Tripla vita: Intervista a Elliot Goldenthal

Elliot Goldenthal (Foto di Marco Guerra)

Elliot Goldenthal è una delle voci più originali attive nel cinema e nella sala da concerto del panorama contemporaneo. Le sue colonne sonore per film come Alien 3 (1992), Intervista col vampiro (1994), Heat - La Sfida (1995), Batman Forever (1995), Titus (2000), Final Fantasy (2001) e quella premiata con l’Oscar per Frida (2002) sono tra i lavori migliori prodotti nella musica cinematografica degli anni Novanta e Duemila. Nonostante la sua apparente assenza dal proscenio dei multimiliardari blockbuster Hollywoodiani degli anni recenti, il compositore è più prolifico che mai in differenti medium di espressione artistica.

La sua “Sinfonia in Sol Diesis Minore” è stata eseguita in premiere mondiale due anni fa dalla Pacific Symphony Orchestra, mentre una nuova composizione da concerto intitolata “Waltz and Agitato 'Pravda'” ha avuto la sua premiere pochi mesi fa a Eastman (New York) con la Rochester Philharmonic Orchestra. Goldenthal ha scritto inoltre una partitura originale per la pièce teatrale Grounded, interpretata da Anne Hathaway e diretta dalla sua abituale partner artistica, Julie Taymor. Per quest’ultima, Goldenthal ha scritto anche la partitura per una nuova versione teatrale di Sogno di una notte di mezza estate (A Midsummer Night's Dream) di Williams Shakespeare, che ha debuttato presso il Theater of New Audience di Brooklyn nel 2013. La Taymor ha poi deciso di realizzare insieme al direttore della fotografia Rodrigo Prieto una versione di “teatro filmato” di questo immortale classico di Shakespeare, uscita in un circuito ristretto di sale cinematografiche nel 2015. Per accompagnare  questa lettura particolarmente fantasmagorica ed originale, Goldenthal ha scritto una nuova partitura partendo dal materiale già composto per la versione teatrale. Infine, negli ultimi anni Goldenthal ha fondato la sua etichetta discografica indipendente (Zarathustra Music), pubblicando molti suoi lavori da concerto e per il teatro rimasti finora inediti. 

Abbiamo parlato con Elliot Goldenthal a proposito dell’uscita discografica di Sogno di una notte di mezza estate e di molti altri argomenti interessanti.

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A Midsummer Night's Dream

ColonneSonore: Elliot, cominciamo la conversazione partendo dal Suo lavoro più recente, Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. L'album che è stato recentemente pubblicato è la colonna sonora della versione filmata dell'adattamento teatrale che tu e la regista Julie Taymor avete realizzato insieme nel 2013 per il Theater of New Audience a Brooklyn, New York. Ci può raccontare come è nato il progetto e in quale modo si è trasformato in una versione cinematografica? 

Elliot Goldenthal: E' stata un'idea di Julie Taymor. La sua intenzione era creare un'esperienza filmica dell'adattamento teatrale che avevamo fatto insieme. Quando si è seduti in un teatro come parte del pubblico che partecipa a un'opera di Shakespeare, generalmente la si guarda da un'unica angolazione e, dato che il linguaggio è piuttosto complesso, ci si focalizza principalmente sul personaggio che sta parlando. Nella versione filmata, Julie ha avuto l'intuizione di mostrare le interazioni tra i personaggi assai più di quanto non si potrebbe fare come parte del pubblico teatrale, usando piani di ascolto, controcampi, piani medi, totali, etc. In questo modo possiamo muoverci nel teatro e attorno al punto di vista della macchina da presa, con inquadrature dall'alto, dal basso e da ogni punto macchina possibile, ma soprattutto possiamo vedere i controcampi e i piani d'ascolto. Julie ne ha usati moltissimi, come si farebbe in un normale film, dandomi la possibilità di scrivere musica completamente nuova rispetto alla versione teatrale originale, poiché queste inquadrature generano una differente emozione nello spettatore. 

CS: Ha dunque dovuto cambiare e aggiungere molto materiale rispetto alla partitura che aveva composto per la versione teatrale? 

EG: Sì, direi circa il 30 per cento in più. Nella versione teatrale ci sono ad esempio scene di 8 minuti accompagnate da brani di ambiente che non contengono alcuna sincronizzazione specifica. Si tratta di brani che dovevano semplicemente creare un ambiente musicale per gli attori. Ma nella versione filmata tutto questo andava modificato, poiché bisogna essere estremamente specifici sul fotografico. Dunque tutta la musica “generica” necessitava di essere modificata ed adattata su inquadrature e movimenti specifici. 

CS: La partitura è molto sottile e di grande atmosfera, ci sono molte tessiture particolari e colori cupi. C'è un uso molto interessante della glass harmonica. 

EG: Sì, la uso molto spesso, specialmente nelle partiture per il cinema. Uso molto anche i crotales e diverse percussioni metalliche ma suonate con l'arco, come il vibrafono, la marimba, etc. Trovo che il suono prodotto da questi strumenti suonati in quel particolare modo non interferisca con i dialoghi e sia meno espressivo degli archi, sebbene non sia un suono freddo tanto quanto gli armonici di questi ultimi. Dunque trovo che siano strumenti molto utili da usare in combinazione coi dialoghi e il parlato. 

CS: Parlando dei dialoghi, quanto la metrica dei versi di Shakespeare e la loro inerente musicalità hanno influenzato la scrittura della partitura? 

EG: Beh, è un po' come ballare tra la pioggia senza bagnarsi. La cosa migliore che il compositore può fare è stare alla larga da Shakespeare e anche dalla performance degli attori. Per quanto sia difficile, bisogna trovare un metodo per essere di supporto alla recitazione senza entrare in conflitto con la metrica dei versi. Nel caso di Sogno di una notte di mezza estate ho dovuto scrivere anche alcune canzoni basate sui testi di Shakespeare. Non tutte sono presenti nell'album, ma le si possono vedere e sentire nel film. In quel caso invece ho rispettato pienamente la metrica dei versi. 

CS: Questo progetto è molto interessante e singolare nella Sua filmografia. Lo definirei quasi un ibrido date le sue origini e il suo sviluppo. L'ibridazione potrebbe essere uno dei modi per descrivere il Suo lavoro nel cinema e nella sala da concerto. La Sua voce è molto varia ed eclettica. 

EG: Credo che appaia così solo perché viviamo nel tempo presente e ne siamo parte. Se andassimo avanti di 100 anni, probabilmente il mio stile apparirebbe come parte di questo specifico periodo storico. Anche quando talvolta mi sono rifatto consapevolmente a periodi e stili passati come il Rinascimento o il ‘700, la mia voce è sempre rimasta quella di un compositore del 20° secolo. Se ascoltiamo ad esempio le sonate per pianoforte di Mozart, alle nostre orecchie suonano apparentemente come pura musica del ‘700. Ma se ci fermiamo a osservare più attentamente, noteremo come non si tratti solo musica in stile settecentesco, ma come essa si rifaccia a stili e periodi differenti, a compositori precedenti come Bach, Gabrielli e via dicendo. Non è solo musica austriaca, ma prende elementi da musiche di altri paesi come l’Italia, la Spagna, la Germania. Non è strano trovare, solo per fare un esempio, una melodia tipicamente italiana in una sonata di Mozart. Eppure ai nostri occhi oggi la sua musica sembra scaturire da un’unica voce e da un unico periodo storico. Credo si possa dire la stessa cosa per la mia musica. Più andremo avanti nel tempo e ci allontaneremo dal nostro presente, maggiore è la probabilità che la mia musica diventi parte del periodo in cui ho vissuto, ovvero la metà/fine del ventesimo secolo e l’inizio del ventunesimo. 

CS: Parlando di stili, epoche storiche e sfere di influenza, ho sempre pensato che la sua musica (sia quella per il cinema che quella per la sala da concerto) sia colma di richiami al sinfonismo ottocentesco di compositori come Gustav Mahler e Richard Strauss, ma anche allo stile delle avanguardie polacche del 20° secolo, ad esempio la musica di Krzystof Penderecki. Il Suo stile sembra una fusione tra questi due mondi musicali. 

EG: Sì, mi piace molto il periodo dei compositori tedeschi dell’Ottocento, come Wagner e Mahler. Ho sempre amato il loro approccio e il modo in cui hanno lavorato sul concetto di tempo, in particolare con gli archi. Avevano trovato la maniera di dilatare il tempo e lo facevano diversamente dai loro contemporanei. Il Mahler degli ultimi tempi in particolare (penso ad esempio all’Adagio della Sinfonia n°10) era riuscito quasi a sospendere il tempo in un modo che andava al di là della struttura dell’accordo, era riuscito ad andare oltre alla tecnica tradizionale, alla relazione tra la lunghezza della corda e il movimento dell’arco. E’ una cosa che mi ha sempre affascinato, Wagner aveva iniziato questa esplorazione sonora nel Tristano e nel Sigfrido ed è poi stata proseguita da Bruckner. E dunque quella parte del mondo, quel periodo storico e quel modo particolare di espressione musicale, in particolare il trattamento degli archi, sono stati una grande ispirazione. Ovviamente essere cresciuto nella New York della seconda metà del ventesimo secolo circondato dalla musica di John Coltrane, Miles Davis, Jimi Hendrix e tutti i loro coetanei della musica jazz, pop e rock ha significato molto per me. Tutto questo ha lasciato una forte impronta ritmica sulla mia musica e dunque mi sento a mio agio anche in quei generi, come forse si può intuire ascoltando la colonna sonora di Titus. Per quanto riguarda invece l’avanguardia polacca del Novecento, direi che soprattutto Penderecki e il suo stile di notazione aleatoria sono stati molto importanti. Da un punto di vista puramente esecutivo, se un compositore dovesse scrivere su pentagramma tutte le dissonanze e i ritmi aggrovigliati esattamente nel modo in cui sono, sarebbe musica troppo difficile da provare e suonare. Penderecki trovò la soluzione per lasciare ai musicisti uno spazio di improvvisazione, ma in modo estremamente sorvegliato e controllato. L’uso dei cluster negli archi e negli ottoni è stato di grande ispirazione per tutti i compositori dalla seconda metà del Novecento ad oggi.  

CS: Immagino che questa tecnica di manipolazione del tempo, ovvero rendere le cose più lente o più veloci di come appaiono, funzioni molto bene insieme al linguaggio cinematografico, che da sempre gioca con il concetto di tempo. 

EG: Sì, inoltre quando c’è un passaggio di archi che suonano un accordo sostenuto, questo non entra in conflitto coi dialoghi e non focalizza troppo l’attenzione sul montaggio. 

CS: Parlando della Sua collaborazione artistica con Julie Taymor, avete lavorato insieme su molti progetti e il vostro legame è molto solido. Come si è evoluta la vostra collaborazione nel corso degli anni in termini di metodi, linguaggio e influenza reciproca? 

EG: Julie è una persona di grande ispirazione, nel senso che è sempre molto coinvolta ed appassionata in tutti i suoi progetti. Ama coinvolgere il compositore sin dalle fasi iniziali ed ha un legame molto intellettuale alla musica, ma allo stesso tempo la vive in modo fisico e passionale. Quando la guardo dirigere opere che includono la mia musica o anche quella di altri compositori come Stravinsky, Wagner, Mozart, mi accorgo di come sia molto comprensiva delle cadenze e dei ritmi della musica e questo le consente di supportarla in modo efficace, dunque il pubblico sviluppa lo stesso legame viscerale. Tutto ciò è evidente soprattutto quando la guardo dirigere opere o musical fatti da altri compositori, come ad esempio la sua versione teatrale de Il Re Leone.

Elliot Goldenthal (Foto di Marco Guerra) 

CS: Nel corso della Sua carriera, Lei ha lavorato in tanti medium differenti: cinema, sala da concerto, teatro, balletto, dando alla sua carriera una grande diversità. Suppongo quindi che non ha mai sofferto della sindrome della “doppia vita”… 

EG: Ho una tripla vita! Ma questo è sempre stato normale per la maggior parte dei compositori. Il mio insegnante di composizione, John Corigliano, ha sempre avuto una vita artistica molto sana tra la musica da concerto, l’opera e anche il cinema. Philip Glass è un altro compositore dalla vita molto sana divisa in differenti medium, incluso il teatro, la sala da concerto e anche una carriera da solista. L’altro mio insegnante, Aaron Copland, ha composto musica per il cinema, per la sala da concerto, l’opera e ovviamente il balletto. Questo è l’ambiente in cui sono cresciuto e in cui mi sono formato, dunque mi è sempre parso naturale che il lavoro del compositore fosse questo. 

CS: Alla fin fine, è sempre questione di musica. 

EG: Sì. Ed è anche questione di andare dove la tua musica è richiesta. Tutti i compositori devono seguire il richiamo di chi vuole lavorare con lui o con lei, altrimenti la tua vita diventa inutile. 

CS: Quando Miklòs Ròzsa parlava della sindrome della doppia vita, si trattava di qualcosa di molto sentito per la sua epoca. Compositori come lui o Bernard Herrmann hanno sempre faticato a vedere la propria musica da concerto riconosciuta ed apprezzata e forse trovarono nel cinema un modo per affermare il proprio nome e riuscire poi ad eseguire più facilmente la loro musica “seria” 

EG: Può darsi, ma erano anche compositori che amavano molto lavorare per il cinema. Lo amavano davvero. Una cosa che tendiamo a dimenticare riguardo Bernard Herrmann è che era anche un grande direttore d’orchestra e, negli anni in cui aveva il suo show radiofonico, ha diretto quasi ogni mese una nuova composizione di un compositore contemporaneo. Dirigeva sempre musica nuova, era molto aperto e coinvolto dalla musica del suo tempo. Era una creatura che viveva la musica del presente. A lui infatti non piaceva registrare in studio, era convinto che la musica fosse una materia vivente e dunque doveva essere eseguita ed ascoltata dal vivo. 

CS: Cosa ci può dire dei suoi imminenti progetti? 

EG: Dato che vivo una doppia o tripla vita, sto scrivendo proprio ora un concerto per tromba che sarà eseguito in premiere mondiale a Philadelphia il prossimo Ottobre. Sto anche per firmare il contratto per un nuovo film, ma ancora non posso svelare dettagli. Il film uscirà il prossimo Novembre. Con Julie invece c’è sempre un progetto nuovo su cui lavorare. Al momento stiamo preparando una nuova versione teatrale della pièce M. Butterfly di David Henry Hwang, scriverò una nuova partitura e debutteremo in autunno a Broadway, con Clive Owen nel ruolo del protagonista. Dunque entro la fine dell’anno questi tre nuovi lavori saranno pubblicati. 

CS: Sta lavorando anche a nuovi adattamenti da concerto di musica per film? 

EG: Non al momento, generalmente si tratta di commissioni richieste dai festival. Ho avuto l’occasione di presentare alcuni miei pezzi per il cinema al bellissimo festival di musica per film di Cracovia, così come a Ghent, in Belgio. Anche quel festival mi piace molto. E dunque se capita l’occasione e c’è la possibilità pratica di farlo, mi piace molto poter adattare la mia musica per film per i concerti. 

CS: Grazie per aver parlato con noi, Elliot. 

EG: Grazie a voi! 

Un ringraziamento speciale a Jeff Sanderson (Chasen & Co.) e Jonathan Zautner (Zarathustra Music) per l’aiuto e il supporto. E un sincero grazie a Elliot Goldenthal per la sua gentilissima disponibilità.

I fotoritratti di Elliot Goldenthal sono di Marco Guerra. Utilizzo autorizzato.

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