Da John WIlliams a Sergej Prokofiev: Intervista esclusiva a Stéphane Denève

Da John WIlliams a Sergej Prokofiev: il direttore Stéphane Denève dirige le grandi sinfonie per il grande schermo.

Un concerto sinfonico, diviso in tre date, sabato 28 - lunedì 30 - martedì 31 Maggio 2016 presso l’Auditorium Parco della Musica di Sala Santa Cecilia in Roma (leggi reportage), interamente dedicato ad alcune delle più celebri musiche per il grande schermo: dai temi di John Williams all’opera di Sergei Prokofiev.
L’orchestra Santa Cecilia di Roma, magistralmente condotta da un ispirato Stéphane Denève, travolge con un tributo agli autori che hanno fatto grande il cinema americano ed europeo dello scorso secolo.
Nella prima tranche del programma le Suite sinfoniche complete di John Williams, composte per le pellicole di Steven Spielberg e George Lucas: Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T. e Star Wars.
Nella seconda parte invece l’intera suite di Sergei Prokofiev, composta per la pellicola Alexander Nevski di Sergej Michajlovic Eisenstein.

E’ proprio il direttore francese, affabile e disponibilissimo, a svelarci, in un ottimo italiano, come avviene la preparazione del repertorio da film e quali aspetti sensibili della moderna musica per lo schermo trovano radici nella classica.

Colonne Sonore: Questi concerti ancora una volta ci confermano il successo e la popolarità della saga filmico-fantascientifica di Lucas e il ruolo cruciale rivestito dal commento sinfonico del grande John Williams.
Queste musiche, oltre ad essere incredibilmente affascinanti, attraggono una fascia di pubblico sorprendentemente eterogenea.
Pur essendo potente e immediata, questa musica richiede tuttavia un orecchio colto: può aiutarci, Maestro, a spiegare questo fenomeno? Una musica che appassiona anche i più giovani, ma ha comunque una propria complessità sinfonica.

Stéphane Denève: E’ la forza della musica di Williams, un vero genio della melodia.
Ha inventato melodie universali, forti e di grandissimo pregio, in grado di moltiplicare e potenziare letteralmente l’effetto dell’immagine del film.
Il problema che spesso si riscontra nella musica da film è che è molto atmosferica, ma non sempre sostiene una struttura.
Solitamente ha un impianto armonico in grado di reggere un’autonomia formale di pochi minuti.
Invece Williams, da musicista classico di grande cultura, sa come creare un’ossatura musicale formalmente autonoma, sa come creare un vero poema sinfonico, in grado di sostenere durate molto lunghe.
Le sue musiche hanno una forza propria, anche in assenza dell’immagine.
Ed è un’autentica eccezione, in un campo dove talvolta la musica da film necessita di uno scambio o di un rimando visivo.

foto john williams oggi

CS: Le musiche di John Williams, forse perché veicolano un subconscio visivo e filmico talmente forte, vengono legittimate anche in assenza di immagini.
Le sinfonie da cinema di Williams hanno uno storico che non possiamo ignorare, e questo permette loro di mantenerne intatte, in sede Live, le proprie qualità musicali.

SD: La suite da Incontri ravvicinati del terzo tipo che abbiamo eseguito ieri sera sostiene 13/14 minuti di durata, cosa rara per un brano da film eseguito dal vivo, ed è puro piacere musicale, grazie ad una struttura di prim’ordine.
E’ il banco di prova definitivo per un brano concepito per l’immagine: deve mantenere la propria sostanza musicale anche in assenza della visione in funzione della quale era stato concepito.

CS: I temi sinfonici che abbiamo avuto modo di apprezzare ieri e nelle precedenti serate presso l’Auditorium S. Cecilia non solo hanno affiancato le storie di queste pellicole, ma elevano certamente le pellicole stesse ad una densità di significati infinitamente superiore.
Quanto differisce il suo lavoro del direttore/compositore in relazione al solo ascolto musicale dal vivo, quindi senza la stratificazione sonora di dialoghi ed effetti?
E quanto cambia l’approccio del direttore rispetto ad una partitura classica?

SD: Non cambia niente per me.
Affrontare una partitura di Williams è uguale a quando affronto il repertorio di Prokofiev, una sinfonia di Brahms o di Beethoven.
La procedura per il direttore è sempre la stessa.
La musica di Williams è molto virtuosa, ha tante note, è eccellentemente orchestrata e dunque necessita di molto equilibrio, così da valorizzarne la stratificazione melodica e le contromelodie.
Con l’orchestra lavoriamo tanto sui colori e le dinamiche: quello di John Williams è un vero “signature sound“: uno stile con una propria voce, sulla quale bisogna studiare molto per poterla replicare con autenticità.
Inoltre bisogna intervenire tanto nel lavoro sul “momento musicale“: lavorare per valorizzare un istante tenero o un momento di paura.
L’Orchestra S. Cecilia ha lavorato benissimo: gli orchestrali hanno vissuto questa partitura con lo stesso impegno e precisione con cui avrebbero affrontato una sinfonia classica.

foto deneve

CS: La timbrica delle composizioni del maestro John Williams è dettagliata e potente, evocativa e lussureggiante.
Rispetto alla partitura che abbiamo apprezzato tanti anni fa nei film di Spielberg e Lucas, per questi specifici concerti Lei ha sentito l’esigenza di operare scelte dinamiche, valorizzando la partitura con espedienti coloristici diversi rispetto alla prima versione?

SD: Non cerco mai di fare una copia dell’originale; prendo la partitura, la suono al pianoforte e vado in cerca della mia interpretazione.
Ogni direttore elabora una propria versione, nel rispetto dell’originale, ovviamente.
La musica di Williams ha talmente tanti spunti e dettagli che permette di metterne in luce sfumature sempre diverse, non può esistere una versione univoca.
Ho avuto l’occasione di dirigere un concerto a Philadelphia, mentre Williams si trovava tra il pubblico, e vado fiero del fatto che ha sensibilmente apprezzato la mia interpretazione.
Questo per il puro fatto che ogni autore, come ha osservato lo stesso Williams, prende un’opera e la adatta al suo temperamento.
Non ci sono state forzature derivanti dalla diversità dell’organico del S. Cecilia: gli elementi e le divisioni dell’organico sono assolutamente le stesse della London Symphony che suonò la colonna sonora per il film.
Gli unici accorgimenti derivano dal fatto che la suite musicale di Star Wars da noi proposta in maniera unitaria, nel film era chiaramente frammentata in funzione delle diverse scene.

CS: La scelta di associare nel programma estratti sinfonici di Prokofiev e John Williams, autori storicamente lontani, ci dà modo di apprezzare ancora di più la qualità colta del lavoro di Williams, ma anche di altri grandi della musica per cinema.
Williams ha infatti apportato, nell’ascolto collettivo, orchestrazioni e soluzioni caratteristiche della musica europea dell’Ottocento e del primo Novecento.
Quali influenze del sinfonismo europeo sono apprezzabili secondo Lei nella musica di Williams e nella saga di Star Wars in particolare?

SD: In numerose occasioni ho sentito associare Williams al concetto di “imitatore di Wagner“ o “epigono di Prokovief“; questo è uno sbaglio, perché i più grandi compositori della storia avevano un proprio bagaglio storico e a loro volta imitavano.
Penso alla “Symphonie fantastique“ di Berlioz, moderna e diversa per il suo tempo, e che senza l’influenza di Beethoven e di Anton Bruckner non sarebbe stata la stessa.
Lo stesso vale per John Williams, un uomo di grande preparazione classica, che si è formato alla Julliard School e ha portato nella sua poetica musicale le proprie influenze classiche ed europee.
Per questo ho pensato di accostare il repertorio di Williams e Prokofiev: non solo perché entrambi grandi autori, ma per svelarne e metterne a nudo le somiglianze.
Nella suite di Star Wars ci sono orchestrazioni che ricordano da vicino quelle create da Sergei Prokofiev, compositore che Williams adora.
Nelle musiche della saga ci sono anche chiari rimandi alla poetica Wagneriana, ma questo non esclude che il repertorio di Williams abbia delle qualità musicali proprie e speciali: a partire dal suono, che ha un timbro americano e riconoscibilissimo, sulla cui ricostruzione abbiamo lavorato molto con l’orchestra.
Quando riconosco l’attacco di una sinfonia di Beethoven o di Brahms, accade lo stesso dopo poche battute di un brano sinfonico di John Williams.
Ed è questa la qualità più pura di un grande compositore.

foto prokofiev piano

CS: L’accostamento di musiche che hanno contagiato l’ascolto popolare, come il tema di E.T. o di Star Wars, ad opere di estrazione più classica, come la stessa partitura di Prokofiev in programma, ci danno modo di apprezzare l’estrazione colta della musica per il grande schermo.
Tuttavia c’è ancora un atteggiamento di denuncia verso la musica da film, relegandola al ruolo di musica di commento, con un’impronta armonica derivativa.
Come si pone di fronte a questa affermazione?

SD: Non credo, spesso associo la musica da film standard ad un’atmosfera semplice, efficace, e che si ripete.
Penso alla musica composta da Bernard Herrmann, compositore che amo molto, per Vertigo (in italiano: La donna che visse due volte): egli ha creato un motivo ansiogeno grazie ad un arpeggio circolare di archi, cui fanno da contrasto gli ottoni con una frase dissonante.
Anche se è una musica che apprezzo, l’immagine del film vince sull’autonomia del brano; il tema è bellissimo ma ha una circolarità formale che conduce alla ripetizione, e non si adatta bene ad una resa concertistica.
Per me non è vero che tutte le musiche sono eseguibili dal vivo: non tutti i temi musicali hanno una propria autonomia formale, in assenza dell'immagine.
Ciò che rende il lavoro di Williams adatto all’esecuzione concertistica, è che ha sì composto sulle immagini, ma ha usato un ordine strutturale molto vicino all’opera, usando il leitmotiv wagneriano, con motivi ricorrenti ma rielaborati e nascosti nell’orchestrazione.
Quando la musica da film è costruita secondo queste caratteristiche, allora la si può riproporre dal vivo: lavorando sul dettaglio drammaturgico, dando risalto alla storia che racconta e sottolineandone la teatralità, data dal configgere di dettagli musicali e temi che ritornano.
Insomma, se una musica da film ha questo potere allora non c’è nessuna difficoltà a trattarla come un brano di repertorio classico.

foto concerto williams deneve

CS: Un’ultima domanda, legata alla scelta del programma: questi concerti nascono non solo con la volontà di omaggiare le grandi colonne sonore, ma di tracciare un “fil rouge“ tra due dei più grandi autori della musica per il grande schermo.
Quello che balza all’orecchio, oltre ad una spiccata epicità, è una declinazione composta del concetto di “estraneo“.
Un’indagine musicale la cui analisi inizia con il crepitio di violini di Incontri ravvicinati del terzo tipo, prosegue con il Main Theme di E.T. e la Suite di Guerre stellari, per compiersi con Prokofiev e il tema della vittoria russa contro gli
invasori.
Quali altre comunanze tematiche ci vuole suggerire, Maestro?

SD: L’importante era innanzitutto l’ordine del programma: per me era importante dirigere le musiche di Williams nella prima parte e Prokofiev nella seconda; non viceversa, perché volevo trattarli allo stesso livello.
Non volevo una parte severa e formale all’inizio e una parte allegra e coinvolgente per chiudere.
Questo perché volevo seguire un tracciato comune a tutti i temi sinfonici eseguiti, restituendo in musica la paura dell’altro.
Ed è per questo motivo che ho voluto aprire con Close Encounters of the Third Kind (Incontri ravvicinati del terzo tipo), che sembra quasi una musica modernista degli anni ’70, durante la quale avviene il miracolo della scoperta dell’altro, il ritrovare nell'altro il nostro stesso linguaggio.
Volevo fosse un percorso alla scoperta dell’“altro“, dell’“estraneo“, di qualcuno o qualcosa che quasi sempre ha un cuore e sincere paure come noi.
Con queste musiche John Williams ha davvero aperto uno squarcio sul tema dello sconosciuto, che nel nostro secolo è di profonda attualità.
Nello scorso secolo abbiamo iniziato ad esplorare gli altri pianeti, e questa paura dell’“alieno“ è ancora più viva, perché il mondo diventa un luogo sempre più infinito.
Per me l’importante era indagare l’interrogativo tematico dell’altro, dell’ansia per qualcosa di sconosciuto e anche della tenerezza verso il nemico.
Questo aspetto di “tenerezza“‘ lo ritrovo nella musica, così come nella persona di John Williams: un uomo e un musicista generoso.

Stampa