Intervista esclusiva a Kyle Eastwood

intervista_kyle_eastwood.jpgPortando la bandiera del padre

 

Il cognome non fa certamente venire alcun dubbio: Kyle Eastwood è proprio il figlio del grande regista americano Clint Eastwood, un nome che non ha certo bisogno di molte presentazioni. Sin dai primi anni di età, il giovane Kyle è immerso nella musica: in casa Eastwood c'è sempre un disco di musica jazz che suona.

E' infatti il contatto, grazie alla passione dei suoi genitori per la musica jazz, con l'arte di musicisti come Miles Davis, Dave Brubeck, Thelonius Monk e Stan Kenton che spinge il ragazzo ad appassionarsi al genere musicale più rivoluzionario del ventesimo secolo. Papà Clint lo porta numerose volte ad assistere al Festival Jazz di Monterey, nel quale ha spesso la possibilità di curiosare dietro le quinte e vedere da vicino all'opera leggende come Count Basie, Dizzy Gillespie e Sarah Vaughan.

Dopo gli anni della passione, arrivano quelli degli studi accademici insieme al bassista francese Bunny Brunnel, che lo portano successivamente a diventare un abile contrabbassista e a suonare nella scena jazz di New York e Los Angeles, oltre ad essere un richiesto session player. All'inizio degli anni '90 forma il Kyle Eastwood Quartet, con il quale arriverà nel 1996 ad esibirsi anche alla prestigiosa Carnegie Hall. Due anni dopo, Kyle debutta con il suo primo album, From Here to There, una collezione di classici jazz alternati da proprie composizioni originali. Nel 2005 pubblica l'album Paris Blue, seguito l'anno successivo da Now.

La figura paterna, oltre ad avere una forte influenza sulla formazione musicale, lo spinge infine ad esplorare la composizione per il cinema. Kyle contribuisce infatti con alcuni brani alle colonne sonore di Mystic River (2004), Million Dollar Baby (2005) e Flags of Our Fathers (2006), a cui seguirà poi Lettere da Iwo Jima (2006), per il quale compone interamente la partitura (con la collaborazione di Michael Stevens).

Abbiamo incontrato Kyle Eastwood (in visita a Milano per il suo tour con il Kyle Eastwood Quartet) e lo abbiamo intervistato per farci raccontare la sua carriera di musicista, figlio d'arte e neo-autore di musica da film...

CS: Cominciamo a parlare di Kyle Eastwood come musicista. Quanti anni avevi quando hai cominciato a imparare la musica?
KE: Presi lezioni di pianoforte e cominciai a imparare lo strumento quando ero ancora molto giovane, più o meno all'età di 7 anni. Dopodiché a 12 anni imparai a suonare la chitarra e poi passai al basso elettrico quando avevo 14 anni. In quegli anni suonavo soprattutto per mio diletto personale. Ho cominciato a studiare musica seriamente, nello specifico il contrabbasso, all'età di 18 anni.

CS: Dunque suoni il contrabbasso nella tua band, giusto?
KE: Esatto, e anche il basso elettrico.

CS: Come è cresciuta dentro di te la passione per la musica?
KE: Sono sempre stato appassionato di musica. Sono cresciuto amando soprattutto il jazz. I miei primi ricordi musicali sono infatti legati a questo genere musicale. I miei genitori mi esposero al jazz sin da quando ero molto piccolo. La musica è sempre stata qualcosa di molto importante nella mia famiglia, c'era sempre qualcuno che ascoltava musica in casa nostra.

CS: Ti ritieni una persona più “di testa” o “di cuore”?
KE: (ride) Nella vita o solo nella musica?

CS: Entrambe.
KE: Non saprei... Credo che sia importante avere un po' di entrambe le cose. Ritengo che il miglior equilibrio che si possa raggiungere sia di avere sia “testa” che “cuore”, in particolar modo nel jazz. Mi piace l'aspetto “mentale” della musica, ma penso che sia importante comunicare anche un sentimento. Gran parte della musica parla della crescita, qualcosa di molto concreto ma allo stesso tempo parla anche di cuore e anima. Non so, nel mio caso credo di essere una persona alla ricerca di un certo equilibrio (ride).

CS: La personalità artistica di ogni musicista solitamente ha origine e si sviluppa attorno a differenti punti di riferimento. Quali sono stati i tuoi durante la tua formazione musicale?
KE: I miei genitori mi portavano spesso a vedere concerti di musica jazz sin da quando ero piccolo, dunque penso che, oltre al fatto di ascoltare jazz in casa, la cosa che più mi ha coinvolto e mi ha spinto a suonare questo genere fu partecipare al Monterey Jazz Festival, la città dove vivevo all'epoca. Ricordo che mio padre mi accompagnò e mi fece salire sul palco, da dove vidi un concerto della band di Count Basie. Era il 1976, se ben ricordo. Rimasi molto colpito da quella musica, era la prima volta che vedevo una big band suonare dal vivo e si trattava di una band davvero incredibile. Stare lì vicino a loro fu una esperienza che mi lasciò il segno. Quella fu una delle esperienze che mi spinsero a cominciare a suonare seriamente.

intervista_kyle_eastwood_2.jpgCS: E quali sono i tuoi punti di riferimento oggi?
KE: Suonai alla Carnegie Hall qualche anno fa e fu una esperienza meravigliosa. Ebbi l'opportunità di suonare insieme ad alcuni grandi musicisti come Clark Terry, Ben Riley... alcuni dei grandi del jazz, insomma, gente come Joe O'Donnell e Herbie Hancock.

CS: Il jazz è il tuo terreno principale come musicista ed è anche il profilo dei tuoi contributi alle colonne sonore nelle quali sei stato coinvolto. In futuro credi che potrai allargare i tuoi orizzonti e diventare anche il singolo autore di una colonna sonora per un film?
KE: Sì, assolutamente, è un ambito che vorrei esplorare sempre di più. Ho suonato molto nelle orchestre che registrano musica per film negli anni passati. Lettere da Iwo Jima è la prima colonna sonora che realizzo completamente come autore e vorrei continuare. Mi piace suonare nella mia band, è la cosa che più mi appassiona, ma questo genere di nuove sfide mi stimolano molto. Mi piace scrivere musica per film. Amo tanto il cinema quanto amo la musica, dunque unire questi due aspetti è qualcosa di grandioso.

CS: Quindi vorresti fare qualcosa che non sia solamente basato sul jazz.
KE: Assolutamente.

CS: Come artista e musicista, preferisci le luci del palcoscenico o stare dietro le quinte? Per usare una metafora cinematografica, preferisci recitare o dirigere?
KE: Se lavorassi nel cinema, credo che sarei più attratto dalla regia. Sono sempre stato molto interessato all'intero processo di creazione di un film. Ho avuto alcune esperienze di recitazione in gioventù, ma non mi sono mai appassionato più di tanto. Tuttavia, la musica è ciò che amo più di ogni altra cosa. Amo moltissimo suonare dal vivo insieme al mio gruppo, dunque da questo punto di vista forse sono un tipo più da palcoscenico.

CS: Dunque preferisci suonare dal vivo.
KE: Esatto. Quello è stare di fronte alla macchina da presa, mentre per tutto il resto preferisco starci dietro (ride)

locandina_lettere_iwo_jima.jpgCS: Le colonne sonore degli ultimi film di tuo padre sono firmate direttamente da lui stesso. Ho notato che ha sempre un approccio molto controllato ed essenziale, quasi in retroguardia e “nascosto”. E' tuttavia uno stile molto personale ed originale. Come giudichi le scelte musicali di papà Clint?
KE: Mi piace molto quello che fa. Credo che preferisca avere una partitura raccolta e minimalista per i suoi film. Ammira molto i compositori cinematografici, ma il suo pensiero è che i film hollywoodiani abbiano solitamente troppa musica e troppo “grossa”. Lui ha trovato uno stile che funziona per i suoi film e ritengo che sia molto appropriato al tipo di storie che racconta. La musica aiuta a trasformare i suoi film in quello che sono, fa parte del suo processo creativo.

CS: Quali sono i tuoi compositori cinematografici preferiti?
KE: Ennio Morricone è sicuramente uno dei miei favoriti, ha scritto alcune bellissime colonne sonore, ad esempio Mission e Nuovo Cinema Paradiso. Ammiro molto anche Jerry Goldsmith, Henry Mancini. John Williams è sicuramente uno dei più grandi. Tutti quelli che ho citato sono grandi compositori.

CS: C'è un disco in particolare che ha cambiato la tua vita?
KE: Oh, ce ne sono molti, non me ne viene in mente uno in particolare... (pausa) Uno dei miei primi ricordi musicali è legato a Time Out, il disco di Dave Brubeck. Mi ricordo benissimo quel sound e quando mi capita di riascoltare quel disco mi viene subito in mente il ricordo dei miei genitori che ascoltavano quella musica a casa. Poi c'è anche Sketches of Spain di Miles Davis...

CS: E il film che ha cambiato la tua vita?
KE: Uomini e topi, la versione realizzata negli anni '40

locandina_flags_our_fathers.jpgCS: Flags of our Fathers, uno degli ultimi film di tuo papà, è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e parla della contraddizione tra il patriottismo vero dei soldati e quello invece presentato e confezionato dall'establishment politico, in relazione appunto a come la generazione di tuo padre percepiva il valore del sacrificio di quei soldati. Secondo te come percepisce invece la tua generazione quei valori e quel sacrificio?
KE: Beh, è difficile da esprimere. Credo che quella guerra fu combattuta per ragioni molto diverse da quelle che invece facciamo oggi. La guerra del Vietnam ha cambiato molto la percezione della nostra generazione, in quella circostanza molte persone si resero conto che la guerra non era necessariamente la strada giusta per risolvere i problemi. La Seconda Guerra Mondiale era un'altra epoca e la causa era molto diversa da ciò che gli Stati Uniti stanno facendo oggi. Il sacrificio compiuto da quei soldati, la volontà che avevano, furono qualcosa di assolutamente fuori dall'ordinario. E' qualcosa di incredibile ed orribile allo stesso tempo.

CS: Come ti senti a “portare la bandiera” del nome di tuo papà?
KE: (ride) Beh, ne sono orgoglioso. Nella sua vita ha raggiunto dei risultati che molte persone non riescono ad ottenere. Sono orgoglioso anche perchè ha realizzato alcuni dei suoi migliori lavori negli ultimi 10-15 anni e questo mi dà la speranza che sarò in grado di fare del mio meglio anche quando avrò 60 o 70 anni. Lo ammiro molto, ha ancora molta passione in quello che fa.

CS: C'è qualcosa che vorresti dire a tuo padre ma che non sei mai riuscito a dirgli?
KE: (ride) No, davvero. Abbiamo un bel rapporto, siamo molto vicini, non abbiamo mai avuto grandi differenze e continuiamo ad andare molto d'accordo. Abbiamo una personalità molto simile e siamo molto aperti l'uno con l'altro.

CS: Qual era il tuo sogno quando eri piccolo?
KE: Oh, non lo so... Volevo fare lo stuntman! (ride) Beh, ho sempre avuto la passione per la musica e il cinema. Desideravo fare il regista fino a un certo punto della mia vita, ma poi ho cominciato ad essere sempre più coinvolto dalla musica. Ho sempre desiderato fare qualcosa che avesse a che fare con l'arte.

CS: E il tuo sogno da persona adulta?
KE: Semplicemente continuare a fare musica e continuare a crescere come musicista e come compositore, cercare di migliorarmi ed imparare sempre qualcosa di nuovo.

CS: Ok. Grazie, Kyle.
KE: Grazie a te!

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Si ringrazia per l'intervista Maria Scoglio della Warner Bros

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