“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventesima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Ventesima

Colonne Sonore prosegue imperterrita nel ridare risposta alle molteplici richieste di giovani lettori che studiano composizione e che desiderano un giorno formarsi come compositori di musica per immagini, facendosi assistere da coloro i quali lavorano in prima persona nell’Ottava Arte, componendo musica applicata: i compositori di Film Music hanno risposto a sei domande che la nostra redazione ha ritenuto importanti ed esaurienti sul come divenire autori di musica per film.
Ecco a voi la ventesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno dato risposta per sostenere i futuri giovani colleghi che si raffronteranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



Vito Lo Re (compositore di La ragazza nella nebbia)

1) Poter iniziare a leggere la sceneggiatura, prima di visionare il montato, può aiutare a farsi un’idea dello stile che andrà usato; ma è solo parlando e confrontandosi col regista che si può capire bene in che direzione andare. Il compositore di colonne sonore deve saper mettere da parte il proprio ego e mettersi al servizio del film; cosa che sembra scontata, ma che può essere più facile a dirsi che a farsi. Poi devi vedere il montato; nella sua interezza e scena per scena tante, tante, tante volte. Riconoscere il ritmo della scena e del montaggio, individuare i punti di sync e, cosa più importante, capire bene (qualora il regista non abbia già dato precise indicazioni a riguardo) non tanto dove la musica va messa ma soprattutto dove va tolta. Questo perché, a mio avviso, bisogna evitare di mettere troppa musica. Il commento musicale è efficace se ben dosato; se invece, come in certi film di Hollywood, c’è musica dall’inizio alla fine, la funzione comunicativa della musica svanisce.

2) L’uso dell’elettronica viene in soccorso diverse volte e, a meno che non si scelga di realizzare una colonna sonora integralmente orchestrale, la commistione di acustico ed elettronico è ormai uno standard. A meno che però non sia una specifica richiesta del regista, fare un’intera colonna sonora elettronica lo troverei stucchevole. La musica serve a veicolare le emozioni e, per fortuna, l’emotività che sa dare un’orchestra suonata dal vivo, nessun suono elettronico o campione potrà mai restituirla. Si può imitare le note che sono scritte, ma non quello che scritto non è.

3) Questo è un nodo critico. L’uso delle reference da un lato è di enorme aiuto per capire in che direzione andare (perché il regista, essendo raramente un musicista, ti spiega sì quello che vuole, ma tradurre poi le sue indicazioni in note suonate non è sempre facile); dall’altro lato quando il regista si “innamora” di una temp track che ha ascoltato decine o centinaia di volte su quella specifica scena, qualunque altra musica gli sembrerà non o comunque meno adatta. E il problema che si pone qui è veramente artistico perché il rischio di sacrificare la propria creatività a favore dell’imitazione di ciò che hanno fatto altri è veramente alto. Questa tendenza in molti film è ormai acclarata e a volte si sentono compositori di assoluto valore scrivere colonne sonore scialbe solo perché hanno imitato le temp track invece che creare realmente del materiale originale. Questo porta a un inesorabile appiattimento della musica. Quanto all’iter, dopo aver letto la sceneggiatura o visionato il girato è necessario fare un piano di lavoro, sempre ovviamente in accordo col regista. Poi si cominciano a buttare giù delle idee musicali. Il primo approccio è generalmente col pianoforte, ma quando faccio ascoltare il provino al regista è importante a mio avviso darglielo già orchestrato, in modo che assomigli quanto più possibile all’idea sonora finale che ho in mente di realizzare. Da lì in avanti è tutto un lunghissimo confronto (e a volte scontro) col regista per apportare tutti i cambiamenti necessari a realizzare la sua idea estetica, pur filtrata dalla tua, ovviamente.

4) Credo che il problema non sia quasi mai compositivo perché ogni compositore ha nella sua testa la “soluzione”; più che altro invece può essere un problema estetico e/o stilistico; ovvero, tradotto in italiano, realizzare tu quello che il regista ha nella sua mente.

5) Sono sempre stato un appassionato di colonne sonore e tutti mi dicevano che le mie musiche erano molto “visuali”. Con queste due premesse, era praticamente una scelta obbligata.

6) Nel mercato di oggi il CD fisico è più una questione di prestigio che commerciale. Ciò non toglie che avere nelle proprie mani il CD fisico dà indubbiamente una sensazione diversa dal vederlo semplicemente pubblicato online. Io proporrei di fare come si fa ormai ai concerti: vendere il CD all’uscita della sala cinematografa. Se la musica del film è piaciuta, ci sarà sicuramente chi la vorrà subito comprare, senza aspettare di andare a casa e scaricarla per esempio da iTunes.



Pascal Le Pennec (compositore di Cache-cache, La tela animata, Le stagioni di Louise)

1) In generale, lavoro sul film finito. Quando ricevo delle sequenze montate, le visiono due, tre o quattro volte, poi le metto da parte. Sono un compositore per le immagini... che non lavora sulle immagini! Preferisco lavorare sul ricordo, sull’impressione che mi hanno lasciato. E’ il ritorno per me indispensabile al silenzio. E’ un esercizio che in qualche modo ha a che fare con la meditazione. E’ una questione di vibrazioni... cerco una consonanza con l’universo del film, per giungere a sentire la musica dentro di me. Ci sono così tante possibilità musicali per un’immagine! Per questo cerco di affidarmi all’istinto, per non tradire ciò che il regista vuole dire. E’ incredibile come la musica possa cambiare la comprensione che abbiamo di un’immagine. Per me la difficoltà non risiede nel comporre una sequenza musicale che deve durare precisamente 12 secondi o un minuto e 34 secondi... La vera sfida (e ciò che rende interessante questo mestiere) è trovare l’idea giusta che rispetti l’intento del regista.

2) Ho la fortuna di potermi avvalere spesso dell’orchestra. Ciò nonostante, quando il budget non è sufficiente, preferisco scrivere per un piccolo complesso cameristico, per qualche strumentista (in carne e ossa!), piuttosto che ricorrere all’elettronica. Anche se i “sample” hanno fatto enormi passi avanti, non giungeremo mai a ottenere con una macchina le possibilità, il soffio vitale e l’espressività di un’orchestra.
Ciò detto, mi è successo di mescolare dei musicisti reali e dei suoni campionati, utilizzando alcuni dei “sample” più credibili (piano, organo, clavicembalo, arpa, percussioni, etc...). Non ci sono stati problemi, e questo perché l’orecchio è sempre attratto dall’espressione e dalla vita creata dai veri musicisti. Il resto non è che un abbellimento.

3) Mi sono capitate tutte le possibilità: scrivere per un film finito, o intervenire in corso d’opera oppure ancora comporre a partire dalla sceneggiatura. A questo proposito, proprio ora sto vivendo un’esperienza molto appassionante con Jean-François Laguionie che vuole avere la musica prima di qualsiasi altra cosa! Io e Anik Le Ray, lo sceneggiatore di Tableau, stiamo scrivendo in parallelo la musica e lo script del suo prossimo film d’animazione. Per aiutarmi creativamente, Jean-François mi ha parlato lungamente della storia che vuole trattare, mi ha consigliato vari libri che hanno un rapporto con questa storia, e mi ha mostrato alcuni disegni preparatori, per darmi un’idea dell’atmosfera generale. E’ tutto. Insomma mi sto immaginando il mio film personale e lavoro a partire dalle suggestioni che ne ricavo. Gli ho già consegnato 45 minuti di temi musicali che, a loro volta, lo ispirano nel suo lavoro.
Parlo sempre molto col regista. Gli chiedo se ha delle idee, dei desideri. Gli suggerisco in special modo di ricorrere a degli aggettivi, per descrivere la musica che desidera. Spesso abbina della musica provvisoria alle immagini. Solitamente i compositori si oppongono alla pratica della “temp track”, perché il regista finisce per affezionarsi alla musica temporanea, quando non arriva a chiedere al musicista di copiarla! Io invece penso che questa musica rappresenti un’opportunità: la “temp track”, abbinata a una certa sequenza, mi comunica i desideri del regista più di mille parole!
Quando comincio a sentire la musica per una data sequenza, improvviso sull’idea che ho avuto, poi scrivo un “brogliaccio”, una prima partitura abbozzata. Si tratta di una pre-orchestrazione destinata a realizzare un “mockup”, una demo della musica da fare ascoltare al regista. Discutiamo insieme sulla pertinenza dell’idea che ho avuto, e se ricevo il suo OK, scrivo la partitura definitiva, lo “score” destinato a essere suonato dall’orchestra vera e propria. Affido quindi il mio manoscritto al copista che trasferisce la mia partitura su un computer per ottenere così i singoli spartiti per gli orchestrali. Con il produttore discuto della scelta dell’orchestra, della sala d’incisione, dello studio. Lavoro spesso con Frédéric Briant, un eccellente ingegnere del suono, molto competente nella presa sonora di un’orchestra. Viene alle sessioni, da Bruxelles, con tutti i suoi attrezzi del mestiere.
Per la registrazione ho preso l’abitudine di collaborare con mio figlio Johannes, violoncellista e direttore d’orchestra: io scrivo la musica, la orchestro, e lui dirige. Durante le sessioni lui è responsabile della direzione musicale, io di quella artistica.

4) Conservo un ricordo particolare della musica scritta per il film Cache-cache di Yves Caumon. Aveva una conoscenza molto approfondita dell’utilizzo della fisarmonica nella musica contemporanea, e voleva che io ne traessi ispirazione, che scrivessi per fisarmonica classica. Per me era perfetto, perché è uno strumento che conosco bene. Gli ho fatto ascoltare molte cose, ma non lo convincevano mai. Non sapeva spiegarmi perché... ma non andavano bene! Il nostro rapporto è diventato teso. Voleva che lo sorprendessi con qualcosa di originale, fuori dagli schemi. Oggi posso dire questo: è stato senza dubbio il suo continuo incitamento a ricominciare ogni volta da capo che mi ha obbligato a scrivere una musica così personale, a uscire dalla mia “comfort zone”.

5) Sono stato a lungo musicista di scena, concertista, accompagnatore, arrangiatore e orchestratore, e la musica – mia o di altri – ha sempre dato vita, in me, a delle immagini mentali. Suonando in concerto, immaginavo dei film interi! Adesso non suono più in pubblico, sono solamente un compositore, e sperimento il fenomeno inverso: non è più la mia musica che dà vita a delle immagini, ma sono le immagini che creano la musica. C’è una logica in tutto questo!
 
6) Rimango affezionato all’oggetto – che sia il CD o il DVD – ma sono a favore di tutti i mezzi di diffusione possibile.

FINE VENTESIMA PARTE

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