La prima storica compositrice italiana di musica per film - Intervista esclusiva a Nora Orlandi.

La prima storica compositrice italiana di musica per film - Intervista esclusiva a Nora Orlandi.

A cura di Paolo Eustachi in collaborazione con Massimo Privitera e Federico Biella

Abbiamo avuto il grande piacere e onore di incontrare nella sua casa romana il Maestro Nora Orlandi (Voghera, 28 giugno 1933), cantante, compositrice e pianista, celebre per essere stata dagli anni ’50 ai ’70, la prima donna in un mondo prettamente maschile di compositori di musica applicata alle immagini. Fondatrice del noto gruppo vocale I 4 + 4 di Nora Orlandi (in origine Quartetto 2 + 2), per il grande schermo ha composto circa una ventina di colonne sonore, spaziando per lo più tra il genere western e thriller. Tra le sue score più famose, quelle per Johnny Yuma di Romolo Guerrieri del 1966 (vincendo il Premio della critica per la migliore musica per film western), Il dolce corpo di Deborah del 1968, sempre di Guerrieri e Lo strano vizio della Signora Wardh di Sergio Martino del 1971 con una scabrosa e sexy Edwige Fenech.

Nel Cinema come compositrice ha usato occasionalmente lo pseudonimo di Joan Christian, ha scritto diverse musiche per i noti jingles pubblicitari all’interno del programma Carosello. Un suo pezzo, “Dies Irae” tratto da Lo strano vizio della Signora Wardh, è stato usato da Quentin Tarantino nel suo Kill Bill, volume 1. Inoltre ha scritto anche diverse musiche e liriche per canzoni di celeberrimi cantanti italiani, tra cui Domenico Modugno, Nico Fidenco, Gianni Morandi e Lucio Battisti, collaborando a diversi spettacoli teatrali con il compianto Armando Trovajoli. Negli anni ’80 ha deciso di sciogliere il suo coro e indirizzarsi prettamente all’insegnamento di solfeggio, armonia, teoria musicale, canto e pianoforte, scrivendo un ‘Metodo di canto moderno’, riscuotendo parecchio successo nell’ambiente degli insegnanti di canto.

Colonne Sonore: Ci sono compositori classici che ami ascoltare?

Nora Orlandi: Asssolutamente si e in particolare Bach, Beethoven e Rossini che considero il Mozart italiano

CS: C’è qualche compositore contemporaneo che ti interessa?

NO: Preferirei passare a un’altra domanda.

CS: Non deve essere stato facile per una donna negli anni cinquanta e sessanta imporsi in un universo prettamente maschile?

NO: Certo non è stato facile. Tieni presente che sono arrivata a Roma che avevo 19 anni e ho composto e diretto a 20 anni, nel 1952, la prima colonna sonora. Sono partita con la valigia con la corda, senza avere alcun tipo di sostentamento. La valigia però era molto bella, l’avevo sottratta con forza a mia madre. “Ma proprio quella cui tenevo di più ti sei voluta prendere!” gridava.

CS: Ci parli della tua formazione?

NO: Ho frequentato il Conservatorio Nicolò Paganini a Genova dove ho studiato canto corale, direzione d’orchestra, pianoforte, organo e – per compiacere mio papà - anche violino, strumento che ho approfondito e che, conoscendone la tecnica, ho utilizzato in alcune mie partiture. Poi privatamente ho studiato canto gregoriano con il Liber Usualis (raccolta dei canti) dai frati

CS: Come sei arrivata a comporre per il grande schermo?

NO: In realtà a Genova non mi mancava nulla. Vivevo nella bella casa dei genitori, avevo il posto come violino di fila in orchestra, avevo i miei studenti privati, un flirt come è giusto che sia a quell’età… però Genova purtroppo la sentivo molto limitata come possibilità di un futuro sviluppo artistico e quindi la non facile decisione di trasferirmi a Roma.

cover johnny yuma

CS: Molta della tua attività filmica è stata dedicata al genere western…

NO: In realtà era un genere che in quegli anni andava molto di moda! Ho avuto la grande fortuna di essere intercettata da Italo Zingarelli, un uomo alto 1,90 e che pesava 200 chili e quando mi abbracciava, la mia testa scompariva sotto la sua ascella. Un giorno mentre ero al piano mi chiede: “Ma cosa stai suonando bambina? Mi piace questo tema, è perfetto per il mio film come produttore (Johnny Yuma, 1966)!”. E da quel momento ha avuto inizio la mia avventura nell’universo del western in cui ovviamente il grande astro è stato Morricone. Secondo me non dovevano conferirgli semplicemente un Oscar alla carriera. Ogni sua colonna sonora meriterebbe un Oscar! Veramente un musicista tutto tondo. Ho un’ammirazione sconfinata anche se ogni tanto ci scontriamo a causa della diversità dei nostri caratteri. Pensa che una volta mi chiama per chiedermi di sostituire un flautista ammalato in una registrazione. Il flauto è uno strumento complesso con settecento ottave che non ho studiato e non è proprio facile improvvisare, in più in quel periodo ero incinta. Veramente non c’erano le condizioni ma sono andata ugualmente per rendere onore a questo grande artista. Me la sono poi cavata abbastanza bene.
Quanto a Zingarelli, gli devo molto. Pensa, non ha mai voluto cambiare una virgola di quanto da me composto.

CS: L’essere compositrice – quindi donna – può avere portato nell’ambito del genere western un qualche valore aggiunto?

NO: Io direi proprio di no. La musica applicata all’immagine ha una sua logica visiva e non cambia se hai il fiocco in testa o indossi i pantaloni, cosa – tengo a sottolineare – che io ho sempre rifiutato.
Un regista di cui ora non ricordo il nome, un giorno mi chiede: “Nora, ma come mai le musiche dei western sono tutte uguali?” ed io rispondo “Ti rovescio la domanda: ma perché voi registi proponete una rappresentazione estetica di questo genere di film che non riesce a precludere da elementi distintivi come cowboy, saloon, armi, stivali, speroni, canyon e quant’altro?” La musica non fa altro che seguire e adattarsi alle atmosfere! Non è pensabile che scriva per un western un tema dal carattere di valzer viennese!

cover il dolce corpo di deborah

CS: Pensi che il genere thriller in generale o sexi-thriller come nel caso specifico di Il dolce corpo di Deborah (Romolo Guerrieri, 1968) offrano un maggiore spazio inventivo rispetto al western?

NO: Assolutamente si. In qualche modo il western è molto codificato e si muove quasi sempre su canoni prevedibili e scontati e di conseguenza anche la musica segue questo particolare universo e finisce per esserne condizionata.
In un thriller in genere troviamo trame con situazioni, ambienti, atmosfere e caratterizzazioni psicologiche di personaggi molto più disparati che consentono al compositore di ricorrere con una certa libertà alla propria fantasia tematica e timbrica.

CS: Ci parli di Robby Poitevin?

NO: Il mio grande amore! Una persona eccezionale, abbiamo veramente trovato una simbiosi e una comprensione reciproca totale. Fantastico, bravo, simpatico, educato. Poi purtroppo a un certo punto è sparito e non ho più avuto sue notizie. Ha diretto molte mie musiche e ha cantato nel mio coro. Un rapporto artistico intenso e indimenticabile.

CS: In diversi film western hai inserito brani cantati da voci femminili non accreditate nelle edizioni discografiche. A chi affidavi questo compito?

NO: La voce doveva in generale svolgere il ruolo di cantore più che di cantante altrimenti avrei dovuto comporre una canzone su misura per la sua voce. L’utilizzo della voce non è che volesse trasmettere allo spettatore un determinato significato quanto era piuttosto parte della rappresentazione sonora di una mia idea musicale. Un grande ruolo in queste occasioni lo ha spesso ricoperto mia sorella Paola con la sua voce bellissima cui mi sento profondamente legata. Quasi come sorelle siamesi. Lei ora vive a Milano. E’ stato un rapporto artistico bellissimo.

CS: Paola è stata un membro del quartetto poi diventato coro a 8 voci?

NO: Scherzi! Siamo diventati addirittura 120! Ma non era un coro di massa. Avevamo tantissimi impegni e io dovevo coordinare e distribuire i vari componenti a seconda dei vari impegni: Rai (balletti e rivista), RCA, Fonit Cetra, Teatro, Festival etc. Quindi magari 4 da una parte, 8 da un’altra e così via a seconda delle esigenze che si presentavano.
Succedeva spesso che mi venivano avanzate richieste nominative di singoli elementi che io rimandavo puntualmente al mittente sottolineando che li avrei scelti io personalmente in base alle necessità timbriche che si presentavano per i differenti impegni. Sai, magari, mi veniva richiesta una ragazza non per particolari specifiche vocali ma per altre virtù. Se le due cose alla fine si associavano ero in realtà ben contenta!

CS: E Johnny Yuma?

NO: Parla la musica…(si lancia con grande pathos al pianoforte ed esegue il tema principale, Ndr.)

CS: Nel film 10.000 dollari per un massacro hai elaborato una colonna sonora che prevedeva l’impiego di uno strumento particolare come il theremin, un caso unico per un western. Come è nata quella scelta?

NO: Onestamente non ricordo bene. Sono trascorsi tanti anni. Sicuramente in quel momento per particolari sequenze del film avevamo bisogno di un sound che si avvicinasse a quello di un sintetizzatore che il theremin è in grado di produrre.

CS: Come procedeva il rapporto con le varie componenti della realizzazione filmica, in particolare con i registi?

NO: Ero sicura di me stessa, ambiziosa e, devo ammettere, a volte anche presuntuosa. La cosa funzionava nel seguente modo: io consegnavo la partitura che tassativamente non poteva essere alterata o tagliata per nessun motivo! Nessun compromesso, anche a costo di diventare antipatica! Io del resto non mi sarei mai permessa di criticare una sequenza di un film.
In genere, prima di comporre analizzavo la sceneggiatura, valutavo gli attori protagonisti nei loro segni comportamentali per uno studio analitico in un processo rivolto a tradurre in affinità composizione e immagine.
Il vero incubo in questo lavoro è che in genere quando nella lavorazione del film si arriva alla musica, non si sa come, cominciano a circolare voci che i soldi a disposizione sono finiti. Devo ammettere che in alcune occasioni ho contribuito personalmente alle spese per la sala di registrazione. Grosso problema che sta diventando anche ai nostri giorni sempre più acuto con crescente scarsità di colonne sonore originali.

CS: A questo riguardo: come giudichi il crescente ricorso da parte dei registi all’impiego di compilation di autori classici o a serie di brani composti da grandi musicisti come ad esempio Arvo Paert, che sembra essere particolarmente amato?

NO: La bella musica non esiste più! L’abbiamo scritta tutta noi… scherzo ovviamente! Mi è difficile rispondere in modo astratto. Dovrei poter valutare se la scelta del regista risulta appropriata e la musica riesce o meno a interagire in modo incisivo ed efficace con le immagini

CS: Il montaggio della musica in un film è sempre un passaggio delicato per il difficile equilibrio da trovare con dialoghi e rumori.

NO: Ti dirò, non ho quasi mai avuto problemi. Mio marito Franco mi ha sempre aiutato. Franco possiede una grandissima competenza e un raffinatissimo orecchio musicale oltre ad una formidabile percezione delle lunghezze. E’ stato particolarmente prezioso anche negli spot pubblicitari in televisione.
Devo ammettere che a volte mi ritrovavo con un bel passaggio musicale coperto da colpi di pistola o dal rullio di zoccoli di cavallo. La mia reazione era del tipo “…peggio per loro che perdono un bel pezzo di musica sommergendolo con squallidi rumori…”. Penso comunque che il fatto che la musica in alcuni casi venga ingoiata da altri rumori sia normale nel cinema e vada accettata da chi vuol lavorare in questo ambito, anche se a volte è difficile da digerire.

CS: I tuoi rapporti attuali con le case discografiche.

NO: Non ho più rapporti con le case discografiche dal 1993.

CS: Ci parli della tua attuale attività didattica?

NO: Nel 1997 ho avuto uno spiacevole inconveniente con la Rai. Per una nota trasmissione mi hanno commissionato le musiche per un gruppo di 8 + 8. Il giorno precedente alle prove mi telefonano informandomi che per tagli di budget il gruppo doveva essere ridotto da 16 a 8 elementi. Quando mi presento negli studi mi ritrovo quattro uomini e quattro donne stranieri a me totalmente sconosciuti. Quando mi viene riferito che sono le voci con cui dovrei lavorare la mia reazione è stata: “Signori sapete che cosa c’è? Giro i tacchi e me ne vado!” Devo dire che la Rai ha rispettato la mia decisione e non ci sono state conseguenze legali. Devo aggiungere che sono grata alla Rai per il lungo rapporto artistico che abbiamo avuto. Comunque, da quel momento ho deciso di chiudere con radio e tv e mi sono concentrata sull’attività didattica e sulla mia scuola che ho intitolato ‘La bottega delle note’. Al riguardo tengo a dirti che insieme ai miei studenti abbiamo di recente realizzato degli arrangiamenti vocali sulle note di brani classici di vari autori fra cui Bach, Mozart, Beethoven e Rossini conferendo loro una veste ritmica moderna nei tempi di blues, tango, valzer e anche bossanova.
(Nora ci fa ascoltare al pianoforte con la sua voce l’arrangiamento del Corale “Jesus bleibt meine Freude” dalla Cantata di Bach BWV 147 (“Herz und Mund und Tat und Leben”) ricondotto in modo geniale nella forma di spiritual)

CS: Nel corso della tua carriera hai collaborato con grandi cantanti: Battisti, Fidenco, Morandi, Modugno…
Hai qualche particolare ricordo legato a quel periodo ricco di incontri musicali?

NO: Il ricordo più bello è sicuramente l’intenso rapporto artistico avuto con Domenico Modugno, veramente una persona profonda e raffinata. Nel 1967 poi ho vinto il premio per la migliore musica per le pubblicità di Carosello. Ho spesso composto per questa storica trasmissione televisiva di prima serata sia con le voci del quartetto, singola voce e partitura musicale. Un ricordo singolare di quel periodo è stato anche il mio incontro casuale con il pianista Arthur Rubinstein. Eravamo nella sala di registrazione della RCA a Roma. Stavo suonando per incidere un breve brano e lui – in un intervallo della sua registrazione - si è fermato ad ascoltarmi. Al mio saluto “Quale onore, grande maestro!” lui replica “Maestra tu bambina! Tu sei bravissima!”…”Maestro erano solo poche note” replico io “Basta solo una nota, mia bambina…”. Segue un intenso abbraccio.
Un altro grande ricordo è legato al Teatro con la storica e amatissima commedia Rugantino di Garinei e Giovannini con Nino Manfredi, Bice Valori, Lea Massari, Aldo Fabrizi, Armando Trovajoli, nelle varie versioni in cui abbiamo partecipato con il Quartetto 4 + 4. Lo spettacolo ha avuto un successo enorme ed è stato rappresentato in vari continenti. Pensa che sono andata all’estero sempre mal volentieri, malgrado avessi un fratello che era direttore generale della Pirelli a New York, non sono mai voluta andare. Avevo in Italia la mia famiglia e il mio lavoro e non c’era verso di muovermi. La mia attività teatrale è stata comunque abbastanza esigua. Non sopportavo l’estenuante lentezza e staticità delle prove che spesso mi faceva trovare in stressante conflitto con i miei altri numerosissimi impegni, specie nel cinema e in televisione.



Ringraziamo profondamente il Maestro Orlandi per la grande disponibilità e calorosa accoglienza.

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