Carlo Virzì, la ‘Voce’ fuori dal coro – Intervista esclusiva

Carlo Virzì, la ‘Voce’ fuori dal coro – Intervista esclusiva

La fratellanza artistica, oltre che biologica, che lega Paolo e Carlo Virzì ha prodotto uno dei più interessanti esperimenti di sinergia cinemusicale che si registrino all’interno di quel genere tutto particolare della nostra produzione che è la commedia. La particolarità – come spiegavamo nell’occuparci di La pazza gioia, loro fatica più recente e applauditissima a Cannes oltre che nelle sale italiane – risiede soprattutto nell’istintivo, non cerebrale o spocchioso bensì spontaneo rifiuto di tutte le trappole e i luoghi comuni che purtroppo infestano da decenni questo genere in salsa nostrana; al loro posto vige un umorismo sottile e malinconico, una riflessione mai banale sulla società italiana nel cruciale evolversi (o meglio, involversi) dell’ultimo ventennio, una mescolanza di stili, toni e colori sapiente e non confusiva, una capacità di trarre il meglio da un parco attori sensibili e ricettivi.

In altri termini, sono estranei al cinema dei livornesi Virzì Bros. sia il tono comiziale o altezzoso che il facile moralismo, non meno che la volgarità da curva di ultrà o il barzellettismo da discarica: il loro è un linguaggio gentile ma fermo, amaro ma sorridente, molto toscano ma mai bozzettistico. E di tutto questo, da quel ’97 di Ovosodo, Carlo Virzì è la “voce”, il senso, il linguaggio musicale assolutamente significativo.
Più giovane di otto anni di Paolo, Carlo è il classico esempio di come la musica per film italiana contemporanea possa tranquillamente attingere al mondo del rock senza per questo diventare un elenco di compilation o un generico baccano discotecaro. La sua formazione avviene infatti all’interno della band indipendente degli Snaporaz, formatasi a Livorno nella metà degli anni ’90, in attività per circa un decennio e di cui Virzì è stato chitarrista e cantante. Gli Snaporaz si caratterizzano soprattutto per due elementi: primo, mescolano i generi più diversi senza alcun atteggiamento reverenziale né tantomeno imitativo. Nel loro sound si avvertono echi del pop inglese, della musica latina e della tipica melodia italiana, mescolati e contaminati reciprocamente con grande attenzione linguistica e all’insegna – ed ecco il secondo fattore – di una costante, intelligente e mai prevaricante ironia. Caratteristiche che spingono Paolo Virzì a rivolgersi a loro per Ovosodo e il successivo Baci e abbracci, nonché poi, da My Name is Tanino sino al film più recente (con rare e motivate eccezioni), al fratello Carlo per le sue colonne sonore. In queste partiture si nota l’attenzione del compositore alle atmosfere più che agli effetti, cercate e conseguite con l’accorto uso degli strumenti solisti (compresi i classicissimi violino e violoncello, o il pianoforte), e con un continuo contrappunto di temi spesso brevissimi ma strettamente intrecciati. Non secondario è anche il ruolo più ampio che Carlo Virzì ricopre nel cinema, essendo egli stesso anche sceneggiatore e regista in proprio – oltre che naturalmente compositore – di due film: il toccante, delicato L’estate del mio primo bacio (2006), raro e sensibile ritratto di un’adolescente che ricorda quasi la tenerezza agrodolce del cinema di Antonio Pietrangeli, e il semiautobiografico I più grandi di tutti (2012).
Questa esperienza polivalente nel mondo del cinema consente a Carlo Virzì una perfetta padronanza dei “tempi” ora comici ora drammatici del fratello, senza mai alzare i toni né indulgere all’enfasi, ma disegnando impalpabili ragnatele sonore capaci di aprirsi ora a oasi cameristiche quasi settecentesche ora a disinibite e gagliarde – ma consapevoli e spesso beffarde - movenze rockettare. Perché di una cosa si può star certi: le colonne sonore di Carlo Virzì non sono solo canzonette.

Colonne Sonore: Quando nasce Carlo Virzì compositore?

Carlo Virzì: Ho sempre scritto canzoni, più o meno mediocri, fin da bimbetto. Ho avuto la fortuna di aver suonato in svariati complessini, ma anche in band di dignitoso livello, vivendo la stagione dei vent’anni come meglio può uno che ama la musica e strimpella degli strumenti. Poi man mano la passione per l’arrangiamento e l’orchestrazione mi ha spinto a interessarmi sempre di più all’aspetto strumentale delle canzoni; fino a far scomparire del tutto la parte letteraria che, ripeto, non era il mio forte.
La prima esperienza nel campo delle colonne sonore è stata circa vent’anni fa, durante la lavorazione di Ovosodo, film in cui ricoprivo il ruolo di responsabile casting e assistente alla regia. Successe che mio fratello Paolo orecchiò alcune cose che stavo facendo con la mia band dell’epoca, gli Snaporaz, e si mise in testa che fossero perfette per il film che stavamo facendo, e che avrebbero contribuito a dare una specie di energia di provincia, naif, al racconto. Così facemmo. Il maestro Battista Lena, che aveva lavorato con Paolo nel film precedente, Ferie D’agosto (colonna sonora che reputo in assoluto la migliore di tutti i film di Paolo) realizzò una sostanziosa parte della colonna sonora, mentre noi contribuimmo con i nostri brani alla suddetta ‘energia’ di provincia. Posso mettere un emoticon? :) Vedere Battista Lena all’opera è stata l’occasione per imparare un sacco di cose. Cose che poi ho fatto fruttare nel lavoro successivo.
In Baci e abbracci infatti, con gli Snaporaz, affrontammo una vera e propria colonna sonora sotto tutti gli aspetti, coi temi, i momenti buffi, o magici, o commoventi, seguendo le indicazioni precise di Paolo, che se solo avesse un pò di pazienza riuscirebbe anche a farsele da solo le colonne sonore.

CS: Cosa hai trasferito dell’esperienza con gli Snaporaz nel tuo lavoro per il Cinema?

CV: L’approccio, che in linea di massima è sempre mosso da uno spirito ludico, giocoso e di scoperta. Il gusto a giocare coi suoni viene dalle giornate passate con loro, con tutti gli strumentini e gli aggeggi che ci capitavano tra le mani. Come succede in quasi tutte le band che esistono da sempre nel mondo. Ultimamente mi è capitato di lavorare ad alcuni film dove questo spirito è uscito di nuovo fuori più del solito, mi riferisco a Se Dio vuole di Edoardo Falcone e a Tutto quello che vuoi, il nuovo film di Francesco Bruni, che è stato appena ultimato e uscirà nella prossima stagione.

CS: Come si sviluppa la collaborazione tra fratelli? Paolo fa richieste particolari o si fida ciecamente dei tuoi consigli e idee?

CV: Il metodo non è stato sempre lo stesso per ogni film. Viene fatto un discorso molto ampio sulla musica, e già durante la fase di scrittura del film provo a proporre alcune suggestioni e inizio subito a lavorare. E’ anche successo che alcuni dei “provini” finissero per essere diffusi sul set durante le riprese, per dare il giusto ritmo agli attori o per suggerire la durata di un movimento di macchina da presa. Ma è successo anche che da un’idea iniziale si sia poi arrivati a soluzioni totalmente agli antipodi.

CS: Cosa è mutato nel tuo sodalizio con Paolo dai tempi del vostro primo film insieme, Ovosodo del 1997, accreditato col tuo gruppo Snaporaz?

CV: In realtà non è cambiato quasi nulla. Io lo adoro come sempre, e anche lui. Siamo solo un pochino più attempati, e pelati.

CS: In totale sono sette le pellicole che ti hanno visto coinvolto musicalmente con tuo fratello Paolo (Ovosodo, Baci e abbracci, My Name is Tanino, Caterina va in città, La prima cosa bella, Il capitale umano e La pazza gioia): quali ritieni che sia la partitura che meglio rappresenta il tuo stile e che ha servito perfettamente le immagini del Cinema di tuo fratello?

CV: Sono molto affezionato alla colonna di Baci e Abbracci, per lo spirito con cui è stata fatta; in un casolare di campagna poco distante dal set, con uno studio mobile “apparecchiato” nel piano superiore, con i microfoni tra i letti (che fungevano da pannelli fonoassorbenti se opportunamente ribaltati), coi microfoni quasi sempre accesi, e tanta improvvisazione; spesso scambiandosi strumenti. Una soddisfazione grande fu quando un giorno, entrando nello studio dove stavo registrando la musica de La prima cosa bella, sentii l’orchestra già pronta in sala che si scaldava provando le parti che avevo scritto; si sentivano già dal portone, fui invaso dal benessere; era la prima volta che utilizzavo una vera e propria orchestra, fu un’emozione forte. Ad ogni modo, sento che il lavoro fatto per La Pazza Gioia sia quello che forse mi soddisfa di più, per tanti motivi.

cover la pazza gioia

CS: Intervieni anche tu nella scelta delle canzoni che accompagnano il girato di Paolo?

CV: Sì, spesso. Partecipo al brain storming fornendo ascolti immediati. E’ una delle cose più divertenti da fare con Paolo, che ama così tanto la musica da non badare più di tanto se quello che sta ascoltando è una cosa famosa o proviene da qualche demo di musicisti sconosciuti, gli interessa la musica e quello che può dare al film.

CS: Hai composto le colonne sonore per i tuoi due film da regista, L’Estate del mio primo bacio (2006) e I più grandi di tutti (2012). In entrambi i casi quali sono state le differenze con i tuoi soli lavori da compositore, dato che eri coinvolto come sceneggiatore e regista alle prime opere filmiche?

CV: Nei miei due film, talvolta il risultato è stato un pò confuso. In uno dei due casi però (I più grandi di tutti) mi son salvato con la “parodia”. Io tra l’altro adoro fare i fake, quei brani di fantasia che simulano una musica di repertorio, di qualsiasi epoca e foggia; mi è capitato di sonorizzare tanti tipi di scene, discoteche, centri sociali, centri commerciali, locali, radioline sullo sfondo, oppure scrivere canzoncine motivazionali o jingle aziendali (Tutta la vita davanti). Ma questa dei fake è un’altra storia, così divertente che potrei stare a parlarne per ore.

CS: Parlando del tuo ultimo film con Paolo, la splendida e intensa commedia agrodolce La pazza gioia, la tua ‘forma’ sonora si insinua perfettamente e meravigliosamente nelle psicologie contorte e strazianti delle due straordinarie protagoniste (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti). Da quale sensazione o idea sei partito per arrivare a scrivere una score così aderente alle immagini, donando alle medesime quel quid in più che la musica applicata non si deve mai dimenticare di fare?

CV: Ho la fortuna di lavorare spesso, come anche in questo film, con una montatrice incredibile come Cecilia Zanuso, che ha sempre fatto fruttare le mie cose, anche facendo sostituzioni apparentemente azzardate. Le devo tantissimo.

CS: La tua Musica è rispettosa, respira silenziosamente tra i fotogrammi senza infastidirli, bensì donandogli un’identità forte e chiara, che amplifica la forza stessa della trama, delle interpretazioni e dei luoghi. Come si raggiunge tale caratteristica sonora?

cover la prima cosa bella

CV: In pratica ti ho già risposto. Aderenza totale al progetto, quasi religiosa, che è l’unico modo di lavorare che conosco, e poi soprattutto la fortuna di lavorare con dei geni.

CS: Se ve ne sono, quali sono le tue fonti ispirative quando crei una colonna sonora? I tuoi compositori di riferimento?

CV: Quando sto per iniziare un film, comincio ad ascoltare di tutto, e mi metto a guardare o riguardare film concentrando la mia attenzione solo alla colonna sonora. A volte mi invaghisco di qualcosa che voglio imitare. Ma in genere non riesco ad imitarla quindi viene fuori tutta un’altra cosa, spesso quella giusta.

CS: Per te cosa significa vedere oggi pubblicata su CD fisico una tua colonna sonora, dato che sempre più spesso si vira sul digital download?

CV: Mi fa piacere, ma poi succede che il CD lo infilo nello scaffale e non lo sento mai più. Nel computer invece mi capita più spesso di far partire la mia musica su iTunes o su Spotify (ma che ficata è essere su Spotify?).

CS: Cosa significa per te “Musica per Immagini”?

CV: Boh. E’ quella che non gioca da sola. Ovviamente.

Le prime due foto sono di Paolo Ciriello

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