Hill: come si musica la commedia? C’è un codice musicale particolare da cui partire? Insomma qual è il vostro paradigma sonoro nel commentare la commedia?
Michelangelo La Bionda: Nelle commedie ci siamo sempre trovati a nostro agio. L’unico paletto era dato, come accennavamo prima, dal troppo dialogo che non dava il giusto spazio per poter sviluppare al meglio la nostra musica. Per noi era fondamentale inserire della musica importante che non facesse sembrare i nostri temi dei semplici ‘commentini’. Ma tutto ciò era piuttosto impegnativo da realizzare. In certi casi musicare un film con Bud Spencer e Terence Hill, visto che vi erano molte sequenze d’azione, era più semplice perché davi libero sfogo al tema, ma negli altri casi da te citati (A tu per tu, Roba da ricchi) era davvero complicato creativamente. Diciamo che con la commedia Bello mio, bellezza mia abbiamo dato il nostro meglio compositivamente.   
Carmelo La Bionda: In Bello mio, bellezza mia abbiamo scritto delle cose che anche Corbucci ci ha tagliato. C’era nella trama la storia d’amore tra la prostituta e un poveraccio, braccato da un boss mafioso che lo voleva uccidere perché era andato a letto con la moglie. Quando avviene l’incontro tra questi due poveracci, lei donna di facili costumi e lui sbandato totale, avevamo scritto un tema molto americano, vecchio stile, intenso e forte. Un pezzo in stile Gershwin. E Corbucci rifiutò il tema perché secondo lui i due personaggi erano buffi e ci voleva un tema buffo. Noi non la vedevamo come Sergio ma, pazienza, vinse lui perché era il regista. Ci dispiacque parecchio!

CS: Nell’era del digitale, che valore ha per voi la pubblicazione su CD di un vostro lavoro e la riscoperta delle vostre colonne sonore del passato da parte di etichette specializzate in soundtracks?
Carmelo La Bionda: In Italia c’era la tendenza ad usare poco budget per le colonne sonore. Era tutto calcolato fin dalla produzione del film, quanto questi avrebbe guadagnato al botteghino, quindi si doveva spendere poco per rientrare dei costi e soprattutto guadagnarci. Quindi queste restrizioni di budget per i compositori, nella maggior parte dei casi, hanno fatto sì che molti autori si ingegnassero nel creare tanto con poco. Allora, invece di 20 violini, ne potevano usare solo 5, e si andava di creatività e si componevano temi dal forte impatto immediato che dovevano sopperire alla mancanza di soldi e tempo, a volte. Venendo al succo della questione e della tua domanda: l’Italia in quel periodo non era ancora molto considerata, si credeva all’Estero che fosse solo ‘pizza e mandolino’ invece già da un bel pò si considera la patria dell’arte e della cultura e dell’innovazione e si riscopre quello che in passato non veniva nemmeno considerato ‘artistico’. Adesso le cose scontate e risapute come capolavori dei grandi autori americani e non solo di un dì si conoscono, ed i ragazzi sono alla ricerca di quello che era sconosciuto ma ugualmente di notevole fattura e accattivante. Una volta eravamo l’ultima ruota del carro ed ora si sono resi conto molti giovani che non vi è nulla di scontato nella musica e nell’arte in generale del nostro Bel Paese e quindi la riscoprono con arguzia e tenacia.  

CS: Nella vostra illustre carriera avete lasciato il segno con sigle per programmi TV e Spot di enorme successo e notorietà internazionale, quali “On Air” per Ciak, “Sorrisi is Magic” per Sorrisi e Canzoni e i Telegatti, “Succede solo da McDonald” per la nota catena di cibo McDonald’s, “Cuore di panna” per il Cornetto Algida e via elencando. Cosa cambiava dall’approccio cinematografico più ampio a quello ristretto della televisione e dei commercial nel vostro modo di lavorare?
Michelangelo La Bionda: Per noi era lo stesso che lavorare ad un film. A differenza del tema per un film che aveva un suo largo sviluppo, con gli spot dovevamo sintetizzare il motivo in 15”, logicamente. Noi ci siamo sempre nutriti di trovate musicali, di quell’idea che desse vita ad una canzone. E negli spot tra 15” e 30” trovavamo la frase vincente che si sviluppasse in quell’arco di tempo, seppur breve.   
Carmelo La Bionda: Vi è stato un momento in cui non riuscivo più a scrivere temi che andassero oltre il minuto (risate). Comunque seguivo molto la richiesta dell’Agenzia che ci aveva commissionato lo spot. E ne venivano fuori molto spesso di cotte e di crude, perché il più delle volte l’Agenzia ci chiedeva di rifarci ad altri o a noi stessi, la famosa idea del facsimile. Tipo, volevano un pezzo alla Sting ed io rispondevo che per fare Sting ci voleva Sting! La forza del pezzo di Sting è la sua voce. Poi lo facevamo pure ma cambiando alcune cose per risultare sempre noi ed originali soprattutto. La cosa carina che facemmo per uno dei vari spot del Cornetto Cuore di Panna dell’Algida fu scrivere un pezzo alla Burt Bacharach richiamando la sua canzone “What the World Needs Now is Love”, tirando fuori sempre una melodia che fosse subito cantabile ed orecchiabile, perché non si può fare altrimenti, se parliamo di spot. Tutto deve essere immediato e accattivante, da rammentare e canticchiare subito dopo aver visto la pubblicità. Adesso non si fa più perché si usano prettamente canzoni o brani famosi ed il jingle originale è sempre più raro. In molti casi una canzone o pezzo molto importante può massacrare lo spot e far perdere il messaggio che è la cosa fondamentale. La gente sta attenta solo alla melodia!
Ai tempi dovevamo scrivere una musica per l’Opel Vectra e abbiamo usato un’idea tematica tipica da sound designer, difatti più che una melodia, era un insieme di suoni atmosferici e perfino effetti, come quello del portellone di un’astronave che andava a coincidere con la chiusura di un tappo di un vasetto di marmellata.   
Michelangelo La Bionda: Noi avemmo un bellissimo uso di “One for You, One for Me” nello spot con Ninetto Davoli dell’Oro Saiwa. Colui che volle la nostra canzone nella pubblicità fu il fratello di Fabio Concato che era il manager dell’Agenzia, il quale incontrandoci ci disse che gli dovevamo qualcosa perché aveva usato la nostra canzone (risate).

CS: Per la TV avete scritto le musiche della serie poliziesca con Enrico Montesano, L’ispettore Giusti del 1999 per la regia di Sergio Martino, andata in onda su Canale 5. Cosa rammentate di quella esperienza televisiva con il grande comico romano?
Carmelo La Bionda: Abbiamo avuto delle difficoltà che siamo riusciti a risolvere per bene. Tra l’altro la stessa sera che andò la prima puntata di questa serie, sulla Rai trasmisero la prima di Montalbano che aveva molto più appeal. Fu divertente lavorarci su, tutto sommato, anche se non ci fu chiaro fin dall’inizio che linea musicale seguire perché dalla produzione stessa ci arrivavano idee discordanti. Si trattava comunque di una serie poliziesca dai toni leggeri a differenza di Montalbano. La Saluzzi non era male come attrice ma non veniva fuori al meglio e perfino la cantante Mietta se la cavava egregiamente.

CS: Qual è il film che meglio rappresenta il vostro stile musicale?
Carmelo La Bionda: Secondo me Poliziotto superpiù! L’altro Chi trova un amico, trova un tesoro.
Michelangelo La Bionda: Concordo!

CS: Michelangelo ha scritto il testo in italiano per l’interprete Sarah Brightman, della canzone premio Oscar “My Heart Will Go On”, cantata nell’originale da Celine Dion su musiche del compianto James Horner per Titanic. Qual è la vostra opinione sulla musica per film hollywoodiana odierna e quali compositori considerate degni di nota oggi? E la vostra opinione sulla film music italiana moderna e i suoi autori?
Carmelo La Bionda: Riguardo i compositori italiani odierni non saprei che nome citarti. Tra gli stranieri, John Williams!
Michelangelo La Bionda: In assoluto John Williams!

CS: Cosa significa per voi “Musica per Immagini”?
Carmelo La Bionda: Bella domanda alla quale rispondo a nome di noi due fratelli! Quando scriviamo un tema siamo abituati ad immaginarlo visivamente. Spesso, viceversa, sono le immagini a trasmetterci delle sensazioni ed emozioni musicali. Per noi due scrivere musica è stato sempre abbinato ad un pensiero visivo!  

Un ringraziamento ai fratelli La Bionda per la loro preziosa, simpatica ed amichevole disponibilità ed uno particolare al cantautore Simone Vannini per avermi fornito il loro contatto per questa lunga intervista.

Stampa