Incontro a Firenze con la grande arte nel nome di Andreij Arsenjevich Tarkovskij

Incontro a Firenze con la grande arte nel nome di Andreij Arsenjevich Tarkovskij

In occasione del trentennale della scomparsa del grande cineasta russo Andreij Arsenievic Tarkovskij avvenuta il 29 dicembre 1986, la città di Firenze in collaborazione con l’Istituto Internazionale Andreij Tarkovskij, l’Institut Français e lo Spazio Alfieri ha programmato un articolato omaggio comprendente un convegno intitolato ‘L’eredità artistica di Andreij Tarkovskij’ cui hanno preso parte importanti studiosi, critici e esponenti della politica e due concerti il 18 e 19 gennaio scorsi intitolati ‘Nostalgia dell’assoluto’ con il Duo Natasha e Raffaella Gazzana al violino e pianoforte e la voce recitante di Massimiliano Giovannetti – di cui riferiremo nei prossimi giorni – e ‘Un bianco, bianco giorno’ su poesie e testi di Arsenij e Andreij Tarkovskij con Stefano Maurizi al pianoforte e la voce recitante di Consuelo Ciatti. Il programma delle celebrazioni verrà concluso nei giorni dal 26 al 29 gennaio allo Spazio Alfieri con la retrospettiva degli otto lavori firmati dal regista russo con l’utilizzo di nuove copie in pellicola a 35 mm.

La città di Firenze accolse nel 1982 il regista esule dall’Unione Sovietica per poi conferirgli la cittadinanza onoraria. La casa dove l’artista ha vissuto i suoi anni di esilio si trova in Via San Nicolò 91 e sulla cui facciata nel 2006 è stata apposta una targa commemorativa.

‘Un bianco, bianco giorno’ è il titolo di una poesia del grande poeta Arsenij Aleksandrovic Tarkovskij, padre del regista e che in origine era previsto per il film autobiografico Lo Specchio (Zerkalo, 1974 Mosfilm), ha contrassegnato a Firenze un’indimenticabile serata ispirata alla grande arte. Nella sala dell’Institut Français assiepata da un pubblico impegnato e attento, la grande arte del Tarkovskij poeta e del Tarkovskij regista e poeta, entrambi vittime della censura sovietica, si è incontrata con l’estro recitativo di Consuelo Ciatti e l’elegante e raffinata creatività musicale di Stefano Maurizi. Due artisti seri e profondi che onorano la scena culturale del nostro paese e che vorremmo vedere più spesso sul palcoscenico. Gli accenti iniziali del pianoforte sembrano arrivare con dolcezza e discrezione da lontani orizzonti, echeggiano le note di “Fuer Alina” di Arvo Paert in un delicato remake dello stesso pianista su cui si inserisce la splendida voce di Consuelo Ciatti con le sue avvolgenti e penetranti modulazioni e flessuose gradazioni che trasportano l’ascoltatore nell’universo poetico, spirituale, sognante e visionario dei due artisti russi.
Nel cinema di Tarkovskij spesso troviamo nei protagonisti uomini deboli, emarginati, umiliati che guidati dalla propria immensa fede e speranza diventano eroi e portatori di un profondo messaggio etico.
Nel film Stalker (1979, Mosfilm) Aleksander Kaidanovskij (1946 – 1995) è il superlativo, indimenticabile interprete della guida ‘stalker’ Red Schuchart che, sfidando la legge, accompagna uno scienziato e uno scrittore attraverso le impervie e pericolose vie di una zona proibita verso la porta di una misteriosa ‘stanza dei desideri’.
Nel corso del difficile cammino lo stalker nel disarmante, panteistico abbraccio esistenziale della sua anima con gli imponenti scenari naturali si raccoglie nelle parole di una poesia intitolata ‘L’estate fuggita’

E’ fuggita l’estate / Più nulla rimane / Si sta bene al sole / Eppur questo non basta / La vita mi prendeva sotto l’ala / Mi proteggeva, mi salvava / Ero davvero fortunato / Eppur questo non basta / Non sono bruciate le foglie / Non si sono spezzati i rami /Il giorno è terso come cristallo / Eppur questo non basta

Partendo da questi versi, Consuelo Ciatti e Stefano Maurizi, in una formidabile intesa spirituale e artistica, interrogano l’anima dell’ascoltatore con una coinvolgente parabola dove la tensione e la profondità di pensiero dei versi pronunciati con intensa espressività e devozione dall’attrice si intesse in suggestivo dialogo con gli accenti di un’ immagine sonora misurata e incantata in un arco espressivo moderatamente spigoloso e percorso da intimi ripiegamenti introspettivi e nostalgici, dove affiorano singolari rimandi al compositore armeno Georges Ivanovic Gurdjieff (1866 – 1949).
Grandi applausi coronano una straordinaria realizzazione dell’Istituto Tarkovskij di Firenze e Parigi che contiamo di poter rivivere quanto prima anche in altre città italiane.

Intervista esclusiva a Stefano Maurizi

Pianista e compositore, studia con Luca Flores gli autori classici e tecniche di armonia e improvvisazione. Dal 1998 al 2002 frequenta la classe di composizione del M° K. Kacheh alla Scuola di musica di Fiesole, dove approfondisce i linguaggi della composizione contemporanea e frequenta un seminario sulla composizione per immagini cinematografiche con Ennio Morricone. Ha suonato in diversi festival internazionali e si è esibito in numerosi teatri di prestigio. Nel 2012 ha firmato la realizzazione discografica di ‘Nostalgie de l’Avenir’ (CD note sonanti ns-1005) accolto con grande successo di critica a livello internazionale.

Colonne Sonore: Come è nato il tuo incontro con l’arte di Tarkovskij e la seguente collaborazione con l’Istituto Tarkovskij di Firenze, fondato e diretto dal figlio del grande regista Andreij Andrejevich Tarkovskij?

Stefano Maurizi: Tutto è accaduto nel 2001 quando un mio amico e collega pianista di Vienna mi ha informato del fatto che Andreij Andrejevich si era stabilito a Firenze e mi ha organizzato un incontro con lui.
Questo incontro mi ha spinto all’approfondimento dei lavori del regista russo che già conoscevo in modo limitato e dal confronto con la forza espressiva dell’arte della famiglia Tarkovskij; non dobbiamo dimenticare che il poeta Arsenij Aleksandrovic Tarkovskij ha avuto sul linguaggio cinematografico del figlio una notevole influenza.
E’ quindi nata l’idea di un progetto intitolato ‘Sonorità visive’ che con l’accostamento di immagini tratte dai film e dalle musiche in parte improvvisate, in parte composte da me e eseguite al piano in trio con Damiano Puliti al violoncello e Simone Santini al sassofono, oboe e ewi, ha inteso rendere un appassionato omaggio alla memoria del grande cineasta.
‘Sonorità visive’ mi ha aperto un mondo nuovo, una sensibilità diversa, un modo di approfondire, di ricercare il linguaggio creativo della vita attraverso la musica, essendo io un pianista, ma anche attraverso la sinergia, il dialogo fra le arti e le diverse sue forme creative.
Il lavoro è stato presentato in diverse altre città, fra cui Roma e Mosca nel 2006, e in occasione del ventennale della scomparsa del regista a Roma nel 2009.

CS: La collaborazione con l’Istituto si è poi ulteriormente sviluppata con il progetto ‘Zona Tarkovskij’…

SM: Si questo è una realizzazione scaturita dalla collaborazione con l‘Istituto e Angela Torriani Evangelisti, Direttrice Artistica di Versilia Danza dove la mia musica ispirata all’arte tarkovskijana si è unita alle suggestive evoluzioni danzanti di Angela e alla successione delle immagini tratte dai film scelte con grande cura da Andreij Andrejevich. Una bellissima esperienza.

CS: Che impatto ha avuto l’arte cinematografica di Tarkovskij sul tuo linguaggio musicale?

SM: Le immagini di Tarkovskij hanno profondità poetica, un senso di fotografia, pittorico oserei dire; vanno veramente a colpire la sensibilità e spesso nascondono ciò che io chiamo ‘canto nascosto’ che in realtà è una tecnica musicale dove in mezzo alle armonie si nasconde un canto stupendo: molti musicisti, me compreso, lavorano in questa direzione. Tarkovskij in questo senso con la sua sensibilità, il rapporto con le immagini riesce a creare una bellezza profonda e mai plateale la cui armonia trasmette il pathos a quella che potremmo definire una musica silenziosa.

CS: Questa sera nel concerto intitolato ‘Un bianco, bianco giorno’ ti confronti non solo con un poeta straordinario come Arsenij Tarkovskij ma anche con un’attrice dello spessore di Consuelo Ciatti.

SM: Consuelo Ciatti è una grandissima attrice, una persona profonda, vera che non ama la routine, è sempre alla ricerca interpretativa ed è capace di mettersi ogni giorno in discussione. Il confronto con l’opera poetica di Arnenij e Andreij Tarkovskij è un esperienza affascinante dove l’ispirazione proviene dai versi che si sostituiscono alle immagini. Consuelo e io abbiamo costruito un percorso di pianoforte solo che poi entra in un rapporto dialettico con la poesia attraverso variazioni e improvvisazioni con i loro sviluppi sia su musiche mie che di altri compositori che vanno a confrontarsi con la sua lettura interpretativa. Penso possiamo parlare di una nuova realizzazione di grande originalità che spero potremo portare anche in altre città italiane.

CS: L’ascolto del tuo magnifico CD intitolato ‘Nostalgie de l’avenir’ suggerisce l’idea di un viandante che nelle ore dell’alba si abbandona alla scoperta degli angoli nascosti e suggestivi di una metropoli come Parigi con i loro suoni e colori e almeno per quanto mi riguarda sento forte il richiamo del celebre film muto realizzato da Dziga Vertov nel 1927 L’uomo con la cinepresa che seppure in modo ideologico e ironico e assai meno poetico descrive la vita di una città dall’alba al calar della notte.

SM: Parigi nei miei frequenti soggiorni è sempre stata per me fonte assoluta di ispirazione e creatività. Sono felice di aver potuto registrare questo lavoro su CD allo Studio Meudon insieme a due prestigiosi musicisti francesi come David Venitucci (accordéon) e Antoine Banville (batteria) e l’italiano Mario Gargano (contrabbasso).
In effetti si può considerare un omaggio a questa città nelle sue variegate, suggestive atmosfere e architetture scaturite da momenti e sensazioni personali.
La realizzazione di ‘Nostalgie de l’avenir’ è avvenuta nel 2010 in un momento particolarmente sofferto della mia vita ma il suo successo di pubblico e di critica musicale mi ha trasmesso grande soddisfazione.
La trama musicale poggia su un percorso che coinvolge la tradizione musicale francese classica e popolare, diciamo Satie e Chansons, ma buona parte del lavoro è costituito da scritture originali composte da me e dagli altri membri del quartetto

CS: Il tuo linguaggio è molto raffinato, introspettivo, non invasivo…

SM: Si è la mia caratteristica rivolta a una intimità artistica. Molti musicisti hanno sicuramente un modo di porsi magari più aggressivo e appariscente. Io sono fondamentalmente un solitario, amo rimanere nascosto, il mio obiettivo è la ricerca introspettiva e il rapporto profondo e emotivo con l’anima dell’ascoltatore. Molti amano leggere il proprio nome e foto nei media o social network, a me tutto ciò non interessa. Sono solo interessato alla qualità artistica e a trasmettere emozioni in musica. Al riguardo amo ricordare il momento in cui nel 2006 a Mosca al termine dell’esecuzione di ‘Sonorità visive’ Marina Tarkovskij, visibilmente commossa è venuta ad abbracciarmi.

CS: Ci parli di qualche tuo progetto futuro?

SM: Il più immediato è una composizione per piano solo ispirato alle sonorità della Via della Seta con l’occhio rivolto anche al compositore armeno Georges Ivanovic Gurdieff (1866 – 1949) la cui dimensione filosofica e spirituale mi attrae moltissimo.

CS: A parte Tarkovskij ci sono altri registi che trovi interessanti?

SM: Mi piace moltissimo Theo Angelopoulos. Poi ci sono due registi francesi che trovo interessantissimi, Xavier Dolan (E’ solo la fine del mondo, musiche di Gabriel Yared) e Jacques Audiard (Il Profeta, musiche di Alexandre Desplat). Mi piace il loro linguaggio coinvolgente, radicale e asciutto e inoltre prestano sempre grande attenzione all’aspetto musicale.

CS: Fra i tuoi compositori preferiti figura Arvo Paert.

SM: Assolutamente si!
Paert è straordinario, è un musicista veramente capace di far suonare e parlare il silenzio, sa trasmettere in modo naturale con la sua nordica sobrietà l’emozione della musica e la spiritualità del suono senza l’utilizzo di mezzi artificiosi. Sono molto legato in particolare al suo pezzo per piano “Fuer Alina” che questa sera in una mia originale riflessione aprirà il concerto insieme a Consuelo Ciatti, dedicato alle poesie di Arsenij e Andreij Tarkovskij. La partitura di Paert è anche presente in un arrangiamento intitolato “Shadows of Alina” nel CD ‘Nostalgie de l’Avenir’. La sua ricerca del suono in una dimensione fortemente spirituale e introspettiva mi rende molto legato al compositore estone.

CS: “Shadows of Alina” è un brano nato dalla creatività musicale del tuo quartetto. Come avete proceduto nella sua realizzazione musicale e discografica?

SM: Da una parte abbiamo lavorato sul tema originale e abbiamo cercato di assimilarlo e meditarlo. Quindi dopo una pausa di mezz’ora ci siamo ritrovati e abbiamo ideato una trama che si muove all’interno, all’esterno e intorno al pezzo di Paert in una rappresentazione sonora frutto di una sorprendente felice intesa artistica.

CS: A parte Arvo Paert ci sono altri compositori che ami ascoltare?

SM: Amo molto Schubert e Tchaikovski fra i classici. Fra i contemporanei vorrei citare un musicista portoghese prematuramente scomparso a 42 anni, Bernardo Sassetti, per il forte messaggio che anima le sue composizioni, purtroppo non molte. Poi dobbiamo ritornare al compositore armeno Gurdjeff che mi affascina profondamente con la sua musica e le sue danze avvolte in una forza espressiva e dimensione magica e trascendente che egli chiamava ‘la quarta via’. Nel percorso dedicato a Arsenij Tarkovskij questa sera sentirai echeggiare le note della sua “Musica per una danza tibetana”.

Ringraziamo il Maestro Maurizi per la sua squisita disponibilità

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