“Una grande lezione di musica per film” – Parte Settima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Settima

Colonne Sonore per fare fronte alle numerose richieste di giovani lettori che stanno studiando composizione e che vorrebbero in futuro intraprendere la carriera di compositori di musica applicata, ha fatto affidamento su coloro i quali vivono in prima persona l’Ottava Arte e la creazione di musica per immagini, pregando i compositori stessi di rispondere a sei domande che la nostra redazione ha ritenuto interessanti ed esaurienti sul come divenire autori di musica per film.Ecco a voi la settima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno risposto per aiutare i futuri giovani colleghi che si compareranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



Rossella Spinosa (compositrice di nuove partiture per i film muti Il Gabinetto del Dr. Caligari, L’Isola del Peccato, La corazzata Potëmkin, Metropolis, L’Uomo con la Macchina da Presa)

1) La mia esperienza riguardo la musica applicata alle immagini è prevalente nell’ambito della riscoperta e risonorizzazione del patrimonio filmico della cinematografia muta; come sai, al momento ho superato i 70 titoli, infatti, ma ho avuto modo di lavorare anche con giovani registi contemporanei, sebbene in misura contenuta. L’approccio è ovviamente diverso nei due casi: nel primo ho a disposizione il film integro nel suo montaggio e nella sua struttura completa, lavoro guardando il filmato privo di qualsiasi musica, per formare/forgiare il mio personale approccio all’immagine, una dopo l’altra, scrivendo per ogni singolo istante e cercando la chiave di lettura che a me personalmente sembra più funzionale ed esplicativa. Nel secondo caso, entra in gioco il rapporto col regista, con le sue idee e le sue esigenze.

2) Spontaneamente ti direi: “uso il mio strumento, il pianoforte”...ma a ragionarci con più compiutezza, abbiamo mille mezzi per fare musica. L’evoluzione dei linguaggi musicali ci consente una gamma di sonorità variabile dalla massima tradizione alla più avanguardistica rivisitazione dei suoni del quotidiano e noi compositori siamo in fondo plasmatori di suoni, quindi mi ingegno nelle maniere più variegate. Naturalmente si può ricorrere alla tecnologia, ai banchi di suoni, ma si può anche inventare un “nuovo suono” del film con strumenti anche minimali e artigianali.

3) E’ di uso invalso (e a mio avviso comprensibile) la tecnica del temp track; il regista ha bisogno del proprio mood e cerca in qualche modo di crearlo. La differenza non sta nell’uso o nel non uso della musica sul premontato ma nella flessibilità e apertura del regista alla proposta intelligente del compositore che - dopo aver compreso le esigenze registiche - deve poi rendersi disponibile a dialogare con lui in maniera personale, propositiva ma al contempo rispettosa, quindi, come vedi, rilevano davvero tante variabili sia afferenti la personalità del regista sia del musicista. Pensiamo che anche tra l’immagine e la musica si riesce a parlare di sinestesia solo quando la linea di confine tra i due campi di azione si dipana, garantendo un focus compatto. E’ la stessa cosa accade quando il dialogo tra regista e musicista riesce ad essere reale e forte... Eisenstein docet in questo senso...

4) Forse L’Isola del Peccato di Alfred Hitchcock; è stato un lavoro di 85 minuti composto per l’apertura della V^ Edizione del Gran Festival del Cinema Muto di Milano nel settembre 2014. Un film inusuale di Hitchcock. Una storia di amore e sentimenti, in cui però serpeggiava l’Hitchcock che tutti noi conosciamo. La composizione era per pianoforte e orchestra con l’Orchestra I Pomeriggi Musicali e in collaborazione con Milano Film Festival, una grande aspettativa e tensione da parte degli spettatori: venivano a vedere Hitchcock e si aspettavano Herrmann, in un certo qual modo. Occorreva soddisfare le attese, ma insieme “dire se stessi” e la propria visione. Ricordo che solo alla prova con l’orchestra ho capito che i titoli di testa non funzionavano, avevo una notte per riscriverli e presentarli al direttore (grande Alessandro Calcagnile!) e alla mitica Orchestra de I Pomeriggi Musicali per la prima esecuzione assoluta del lavoro. Ci son riuscita e l’effetto è stato quello sperato: il pubblico da subito doveva sentirsi trasportato nella dimensione del regista e restare avvinghiato alla trama, senza sosta. Son stata davvero lieta che a novembre 2015 questo mio lavoro ha avuto l’opportunità di essere rieseguito dall’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, sempre sotto la direzione di Alessandro Calcagnile e con me al pianoforte, nella nuova stagione del Teatro siciliano, con un grande successo di pubblico.

5) Bella domanda! Ho iniziato ad occuparmi di musica applicata alle immagini dopo il mio diploma in Composizione al Conservatorio Verdi di Milano, decidendo di fare domanda di ammissione all’Accademia Chigiana di Siena, al corso di musica da film del Premio Oscar Luis Bacalov. Sono andata alla prima lezione un pò scettica, con tutte le convinzioni - note al mondo della musica - in merito alla composizione per il mondo del cinema. Da persona curiosa, ho iniziato ad ascoltare, a capire e a stupirmi. Sono molto grata a Luis Bacalov, mi ha consentito di esprimermi senza censure e alla fine della prima annualità del corso mi ha selezionata per l’esibizione finale e mi ha presentata al pubblico della Chigiana dicendo: “ascoltate questo lavoro, non si può dire si tratti di "musica da film" in senso tradizionale ma la musica scritta da Rossella per questa sequenza di Shining è forse folle ma sicuramente vale la pena di essere ascoltata”. Ho più volte riso con Luis di questa definizione che in realtà attestava un mio essere fuori da alcuni schemi - e in questo senso si potrebbe dire che seguivo percorsi “non legittimi” - ma mi ha consentito di avviare la mia ricerca che prosegue senza soluzione di continuità ancora oggi. Qualche giorno fa ho letto un commento sul FB del Gran Festival del Cinema Muto di Milano da parte di una persona che non conoscevo e che ha assistito al cine-concerto del 10 settembre scorso, con la prima delle mie musiche per Il Gabinetto del Dr. Caligari di R. Wiene che mi ha riempito di gioia: “Grazie davvero, una serata memorabile. La partitura di Rossella Spinosa era magistrale, ha colto lo spirito del film profondamente”, è questo il mio obiettivo: cogliere lo spirito del film.

6) Non so, ho un rapporto strano con le registrazioni, le amo e le odio al contempo. Sono sempre molto critica e quindi penso che la musica possa ogni volta essere ancora migliorata e modificata e ancora integrata, ma soprattutto penso che l’energia che passa attraverso la performance live - nel caso del cinema muto naturalmente - sia impareggiabile. Detto questo, credo che il CD oggi sia più un modo per attestare un risultato conseguito dal musicista piuttosto che una risposta ad una reale esigenza di mercato. Il mondo della discografia purtroppo soffre molto e gli ascolti in digital download sono sempre più invasivi, ma in fondo questo è in linea con la società veloce e desiderosa di contenuti immediatamente fruibili, quindi indipendentemente dalla nostra opinione, così è...

 



Stefano Lentini (compositore della serie Braccialetti rossi, Shooting Silvio, Sfiorando il muro, Bakhita. La Santa africana, Sarà un Paese)

1) Leggo la sceneggiatura, o vedo il film se già è stato girato. Oppure il soggetto. Insomma quello che c’è da leggere, vedere o sapere. Per me è poi molto importante parlare con il regista per capire se esistono sottotracce segrete, per scoprire le sue aspettative sull’oggetto della comunicazione del film e per capire anche se vuole un linguaggio nuovo o un linguaggio vecchio. Poi attendo. Se arriva qualcosa di speciale mi metto subito al lavoro, se non arriva, non è un film che fa per me. E se devo, con un po’ di mestiere qualcosa si può sempre tirare fuori.

2) Non tutti i film hanno bisogno di un’orchestra. Se non posso usarla per motivi di budget utilizzo i cosiddetti archi finti che usati bene raggiungono le sfere del Verosimile, se invece la scelta è mia allora significa che ho in mente qualcos’altro. Ogni strumento è buono, vedi le magnifiche batterie jazz di Birdman.

3) Servirebbe una giornata per raccontare ogni passaggio, e forse a memoria neanche li ricordo tutti: tra la creazione della musica fino alla sua realizzazione esistono centinaia di ore di lavoro e di passaggi tecnici, anche noiosi. Del rapporto con i registi ti posso parlare con la stessa indeterminatezza con cui ti parlerei del rapporto con le persone. Ognuno è diverso, ognuno ti chiede cose differenti. Il montatore anche: a volte è una figura chiave nella stesura delle musiche, a volte una figura estranea ad essa. La temp-track di per sé non è dannosa o negativa. Lo diventa se il regista vuole per il suo film quello che già esiste, allora la ricerca musicale diventa plagio per addetti ai lavori.

4) Ho lavorato con un regista asiatico la cui chiarezza d’idee era direttamente proporzionale alla sua incapacità di esprimerle. Abbiamo lavorato un mese su una scena cupa, notturna. Alla fine mi ha detto: “ho capito, non deve essere intimista, deve essere solare!”.

5) Un giorno ho musicato un cortometraggio di amici di amici, poi un secondo, poi un terzo. Poi ci ho preso la mano e mi sembrava un ottimo modo per far suonare la mia musica ad un’orchestra. E una cosa tira l’altra.

6) Sono abbonato, sostenitore e folle amante di Spotify. Per me è il paradiso della musica. Quello che per anni ho sempre sognato: Tutto, Ora. Anzi, a pensarci bene neanche potevo immaginare tanta abbondanza: Tutto, Ora e Qui con Me. Il disco col booklet è una cosa bella, ma preferisco la buona musica. Tanta.



Tom Salta (compositore delle musiche per i videogiochi Red Steel 1 & 2, Tom Clancy’s Ghost Recon: Advanced Warfighter 2, Prince of Persia - Le sabbie dimenticate, della serie d’animazione Halo: The Fall of Reach)

1) E’ tutta una questione di massimizzare il processo creativo. L’inizio di un progetto è dove la maggior parte dell’ispirazione confluisce, così cerco di immergermi completamente nella storia, i personaggi, le scene, ecc, e poi arrivare dalla produzione con quante più idee possibili prima di iniziare a inserire la musica sulle sequenze.

2)  Di questi tempi, dal momento che i registi si aspettano di sentire uno score virtuale pienamente realizzato prima che si vada alla fase di registrazione, il processo creativo è fondamentalmente lo stesso, tranne che una volta che tutte le idee sono poste nel film, il compositore ha bisogno di tornare indietro e fare in modo che tutto sia completamente organizzato, prodotto, arrangiato e mixato.
Per un lungo periodo ho usato Logic Pro, come la mia DAW, insieme a numerose librerie sonore che ho raccolto nel corso degli ultimi 25 anni. Come ho iniziato a comporre sempre di più musica per immagini su vari progetti, sono passato a Cubase o Nuendo; sono migliori, ricchi di funzionalità per gestire le esigenze di un film quando si diventa un compositore a pieno ritmo.

3) Le Temp Track sono molto comuni di questi tempi. Poco dopo che mi è stato commissionato lo score per Halo: The Fall of Reach, mi sono seduto con l’intero team creativo, i produttori e il regista per vedere il film nel suo stato iniziale, con la musica preesistente. Ho preso appunti in base a dove ritenevo giusto che la musica iniziasse e dove per me non funzionava. Poi siamo tornati a discutere, scena per scena; hanno espresso i loro pensieri e quello che volevano ottenere con la musica.
Una volta che ho iniziato a scrivere, il supervisore musicale ha ascoltato in anteprima le mie idee e mi ha aiutato, mi ha fatto da guida su dove voleva che mi allontanassi dalla direzione della temp track e dove seguire l’approccio da me pensato. Una volta che le mie idee si sono pienamente concretizzate e messe sulle immagini, lui le ha  condivise con il regista, il quale mi ha poi dato il suo feedback.

4) Negli ultimi dieci anni, il mio impegno primario è stato riversato nelle musiche per i videogiochi, tra cui alcuni dei più recenti giochi di Halo. Quando mi si è posto dinnanzi un film d’animazione dell’universo di Halo mi si sono presentati alcuni scenari difficili. Una delle sfide costanti nel lavorare sul franchise di Halo è come preservare lo stile musicale familiare di Halo, mentre allo stesso tempo cercare di esplorare nuovi temi e idee. The Fall of Reach aveva una quantità eccezionale di dialogo quasi costante e VO, e ho trovato  essere uno degli aspetti più impegnativi, pur sostenendo il film con la musica quasi dall’inizio alla fine. Uno dei grandi elementi che contraddistinguono un film, però, a differenza di un videogioco, è che si è in grado di plasmare la musica per una scena specifica che cambia velocemente. Nei giochi, non si sta di solito commentando una scena, ma piuttosto l’azione della realtà del gioco. Quindi, in questo senso, commentare questo film è stato una boccata d’aria fresca, che mi ha permesso di cura artigianalmente ogni specifico momento di una  specifica scena con dialogo e VO. D’altra parte, questo lavoro ha recato con sé una sfida diversa, che solo un vero film comporta; scrivere diversa musica per le scene in continuo cambiamento. Si potrebbe pensare che hai finito con una scena dopo aver trovato lo spunto perfetto, e allora tutto cambia, che si tratti di un cambiamento di durata o di una sequenza completamente differente.

5) Il mio percorso di compositore di musiche da film è stato piuttosto tortuoso. Da bambino, all’età di dieci anni, ben prima di iniziare a scrivere musica, ascoltavo molte colonne sonore, soprattutto le partiture di John Williams. I predatori dell’arca perduta, E.T., Guerre Stellari e Superman erano alcune delle mie OST preferite. Nei primi anni ‘80, l’ascolto di musica da film era per me l’unico modo per rivivere i miei film preferiti a casa. Non avevamo videoregistratori in quel periodo. Senza nemmeno rendermene conto, stavo imparando l’arte dello scrivere musica per il cinema. Stavo sperimentando come poteva  fare un compositore stesso di musica specializzato in colonne sonore per raccontare una storia e come essa sosteneva il film.
Quando ho approfondito la musica professionalmente nel 1990, ero intento a diventare un produttore discografico. Ho passato molti anni a scrivere, produrre, remixare e programmare per diversi artisti. Questi sono gli anni in cui ho imparato il mio mestiere. Poi nel 2002, dopo essere stato folgorato dal gioco Halo, ho avuto una rivelazione che mi ha fatto capire che volevo diventare compositore di musiche per i videogiochi. Ho giocato ai videogames tutta la mia vita e ne ho amato la musica ... quindi quale modo migliore per combinare tutte le cose che desideravo fare. Nel 2015 ho avuto l’opportunità di commentare il mio primo lungometraggio... il destino ha voluto che fosse proprio per Halo. Halo: The Fall of Reach si basa sul romanzo omonimo che ha raccontato la storia di come Master Chief (il protagonista in tutti i giochi della serie Halo) è diventato Master Chief. Per me farne parte è stato un grande onore.

6) Alla fine della giornata, ciò che è più importante per me è che le persone possano godere la mia musica in qualsiasi formato che vogliono. Sono ancora un fan del supporto fisico, in particolare quando si tratta di videogiochi e film. Anche se non vi è un’uscita  pianificata della colonna sonora in formato CD fisico, ci sarà una stampa in DVD e Blu-ray del film Halo: The Fall of Reach a dicembre e una versione digitale della colonna sonora subito dopo.



Max Casacci (compositore di Italy in a Day, Uno per tutti)

1) Mi viene istintivo cercare una chiave d’accesso nell’ambientazione e nei personaggi. Nel caso del film Uno per tutti ambientato a Trieste, e l’utilizzo sonoro del vento da parte del regista, hanno direttamente suggerito una modalità di composizione. Note appoggiate in modo da suggerire una armoniosa casualità e appoggi ritmici fluttuanti a volte decisamente sghembi. L’elemento “vento” viene poi esplicitato nella canzone del film “Colpo di vento”, scritta insieme a Rachele Bastreghi (Baustelle) le cui parole sono agganciate alla trama. Altra particolarità evidente di Uno per tutti, è l’utilizzo di un’elettronica provenienza “dance”. Anche se il richiamo è molto filtrato. Questa suggestione che ho sottoposto a Calopresti, deriva dal personaggio chiave della vicenda: Teo. Un ragazzo che compie 18 anni all’inizio del film. Ho chiesto a Mimmo di poter leggere quasi tutta l’ambientazione sonora, come fosse la prospettiva di un giovane di quella età.

2) Io lavoro nel mio studio Andromeda, non ho problemi ad integrare strumenti “base” acustici ed elettrici. La questione economica si pone semmai riguardo all’eventuale utilizzo di elementi d’orchestra. In questo caso due musicisti degli “Archi torti”, Marco Benz Gentile (che ha anche coordinato l’arrangiamento) e Marco Robino, sono stati “moltiplicati” in modo da ottenere un “robusto” effetto orchestrale. Anche l’utilizzo promiscuo di acustico ed elettronico (Komplete) può venire molto in aiuto, in questo senso.

3) Le mie prime colonne sonore risalgono agli anni’80 quando lavoravo in prevalenza per mio padre regista o per il Teatro e la danza contemporanea. In mezzo, per decenni, ho lavorato con le band e con la discografia. Quindi ad oggi Uno per tutti rappresenta un pò il mio primo grande passo.
Non ho molti precedenti a cui fare riferimento. E il caso di questo film è particolare.
Mimmo Calopresti ha scelto di girare e montare direttamente sul set. Quindi ricevevo sequenze già piuttosto definite. E semplicemente con Logic ci suonavo sopra, simulando anche gli strumenti che poi sono stati realmente suonati.
Questo mi ha aiutato molto a calibrare il tutto tenendo la musica “sotto” alle immagini, per poi valutare dove poteva essere necessario fare emergere i temi.

5) Ci sono nato in mezzo. Il mio ex studio “Casasonica”, è stato l’ampliamento di una sala doppiaggi utilizzata da mio padre Ferruccio Casacci, che in modo molto artigianale e budget quasi zero, aveva creato i suoi “studios”. Io ero,  a seconda delle esigenze: aiuto elettricista, facchino, garzone, tecnico del suono, fotografo di scena, ciakkista, figurante... Quando improvvisamente serviva una qualche musica, venivo promosso sul campo maestro compositore.

6) Più che un CD mi piacerebbe vedere stampata Uno per tutti OST su vinile. Si presterebbe molto, anche perché Mimmo ha dato talmente spazio alla musica in questo film, che ne è venuto fuori un album vero e proprio, con un suo senso compiuto.


Vincenzo Ramaglia (compositore di Ore 2: calma piatta, L’ultimo incontro, Come un pesce, Nella sua mente, Il cuore rivelatore, i documentari Così ci vogliono e La Terra Mé)

1) Le migliori colonne sonore, a mio avviso, nascono quando non ci si fossilizza sui cliché.
Quella di accompagnare, sorreggere, assecondare, illustrare il decorso visuale è la funzione meno significativa e più scontata della musica da film.
La musica è in grado di “prendere partito”, sovvertire il messaggio visivo, conferire alle immagini qualcosa che in esse non è già contenuto, un senso nuovo, anche contrapponendosi ad esse.
Dunque cerco di approcciarmi a un film col massimo dell’apertura mentale, senza preconcetti stilistici, nella consapevolezza che non sempre ciò che comunica l’immagine deve combaciare con ciò che comunica la musica.
Dopodiché la composizione procede per via empirica e sempre sulle immagini: abbozzo delle idee, vado per tentativi, mi appunto delle opzioni.
La concezione musicale diacronica (orizzontale) di un film si rivela quasi sempre più funzionale di quella sincronica (verticale) di una sequenza, perché è la visione d’insieme che permette di creare una struttura musicale organica, coerente, con ricorrenze e sviluppi che, dipanandosi nel corso di un film,  stratificano l’intero senso di una pellicola.
E poi lavoro spesso per sottrazione: la ridondanza non è mai la chiave.

2) Innanzitutto cercherei di appurare se la pellicola richieda una sonorizzazione elettronica o acustica. Nel primo caso il problema non si pone. Nel secondo, verificherei se la pellicola ha bisogno di una partitura cameristica (per cui il budget potrebbe essere adeguato) o orchestrale.
In quest’ultima eventualità, al giorno d’oggi ci sono ottime librerie sonore (che io personalmente utilizzo su Cubase) in grado di emulare più che dignitosamente un’orchestra.
L’importante è saperle usare e ricordarsi che una buona orchestrazione virtuale presuppone una conoscenza approfondita dell’orchestrazione reale, e non viceversa.

3) Partire dalla sceneggiatura sarebbe bello per un compositore di musica da film: molto spesso in uno script c’è già un esplicito riferimento a idee musicali, talvolta paradossalmente più valide di quelle dei registi. Probabilmente perché anche la sceneggiatura è una partitura.
Ma nella realtà produttiva, nella stragrande maggioranza dei casi, sappiamo bene che non è così: ci arrivano direttamente premontato e temp track, che non sempre rispecchiano l’eventuale respiro musicale della sceneggiatura di partenza.
Ritengo che la temp track abbia dei pro e dei contro.
I pro consistono nel fatto che si tratta del modo più diretto e meno oziosamente verbale che regista e montatore possano adottare per comunicare a un compositore la funzione della musica nelle singole scene, nonché l’economia stilistica ed espressiva generale della colonna sonora: “parlare di musica è come ballare di architettura”, diceva Frank Zappa, e da questo punto di vista la temp track aggira il problema.
I contro, tuttavia, sono molteplici:
- non sempre regista e montatore (in quanto, per l’appunto, non compositori) sanno quale sia il miglior destino musicale tanto di una sequenza quanto di un intero film;
- non sempre regista e montatore hanno una cultura musicale così ampia da poter scegliere la temp track più idonea a trasmettere le funzioni desiderate;
- ciò nonostante spesso regista e montatore si affezionano alla temp track e chiedono al compositore di seguirla pedissequamente;
- ne consegue che le intuizioni audiovisive del compositore ne risultano inevitabilmente tarpate.
Ma il mestiere del compositore di musica da film consiste anche in questo.
Per rispondere alla domanda, io mi muovo esattamente come consiglio di fare ai miei allievi.
Bisogna essere inevitabilmente non soltanto musicisti, ma anche un pò psicologi e un pò diplomatici.
Io personalmente cerco di capire cosa c’è di buono nella temp track, come relazionarmi alle altre figure professionali coinvolte, come illustrare soluzioni alternative senza urtare la sensibilità (o l’ego, ahimé) di nessuno, come suggerire dei compromessi...
C’è tutto questo, prima di arrivare alla partitura finale.
Fa parte di questo mestiere, che si nutre di un confronto costante con professioni extra-musicali.

4) Non c’è una partitura per il cinema che mi abbia dato più grattacapi rispetto alle altre: ognuna ha avuto la propria storia, i propri ostacoli da superare, le proprie sfide. Quindi, se posso, rispondo in termini generali, approfittando per sottolineare quali difficoltà compositive possano presentarsi all’interno della musica applicata.
Senz’altro a fare la differenza è il rapporto che instauro col cast tecnico del film, in particolar modo col regista: se c’è un dialogo costruttivo, qualsiasi fatica è ripagata; se ci sono idee preconcette da cui non mi posso allontanare nemmeno di un centimetro, fatico molto per ottenere risultati che - per quanto comunque validi - probabilmente non rispecchieranno la mia percezione musicale del film.
E’ la differenza che c’è tra ruolo attivo e passivo del compositore rispetto a un film (corto, medio o lungometraggio che sia). Nel primo caso il compositore ha la possibilità di proporre un’interpretazione sonora che apporti alle immagini il famoso “valore aggiunto”, nel secondo caso deve soltanto tradurre in termini sonori delle pure e semplici direttive.
E’ chiaro che la prima di queste due opzioni è quella preferibile, ma perché sia sempre così sono necessarie da parte dei cineasti cultura e sensibilità musicali, nonché apertura mentale rispetto a quanto questo animale strano che è il compositore di musica da film possa infondere in una pellicola se gli si lascia un pò di libertà nel dar forma a qualcosa di così delicato e cruciale come la materia sonora.
Per questo nella scuola di cinema che dirigo a Roma, l’Accademia di Cinema e Televisione Griffith, non soltanto cerco di insegnare ai miei allievi di musica da film a rapportarsi nel modo più appropriato con i professionisti cinematografici, ma cerco di sensibilizzare i miei allievi di cinema - accrescendo il più possibile la loro cultura musicale - a un rapporto costruttivo e paritetico con la figura del compositore, nella consapevolezza dell’universo estetico ed espressivo che si può sprigionare dalla sua carta da musica.

5) Innanzitutto una precisazione è d’obbligo. Più che un compositore di musica da film (attività che svolgo marginalmente, nonostante le mie note abbiano avuto l’onore di accompagnare attori come John Turturro, Fabrizio Ferracane, Giacomo Civiletti ed Edoardo Siravo, in pellicole che si sono aggiudicate diversi riconoscimenti, tra cui il Nastro d’Argento), mi sento piuttosto un compositore, in senso lato, che ha dedicato buona parte della propria vita all’estetica e alla didattica della musica da film.
Come e perché? Semplice: oltre ai miei studi universitari (lettere moderne) e musicali (composizione al Conservatorio Santa Cecilia di Roma) ho da sempre coltivato una grande passione per il cinema, che mi ha portato a fondare - quasi sedici anni fa ormai - una nota scuola romana per la formazione professionale nei mestieri cinematografici e televisivi (la Griffith, per l’appunto), sotto la guida di figure e personalità pluripremiate del mondo dello spettacolo.
Parallelamente mi sono specializzato nello studio del livello sonoro e visivo delle sequenze cinematografiche, e ho pubblicato il primo testo in Italia sul rapporto tra suono a 360 gradi e immagine (“Il suono e l’immagine. Musica, voce, rumore e silenzio nel film”, edito da Dino Audino e oggi alla sua seconda edizione).
Come docente di linguaggio audiovisivo ho cominciato a tenere lezioni, seminari, master e laboratori sul suono e l’immagine presso diversi istituti (tra cui l’Università “Tor Vergata” di Roma, l’Università di Trieste, la scuola per produttori di musica elettronica Fonderie Sonore di Roma). Mentre come docente di composizione mi sono specializzato in musica da film (sono stato ad esempio docente di composizione nell’associazione “Strade del cinema” di Aosta e nel MUST – Make Up SoundTrack, uno dei momenti più alti della didattica sulla musica cinematografica, con l’orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala di Milano).
Tutte queste esperienze sono confluite nel corso Griffith di Musica da Film e Sonorizzazione Video, a cui ColonneSonore.Net sta dedicando ampio spazio, l’unico corso di musica da film con Certificazione Ufficiale Midiware Educational, che si propone di riunire, tra i suoi docenti, tutti i massimi esperti e i più navigati formatori nelle molteplici sfaccettature (elettroniche e orchestrali) del settore.
Nel corso ho portato una parte sostanziale dei diversi aspetti delle mie attività: da compositore e docente di composizione so naturalmente cosa serve a un musicista per perfezionarsi nell’arte dei suoni, da docente di linguaggio audiovisivo e musica da film ho maturato nel tempo una lunga esperienza alla guida di allievi di musica nell’interazione con le immagini, da direttore di una scuola di cinema sono infine a contatto con realtà importanti del settore, nonché con le future generazioni di cineasti, con cui gli aspiranti compositori di musica da film auspicabilmente collaboreranno.

6) La tecnologia va avanti ed è giusto che sia così.
Ma il fascino di una copertina da guardare, di un booklet da sfogliare, di un oggetto da toccare, di scaffali stipati di CD impolverati... è immortale!


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