“Una grande lezione di musica per film” – Parte Quattordicesima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Quattordicesima

Colonne Sonore procede speditamente nel dare una risposta alle varie richieste dei nostri lettori che studiano composizione e che sperano di diventare un giorno compositori di musica per film, facendosi aiutare da coloro i quali lavorano in prima persona nell’Ottava Arte, componendo musica applicata: i compositori di Film Music hanno risposto a sei domande che la nostra redazione ha creduto importanti ed esaustive sul come divenire autori di musica per film.
Ecco a voi la quattordicesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno dato risposta per aiutare i futuri giovani colleghi che si confronteranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



Simone Cilio (compositore di Badsville, Art of Deception, la serie tv The Reaping)

1) L’approccio alla creazione di una colonna sonora, dal mio punto di vista, cambia sempre ed è proprio questo che mi fa innamorare ogni giorno di più del mio lavoro. Molte volte le idee arrivano già dalle prime chiacchierate con i registi e produttori, altre volte dalla lettura della sceneggiatura; questo si riferisce al tipo di impronta da dare alla musica, se totalmente orchestrale, elettronica o un ibrido delle due. Sicuramente questa è la parte che più preferisco perché adoro scambiare idee e cercare di dare un’identità musicale ai personaggi che poi vedremo sullo schermo e tutto questo accade solo grazie al lavoro di squadra tra compositore e regista. Per quanto riguarda, invece, la creazione dei temi potrei non finire mai perché non amo avere degli standard, l’idea può arrivare da una passeggiata con il mio cane, da una serata con gli amici e così via.

2) Prima di rispondere a questa domanda ci tengo a dire che sono un tech-addicted, amo tutto ciò che riguarda la tecnologia e il mondo che la circonda. Come hai già detto tu, nel panorama indipendente è davvero raro riuscire a lavorare con un organico orchestrale, tranne che per qualche musicista solista, quindi le varie librerie e i software ci danno la possibilità di creare mock-up estremamente fedeli. Io uso moltissime librerie che vanno da Spitfire Audio e Orchestral Tools a Auddict e Cinesamples. Per quanto riguarda synth e sound design amo l’analogico e faccio diversi esperimenti con i miei synth in studio. Non sto qui a dire se sia meglio lavorare con le librerie oppure con musicisti perché ovviamente è un paragone impossibile da fare, con questo voglio dire che la tecnologia negli ultimi 10 anni ha fatto passi da gigante e questo ci dà la possibilità di far ascoltare ai produttori ciò che abbiamo in mente per il film in modo veloce e con risultati che non sono niente male parlando di librerie virtuali.

3) Dalla sceneggiatura cerco di trarre tutti quei dettagli che poi saranno difficili da cogliere a film ultimato e soprattutto le prime idee che mi porteranno ad un tema principale. Da lì, entrando in fase di montaggio, lavoro per rulli e solo dopo la sessione di spotting comincio a dare vita alla vera e propria colonna sonora. Per quanto riguarda il rapporto con il regista, come detto prima, è estremamente importante perché si tratta di un lavoro di squadra, ogni aspetto per me è fondamentale, l’obiettivo finale è dare dignità alla mia professione e avere un team soddisfatto del lavoro svolto. Temp track? Lasciami dire che sono un po’ una rovina, mi è capitato di lavorarci e il problema principale è che il film si ritroverà senza un’identità propria e un linguaggio musicale unico proprio perché mette il compositore alle strette e cerca in tutti i modi di non deludere le aspettative o l’idea originale del regista. Vorrei solo dire a registi e produttori di essere più coraggiosi da questo punto di vista e lavorare più a stretto contatto con i compositori, anche in fase di montaggio, perché non vi deluderanno mai.

4) Diciamo che le difficoltà compositive me le vado a cercare io e mi riferisco ad un cortometraggio a cui ho lavorato qualche mese fa intitolato Withheld diretto da James Bowsher. Discutendo via Skype, prima ancora di girare il film, siamo arrivati alla conclusione che avrei lavorato alla colonna sonora senza avere il montato ma semplicemente usando le tracce audio di dialoghi e SFX. Tutto questo mi ha permesso di sfruttare al massimo le abilità vocali degli attori come cambiare tono di voce, intensità e timbro invece di rifarmi all’espressione. Non ho visto una scena di montato fino a quando non siamo arrivati alla colonna sonora definitiva. Una sfida che non dimenticherò e che mi ha fatto capire quanto siano importanti i suoni e non solo i volti o i movimenti di camera. Prossima sfida? Il contrario, lavorare guardando solo il montato senza avere tracce audio!

5) Il mio strumento è la batteria, suono la batteria da quando avevo 6 anni e durante questi anni ho fatto parte di diverse band. Sono sempre stato impressionato dalla musica per film sin da piccolo, prestavo già attenzione ai temi, alle atmosfere che i compositori creavano in determinate sequenze, ma lì per lì non avrei mai immaginato che dopo qualche anno mi sarei cimentato io stesso nella creazione di una colonna sonora. Durante il periodo dell’adolescenza mi ritrovai davanti un controller MIDI a 49 tasti e un PC con una libreria di pianoforte e devo dire che mi si è aperto un mondo. Studiavo i grandi compositori e i loro suoni per cercare di creare mock-up fedeli, ho pure lavorato a 2 album strumentali, ma non mi sono mai sentito abbastanza sicuro da mandare il mio materiale a qualche regista. Ho trovato il coraggio e la forza di fare questo passo grazie alla nascita di mio figlio Edoardo. In quel momento ho deciso di buttarmi a capofitto e sono stato ricontattato immediatamente da un paio di ragazzi dell’Accademia delle Belle Arti di Roma e in quel caso ho lavorato al mio primo cortometraggio, Next To Me. Dopo quel corto c’è stato un crescendo fino ad arrivare a ciò che sono adesso. Per questo ringrazio Edoardo, mia ispirazione sopra ogni cosa.

6) Sicuramente vedere pubblicata una colonna sonora su CD fisico riempie il cuore d’orgoglio, è l’emblema e la chiusura perfetta per un duro lavoro durato mesi; il profumo della stampa, il libretto con i ringraziamenti e le curiosità sulla creazione del lavoro sono gioia pura per un compositore. Il digital download e internet in generale, al contrario, ti permettono di arrivare in ogni angolo del mondo. Sicuramente far ascoltare alle produzioni qualche mio vecchio lavoro è davvero semplice rispetto ad una spedizione per posta di un CD fisico. Sono in contatto con diverse etichette e spero entro la fine dell’anno di pubblicare su CD fisico e digital stores 3 dei miei lavori: i lungometraggi Badsville diretto da April Mullen e Art of Deception diretto da Richard Ryan e la prima stagione della serie TV The Reaping da Roberto D’Antona.



Enrica Sciandrone (compositrice di Rudy Valentino, il divo dei divi) - prima compositrice italiana a essere nominata per il Sabam Young International Composer Award all’interno dei World Soundtrack Awards in Ghent.

1) Diciamo che non ho mai una metodologia definita, perchè dipende a che stadio sono chiamata a intervenire. A volte vengo coinvolta in fase di sceneggiatura, altre - più di frequente- a film ultimato. Nel primo caso ho la possibilità di sperimentare e di trovare delle soluzioni senza le costrizioni dei tempi cinematografici; e il più delle volte finisce che il film viene montato sulle musiche. Nel secondo vado alla ricerca della scena più importante nella narrazione, quella in cui la musica ha peso. Da lì nasce tutto. Non amo le colonne sonore “pot-pourri” con tanti temi e tante idee diverse. Sarà la mia impostazione “classica”, ma mi piace lavorare sulle derivazioni tematiche, trasformare un tema musicale in mille modi diversi, creare un mondo sonoro che sia coerente con sè stesso. Trovo che questo sia, infatti, il segreto di tante colonne sonore di successo.

2) Beh, il più delle volte sono scelte creative. Di recente ho completato due colonne sonore usando davvero pochissime risorse (un quintetto di archi e piano per il corto Agata, di Giacomo Boeri e con Michela Cescon, e sette strumenti per il più recente lungometraggio Rudy Valentino di Nico Cirasola, attualmente in postproduzione). Sono una inguaribile orchestrale, ma c’è da dire che certi film non hanno bisogno dell’orchestra, e bisogna imparare a riconoscere quando non è il caso di usarla. Trovo affascinante il modo in cui il suono cameristico dia spazio alle individualità dei singoli musicisti: in qualche modo la musica sembra avere una individualità più marcata, come se “uscisse fuori” un pò di più. Anche quello, è qualcosa però che non sempre si è liberi di fare.
Per motivi di budget o tempo mi è capitato di dover scendere a compromessi: ma il più delle volte ho cercato sempre di inserire qualche elemento live - anche solo due violini in overdub per rafforzare le linee melodiche. A volte la musica che scrivi te lo permette (il genere epico si presta molto alla realizzazione elettronica, ma di certo non quello romantico!), altre volte bisogna o lasciar perdere il progetto o rimettersi in discussione. In un cortometraggio del 2015, Skinship di Nichola Wong, mi era stata richiesta una musica con orchestra e piano. Ma visto che il progetto era molto delicato, ho cambiato le carte in tavola proponendo una partitura per piano ed elettronica - elettronica molto elegante, morbida. E’ stato un successo.

3) In genere, quello che vado a cercare è la chiarezza del messaggio cinematografico. Le mie tipiche domande con i registi sono: cosa manca al film che non può esser detto se non in musica? Qual è l’idea portante, quel minimo comune denominatore che è poi il nocciolo del film? Più i registi mi danno risposte non musicali (colori, oggetti, cose anche insensate) meglio è per me per inquadrare quello che poi io vado a interpretare musicalmente; è un pò un lavoro da... psicologo. La temp track la trovo di grande aiuto, in realtà: ovviamente non è una situazione ideale, ma di fatto toglie al compositore tanto tempo e domande in più. Quello che può problematico è chi sta dietro alle temp: se il regista non ha le idee chiare, e continua a chiedere un brano simile ma non uguale, ma non troppo diverso... c’è poco da fare!

4) Non riesco a pensare a uno score problematico, forse sono stata molto fortunata. Beh, però ultimamente ho avuto una situazione molto complicata: non dirò il film, ma era stato suonato in scena un brano che erroneamente era ritenuto libero da diritti... salvo che, andando a spulciare nei meandri della legislazione musicale, c’era un piccolo rischio per il quale il produttore decise di optare per una sostituzione con musica mia. Il problema era duplice: da una parte, i tre musicisti erano dei dilettanti, da sagra di paese insomma, dall’altro erano inquadrati abbastanza da vicino. Come ho fatto? Innanzitutto ho fatto un tema che fosse simile ma non troppo, con simile andatura melodica nei passaggi di close-up; ho dovuto poi fare una mappatura del tempo della loro esecuzione sbilenca, in alcuni casi prevedendo dei “pezzetti” di frase in tempi metronomici diversi - con delle pause per aiutare i musicisti ad adattarsi al nuovo tempo - che poi sarebbero stati ricomposti in post. Lo scoglio maggiore che avevo era a questo punto chiedere ai musicisti, tutti fantastici, in sala, di suonar “male” (credo che in partitura scrissi a un certo punto ‘suonare come uno studente al primo anno’ o simile). Me la sono cavata in un solo take (appunto, perfetta per la scena perchè... imperfetta).

5) Non l’ho capito bene da subito, ma credo che sia stato meglio così. Un pò era nell’aria musicale che respiravo in Conservatorio: la mia insegnante di piano, Gilda Buttà, oltre che fantastica pianista e grande amica, è forse la pianista più richiesta dai grandi nomi italiani (Morricone, Ferrio, Piovani... ma la lista è davvero lunga). Il mio insegnante di composizione, Antonio Di Pofi, ha lavorato molto per la TV e il cinema. Poi c’è stato l’incontro con Bacalov durante i suoi corsi alla Chigiana nel 2005. Da lì, e grazie a una serie di persone incontrate in quegli anni che mi incoraggiarono in quella direzione (ringrazio tra tutti il compositore Maurizio Malagnini e il musicologo Sergio Miceli) la mia vita ha preso una direzione molto più selettiva. Dopo aver ricevuto una borsa di studio per frequentare il Master in Composition for Screen al Royal College of Music mi trasferii a Londra, otto anni fa, e da lì ho costruito la mia carriera.

6) Amo tutto ciò che è tangibile,... ma siamo onesti: quante persone hanno ancora un lettore CD in casa? (intendiamoci, io ce l’ho, e anzi medito di espandere al vinile)
Nessuno può bloccare il ritmo del progresso. Però se volete ho un aneddoto simpatico: l’anno scorso ero ancora convinta che fare un CD promozionale fosse una carta di presentazione migliore, e quindi andai a un festival munita di alcuni CD con la mia musica. La maggior parte delle persone a cui chiedevo se volesse che io lasciassi loro un biglietto da visita o il CD, mi rispondeva “no grazie solo biglietto perchè non ho più il lettore CD”. Distribuii qualche CD, pochi. Il giorno dopo, mi arrivò la mail di questa produttrice entusiasta, perchè aveva sentito il mio CD di continuo mentre lavorava ai suoi progetti. Insomma, una bella rivincita!

Andrea Bellucci (compositore di Surrounded, Stalking Eva, il documentario Rai Missione spazio, Don’t Listen, Left 4 Dead - The Movie, le musiche addizionali di Questo è il mio paese e Non essere cattivo)

1) Il primo passo, il più importante, consiste nel capire le necessità del regista e/o del produttore per il film/gioco/video in questione. Subito dopo entra in gioco la sceneggiatura; è importante non solo conoscere bene la storia ma anche capire i suoi punti forti, magari apprezzarla e restarne coinvolti, per avere più stimoli creativi possibili. La fase di scrittura vera e propria, per me comincia dalla scelta delle sonorità, cioè dei timbri e del sound globale, che costituiranno una sorta di marchio del prodotto. Ovviamente la stessa importanza va data al tema, o ai temi creati appositamente, ma secondo me le due cose sono correlate e sullo stesso livello, anche in quelle sonore esclusivamente orchestrali, o particolarmente elaborate dal punto di vista compositivo. Faccio un esempio veloce: Il “Main Theme” di Star Wars è riconoscibile dalla prima nota, ma lo sarebbe lo stesso se invece dell’orchestra, e specialmente degli ottoni, ascoltassimo un synth o una chitarra elettrica?

2) Stiamo passando un periodo dove il pericolo di affidarsi esclusivamente ai campioni virtuali è crescente, sia da parte dei registi che da parte dei compositori. Personalmente lavoro moltissimo con le librerie, e le conosco ormai bene, ma nulla di tutto ciò può sostituire un musicista “reale”. Detto questo, è importante sapere sfruttare al meglio ciò che la tecnologia ci offre: per questo può capitare che alcune parti vengano lasciate virtuali, spesso capita con le percussioni orchestrali, o che piccoli raddoppi o sonorità in background vengano affidati ai campioni (pensiamo a un leggero tremolo di violini, che magari va soltanto ad arricchire un pezzo più elettronico o ibrido). In ogni caso, secondo me la cosa migliore da fare è quella di cambiare l’orchestrazione e l’arrangiamento del pezzo: se non si ha una orchestra si possono usare tanti altri strumenti e soprattutto dal punto visto creativo non si hanno limiti, perciò è bene conoscere le alternative, che vanno dai synth software, synth hardware, synth campionati, ma anche pratiche meno “musicali” come il sound design.

3) Ho sempre giudicato la reference, o temp, come un ponte che possa collegare le idee filmico/musicali del regista con quelle del compositore. Può capitare che il regista si affezioni troppo alle tracce provvisorie appoggiate sulle immagini, in quel caso la situazione si fa delicata, perché, per la seconda volta, devi convincere il cliente che la tua musica possa essere perfetta per il suo film. In molte circostanze poi la temp offre uno spunto o una ispirazione, dal quale è bene però scostarsi al più presto per arrivare a un’opera originale e personale. Mescolando questi fattori, si riesce (con più o meno fatica) a passare attraverso la sceneggiatura, il montato provvisorio e il definitivo, cercando di mantenere fermo l’obiettivo principale, che è quello di collaborare per raccontare una storia, mettendoci del tuo, non ricalcando idee altrui, ma facendo tesoro di ciò che vedi e di ciò che il regista ti fa ascoltare con la temp track. Ancora una volta, è importante capire le necessità del regista: se ha bisogno di una colonna sonora sinfonica, posso portarlo per gradi a convincersi che sia possibile un’altra chiave di lettura, ma devo rispettare i suoi tempi di “assimilazione della musica” e le sue idee, e devo quindi passare per gli step di cui ho parlato prima; non posso proporgli subito un’idea totalmente diversa, perché sarebbe come travisare ciò che mi ha detto ed allontanarsi da ciò che lui pensa (in quel momento) sia la scelta migliore.

4) Nel mio primo lungo, è successo che durante le fasi iniziali scrivessi troppa musica, e troppo elaborata: serviva un approccio più minimal, ma all’inizio non riuscivo a capirlo. L’inghippo è stato risolto semplicemente continuando a dialogare col regista, cercando di capire il suo punto di vista, e valutando se, effettivamente, fosse o meno una scelta valida per me. Penso che, per ogni difficoltà che si possa incontrare in questo lavoro, la soluzione migliore sia il confronto e l’ascolto dei collaboratori, e soprattutto l’elasticità mentale di accettare un cambio o anche uno stravolgimento della propria musica. Altrimenti è meglio fare musica assoluta.

5) Come nelle migliori storie d’amore, è successo tutto per caso: dovevo preparare degli esami complementari per il corso di pianoforte al conservatorio, che facevo da privatista (avevo 18 anni). Ho quindi cercato un insegnante, il quale mi ha preparato per l’esame di armonia complementare; nel frattempo mi parlò di alcuni “nuovi” corsi in conservatorio, tra cui “musica applicata”. Informandomi un po’, visto che tra l’altro avevo appena deciso di frequentare Musicologia al DAMS (dove ovviamente si studia anche cinema), ho realizzato che quel tipo di musica non solo era affascinante e meravigliosa da ascoltare, ma che per il mio modo di ragionare si confaceva perfettamente ai miei istinti compositivi. Decisi quindi di studiare ancora privatamente composizione e preparare l’ammissione alla specialistica di composizione per la musica applicata (prova abbastanza dura in quanto devi dimostrare, in poche prove e poche ore, le stesse conoscenze di un diplomato in composizione… e il corso tradizionale con diploma, ormai chiuso, durava 10 anni…). Nel frattempo, già da studente, ho cominciato a scrivere per qualche progetto, e da lì non ho più smesso…

6) Vedere un proprio lavoro pubblicato e su uno scaffale è sicuramente motivo di orgoglio; la stessa sensazione ed emozione io la provo quando vedo una pagina di iTunes o di altre piattaforme dove sono presenti alcune delle mie tracce. Non credo cambi molto.

FINE QUATTORDICESIMA PARTE

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