Legato ad un fotogramma

foto_nico_fidenco_oggi.jpgLegato ad un fotogramma

Ad oltre cinquant’anni dall’esordio, Nico Fidenco ricorda la sua variegata ed eclettica carriera nel mondo della musica da film.


Alla musica mi sono avvicinato come dilettante. Un mio caro amico partendo per il servizio militare, non sapendo dove lasciarla, mi ha regalato la sua chitarra, di non molto valore…”.
Così modestamente e candidamente, scevro di qualsivoglia presunzione, abbellimento o fronzolo carrieristico a posteriori che un trascorso di primo piano sulla scena musicale italiana come il suo avrebbe forse sobillato anche ad un collega di minor rilievo, Nico Fidenco rompe il ghiaccio con Colonne Sonore nel raccontare il suo primo accostamento alla musica. Un fortuito incontro, destinato però a rivelarsi un matrimonio in paradiso; un colpo di fulmine foriero di alcuni dei successi del repertorio canzionistico nazionale (e non solo) più riconosciuti, ricordati e immortalati nella memoria collettiva grazie alla personalità di un voce indimenticabile: gli l’evergreen “Legata a un granello di sabbia”, “Come nasce un amore” , “Con te sulla spiaggia” e molti altri.
E poi, subito a ridosso dei primi successi e non meno ricca di traguardi e soddisfazioni, la non indifferente esperienza come compositore cinematografico, capace di svelare non una semplice star prestata occasionalmente alla vetrina di celluloide ma un’interprete opportunamente “intonato” al mezzo, capace di lavorare veramente dietro la macchina da presa, seriamente dedito al mestiere della musicazione delle immagini. Ma soprattutto dotato di una duttilità non comune, in grado di lasciarlo passare con efficacia dal western all’italiana al mondo a tinte forti di Emanuelle Nera, dai generi d’exploitation più tipici e sfaccettati della stagione degli anni ’60 alle sigle per gli adattamenti nostrani degli anime anni’80. E tutto, per l’appunto, complice il più proverbiale degli antefatti: la chitarra lasciata fortuitamente da un amico…

Mi è risultato facile imparare a suonarla e soprattutto a comporre cose mie.  Ho mandato alcuni miei provini alla RCA presso il Sig. Enzo Micocci (direttore artistico) proponendomi non come cantante ma come compositore. A Micocci invece piacque la mia voce, anche se non da professionista, e mi mandò a fare un provino per un brano da inserire nella colonna sonora del film I Delfini di Citto Maselli. In concorrenza con Little Tony e con il figlio del maestro Fusco (autore della colonna musicale del film) meraviglia delle meraviglie, scelsero la mia versione. Uscito il film facevano la fila nei negozi per comprare il disco di “What a Sky” cantata da questo sconosciuto, mai sentito, e forse, dato il nome – Fidenco – anche straniero. Vendute in due o tre mesi  450.000 copie. La RCA aveva dato in quei giorni un premio a Roma a Henry Belafonte per i 350 mila dischi venduti con “Banana Boath”!

foto_fidenco_willy_brezza.jpgSono gli anni ’60, il decennio in cui esplose prorompentemente come cantante…

A “What a Sky”, su richiesta della Paramount, successero altre due colonne sonore di film molto famosi: Il mondo di Suzie Wong, L’uomo che non sapeva amare (temi originali di autori americani quali Duning e Bernstein) e poco dopo, sentita direttamente a New York da Henry Mancini presso la RCA, il tema del film Colazione da Tiffany, “Moon River”, che ebbi l’esclusiva di cantare per primo in Europa.  A questi enormi successi ho frammezzato alcune mie composizioni che avevo nel cassetto: “Non è vero”, “Come nasce un amore”, “Tra le piume di una rondine” e un brano che Micocci mandò alla giuria del festival di Sanremo, che fu bocciata ma che noi c’incaponimmo di far uscire durante l’estate del ’61 vendendo, per la prima volta in Italia, un milione e mezzo di 45 giri in poco più di tre mesi: “Legata a un granello di sabbia”.

Come è nata esattamente la sua esperienza nella musica da film? Nel suo film d'esordio come compositore,  Appuntamento a Dallas di Piero Regnoli del 1964, con commento musicale firmato a quattro mani con Nino Tassone, Lei è anche attore. Uno dei due ingaggi ha favorito l'altro?

Prima di dedicarmi anima e corpo alla musica e al canto avevo fatto due anni di Centro Sperimentale di Cinematografia perché avevo in mente di indirizzare  il mio futuro a quel settore, facendo aiuto regia e regia.  L’esplosione immediata, fulminante del canto e della musica mi assorbì talmente tanto che fui quasi costretto a rinunciare a quel settore, che comunque avrebbe assorbito molto tempo, forse anni. Seguendo fianco a fianco il lavoro degli arrangiatori delle mie canzoni,  pur non avendo fatto il conservatorio, mi sono impratichito del meccanismo della creazione di musiche per commenti di film e durante tutta la mia attività in questo settore ho sempre agito affiancato da un arrangiatore più preparato di me, che ha comunque sempre eseguito le mie direttive circa il “colore” da dare ai vari brani musicali di commento.
L’esordio come compositore non è stato con
Appuntamento a Dallas, bensì con All’ombra di una Colt, che mi fu commissionato dall’ufficio edizioni di colonne sonore della RCA, da Enrico De Melis, che fece sentire il provino di un mio tema musicale al regista del film, al quale piacque molto e così mi fu affidato il mio primo commento. Allora ebbi come collaboratore il mio amico (era anche il mio pianista negli spettacoli) Willy Brezza. Il 45 giri dei titoli di testa (tema musicale con un parlato molto suggestivo con la voce di Glauco Onorato) vendette parecchie centinaia di migliaia di copie. Appuntamento a Dallas è arrivato qualche film dopo. Film sfortunato, mal distribuito, del quale sono disperatamente alla ricerca, poiché non l’ho mai visto finito…mai!

foto_fidenco_poitevin.jpgAvvicinarsi ad un tipo di musicazione che negli anni '60 aveva degli elementi caratterizzanti così distintivi e irrinunciabili per il genere poteva in qualche modo essere una limitazione in termini compositivi? Che caratteristiche deve avere secondo lei il commento musicale di un western? Il regista dava precise direttive o lasciava carta bianca?

Per chi ha una certa sensibilità musicale inserirsi nell’atmosfera di un film non è sicuramente un problema. Non è un problema se il regista del film, a parte piccole esigenze, lascia il compositore libero di esprimersi. E’ invece un problema se il regista ha già delle sue idee e comunque impone delle sue esigenze prestabilite. Allora il compositore si sente un po’ prigioniero e diventa a sua volta un esecutore di idee altrui.

Tra i molti western che ha musicato nella seconda metà degli anni '60 ce ne sono alcuni che pur essendo noti come "all'italiana" hanno invece caratteristiche che divergono dalla formula consolidata e virano verso aspirazioni e impostazioni maggiormente affini al western americano più classico, come ad esempio Ringo il Texano di Lesley Selander. Anche la musica, in questo titolo, complessivamente sembra avere un afflato e un respiro differente, ad iniziare dai titoli di testa mancanti di coro maschile e fischio. C'era effettivamente la volontà di abbracciare una tipologia narrativa differente anche attraverso la musica?

Certo, continuando a commentare film sempre dello stesso genere, si cerca di allontanarsi dalle prime esecuzioni, con idee nuove. Purtroppo nel periodo degli spaghetti western c’è stata una vera valanga di spari e di cavalli. Il maestro di questo genere è stato sicuramente Ennio Morricone che, insieme alla sua indiscussa bravura, ha avuto la fortuna che Sergio Leone gli ha lasciato degli spazi enormi per poter dare rilievo e sviluppo ai temi musicali. E’ difficile incontrarsi con un regista che dia tanto spazio alla musica, non sapendo che questa è una componente pesantissima nella funzione mnemonica dello spettatore. Un buon tema musicale fa ricordare all’infinito un film, la sua atmosfera, i suoi personaggi, la sua trama.

Qual'era ai tempi la dimensione tipica dell'orchestra di cui poteva usufruire per i film western?

foto_fidenco_jane_fonda.jpgQuando incontrai Henry Mancini a New York, e poi a Roma dove gli ho fatto un po’ conoscere la Capitale “by night”, lui mi disse: “Ricordati Nico, quando fai la musica di un film pensa intensamente ad un solo brano, il tema conduttore, è quello che conta, il commento è mestiere e con la sensibilità che ha un buon musicista quello viene sempre fuori; il tema conduttore è difficile, è quello che conta”.  
L’orchestra “voluminosa” è più una cosa richiesta dalla produzione e, a volte, dal regista. Con i mezzi di registrazione di oggi, si possono ottenere degli ottimi risultati anche con piccoli organici e addirittura ancora meglio con un solo strumento. A volte si usa l’organico più nutrito per dare imponenza ai titoli e a qualche galoppata… E poi oggi abbiamo l’aiuto incomparabile della musica elettronica che ha raggiunto dei livelli di perfezione e di similitudine tale agli strumenti veri che è sempre più spesso usufruibile.

Per Ringo il Texano si è affidato alla direzione d'orchestra di Robby Poitevin, ma le sue collaborazioni usuali, sia alle orchestrazioni che alla direzione d'orchestra, già in quelli anni erano con Willy Brezza e Giacomo (Gianni) Dell'Orso, con il quale ha poi sviluppato un florido connubio anche al di fuori del genere leoniano. Può parlarci del rapporto con loro e in generale della sua metodologia in tutte le fasi lavorative, dalla prima visione del film alla registrazione finale delle musiche?

Ad un certo punto ho smesso la mia collaborazione con il maestro Brezza poiché in quel periodo mi accompagnava negli spettacoli Roby Poitevin, pianista e strumentista eccezionale (era stato anche pianista di Edit Piaf). Ha curato gli arrangiamenti di alcuni miei dischi ed è venuto naturale che collaborassi con lui anche sulla realizzazione di commenti di alcuni film. Poitevin mi ha accompagnato anche in alcune tournée in Brasile ed eravamo in un momento di stretta collaborazione. Poi Roby si è sposato ed è partito per gli Stati Uniti ed io ho incontrato con Giacomo Dell’Orso ed è cominciata una collaborazione che dura ancora adesso.

Come veniva pianificata solitamente una colonna sonora western?

Si legge prima la sceneggiatura e si comincia a pensare ai temi che accompagneranno i vari personaggi. Mentre girano il film, per entrare un po’ nello spirito del racconto e se i set non sono all’estero, si vanno a visitare i luoghi di lavorazione e con l’occasione si fanno sentire i temi al regista.  A film finito si va in moviola e si segnano sulla pellicola, sempre d’accordo con il regista, i punti di entrata e di uscita della musica. Poi si fanno gli arrangiamenti dei singoli episodi, che di solito vanno da una ventina ad una quarantina di brani e si convoca l’orchestra per le esecuzioni. Non è raro il caso che si registrino dei brani seguendo in sala di registrazione la proiezione di alcuni anelli, per seguire dei sincroni. Questo si fa soprattutto a beneficio del regista e a sua richiesta. Se il regista non lo richiede io sono talmente preciso nel segnare con Dell’Orso sullo spartito i tempi esatti e i sincro che quando si va a montare le musica in moviola il tutto coincide con esattezza assoluta.

cover_ombra_colt_lp.jpgParallelamente ai western la sua grande duttilità di scrittura si andava già rivelando in contesti d'intrattenimento e filoni molto dissimili tra loro. Già in quelli anni Lei aveva musicato un tipico omologo della serie di James Bond come Agente Logan - missione Ypotron di Giorgio Stegani, un fantascientifico come 2+5: Missione Hydra di Pietro Francisci, lo spionistico Supercolpo da 7 miliardi, prima collaborazione con il regista Bitto Albertini destinata poi a svilupparsi in un florido connubio (un brano dal commento di questo film sarebbe poi tornato alla ribalta molti anni dopo grazie all'utilizzo in Confessioni di una mente pericolosa di George Clooney), il bellico Commando di spie di José Luis Merino e il piratesco I pirati dell'isola verde di Ferdinando Baldi, tra i molti.  Può parlarci delle esperienze, delle esigenze e degli approcci musicali in queste varietà di genere, cui si aggiunge di diritto anche il kung-fu movie Crash! Che botte strippo strappo stroppio, sempre di Albertini e con un allora sconosciuto Jackie Chan tra le fila degli stuntman?

cover_25_missione_hydra.jpgSono 20, 30, 40, 50 anni che mi separano da queste avventure cinematografiche e mi è molto difficile ricordare i particolari che mi hanno di volta in volta coinvolto nella lavorazione di questo o di quel film e mi risulta difficile rispondere a tutto. Vi posso solo dire che le mie migliori collaborazioni le ho avute con Giorgio Stegani, Bitto Alberini, Merino, Baldi, Imperoli, Claudio Giorgi, Lucio Fulci e dulcis in fundo, la migliore di tutte con Aristide  Massacesi [Joe D’Amato, ndr], tutti carissimi amici che purtroppo alcune volte ho dovuto tradire proprio a causa di quanto detto sopra: tournée all’estero. L’unico che ha avuto la pazienza di aspettarmi è stato, fino ad un certo punto, Aristide Massacesi che voleva assolutamente la mia musica e a volte ha voluto aspettarmi. Tutti quelli che ho nominato si sono sempre fidati assolutamente delle cose che preparavo e non ci sono mai stati motivi di disaccordo. Piacevano le cose che facevo e mi lasciavano completamente libero… che è il massimo per un compositore.

Esaurita l'intensa stagione dei western e del variegato cinema di genere, si è dischiusa la sua lunga militanza nel cinema adulto, in particolare nell'erotico scandagliato in tutte le sue declinazioni, dal frivolo al dramma, dalla commedia sexy al soft-core fino alla produzione di Joe D'Amato. In questo senso il biennio 1974-75 appare come un giro di boa nella sua filmografia, perché segna l'avvio di due delle filiazioni cinematografiche più note del suo carnet musicale: il dittico de La ragazzina e Blue Jeans, entrambi diretti da Mario Imperoli e interpretati da Gloria Guida, e la serie di Emanuelle nera, originata da Abertini ma poi presa in carico a tutti gli effetti da D'Amato. Procedendo nell'ordine, ci parli della sua esperienza con Imperoli e della musicazione per i suoi film.

Per La ragazzina mi chiamò l’editore Carlo Bixio che, veduto il film girato in 16 mm, e quindi destinato ad una commercializzazione di secondo ordine, non dandogli quindi eccessivo valore, mi disse che non aveva nessuna intenzione di spendere troppi soldi per la colonna musica di quel film con una debuttante di poco più di 16 anni. La cosa mi eccitò per la sfida e in realtà realizzai la musica con pochissima spesa.
Devo dire che Bixio fu contento per aver speso poche lire e Mario Imperoli fu contento del risultato finale e fu soprattutto contento che Bixio non gli avesse commentato il film con anonime musiche di repertorio.


cover_black_emanuelle.jpgC'è una scena particolarmente significativa del suo accostarsi alle immagini e alla narrativa del primo film, La ragazzina, in cui la protagonista, sola nel bagno, inizia a spogliarsi mentre scherza con la sua immagine allo specchio. La pagina musicale che l'accompagna è una variazione del tema principale, in un trattamento per chitarra, fischio sornione e voce che è in parte complice dello spirito disincantato della ragazza e in parte spettatore malizioso, adulatore, quasi partecipe e voyeuristico, del disinibito spettacolo messo in scena. Con esemplare essenzialità in termini di melodia e di arrangiamento la musica descrive e nello stesso tempo commenta con il massimo della funzionalità, mantenendosi abilmente in equilibrio tra il carattere scanzonato e insieme fragile della storia adolescenziale portata sullo schermo. Può parlarci di questa scelta musicale? C'è stata dell'improvvisazione durante la registrazione di quel brano? Il fischio era quello di Alessandroni?

La scena in cui Gloria [Guida] è in bagno e si contempla allo specchio l’ho sottolineata io stesso con il mio fischio - non ho mai usato il fischio di Alessandroni nei miei film essendo io stesso un ottimo “fischiatore” - seguendo le sue mosse, improvvisando e rifacendolo varie volte fino alla soddisfazione mia e di Imperoli.

A proposito di invenzioni melodiche, di film in film il suo atteggiamento e trattamento melodico sembra prediligere l'adozione di un regime monotematico, variato e modificato anche in termini orchestrali…

Come ho già spiegato circa l’adozione di un motivo conduttore e del monotematismo, ho seguito il metodo americano suggeritomi da Mancini. L’eccessiva abbondanza di temi in un film, a meno che non sia un film musicale, non fa altro che creare confusione nello spettatore e nella sua memoria.

cover_black_emanuelle_goes_east.jpgParlando di orchestrazione e ricorrenze timbriche e strumentali, il suo comporre mostra una notevole predilezione per legni ed archi, con particolare predominanza di flauti, spesso solisti all'interno di scenari musicali che non disdegnano il folk, il lounge e il blue-grass. C'erano solisti e turnisti a cui si rivolgeva regolarmente?

Certo registrando le musiche prevalentemente a Roma, ci si serviva sempre dei musicisti della cooperativa romana nella quale c’erano esecutori più che eccellenti e sui quali si potevano dormire sonni più che tranquilli.
Il flauto è uno strumento molto duttile, molto dolce e molto malleabile e nelle mani di un ottimo strumentista gli si può far fare qualunque cosa, sottolineare qualunque stato d’animo.


Anche il tema di Emanuelle Nera, uno dei più riconoscibili di tutto il suo repertorio, trae grande forza e caratterizzazione dal flauto, così come dalle strutturanti ritmiche e dalle coloriture tribali per percussioni - un tratto ulteriormente indicativo della sua sensibilità alle sonorità esotiche. Ci racconti di come è nato questo tema e in generale della sua esperienza nella serie di Emanuelle.

Il primo film della serie Emanuelle Nera fu Black Emanuelle e poiché Albertini era un mio ottimo amico di vecchia data, nonostante il film non fosse un capolavoro, misi tutto il mio impegno per fare della buona musica. Il tema principale che mi venne subito in mente mi piacque moltissimo, partorii un testo in inglese e lo proposi ad un complesso di amici, i Bulldogs, che ne fecero un’ottima esecuzione con relativa, numerosissima vendita del loro disco. Della parte orchestrale, ricalcando l’arrangiamento del tema eseguito nel film, ce ne sono state diverse versioni di varie orchestre nel mondo.
Il film, con mia grande meraviglia, uscito in Italia in maniera abbastanza “normale”, ha avuto invece il suo exploit a Londra dove è rimasto in proiezione per più di quattro mesi nello stesso cinema, con incassi superlativi.
Naturalmente a questo sono succeduti i vari
Emanuelle con D’Amato e in tutti ho cercato di far eseguire il tema conduttore da vari complessi, sempre con esito positivissimo.

cover_candido_erotico.jpgUna delle abitudini musicali della serie inaugurata da Albertini era l'utilizzo di una nuova canzone per ogni film. Come si rapportava a questa prassi? C'erano effettivamente delle richieste specifiche per ogni nuova pellicola?

L’atmosfera dei film di Emanuelle era ispiratrice lei stessa dei vari temi che mi sono sempre scaturiti spontaneamente senza nessuna fatica. Soprattutto perché Massacesi mi lasciava completamente libero e potevo dare sfogo alle mie ispirazioni musicali, con risultati più che ottimi.

Abbiamo citato Claudio de Molinis, al secolo Claudio Giorgi. Oltre a Candido Erotico, lei ha collaborato con il regista anche per il successivo Tranquille donne di campagna, interpretato nel 1980 da Philippe Leroy, Silvia Dionisio e Christian Borromeo. In entrambi i casi il regista e i film in questione sembrano aver stimolato la sua vena più drammatica e romantica, nel primo film soprattutto attraverso un appassionato tema d'amore per pianoforte, nel secondo con una partitura molto inusuale, cerebrale, misurata e profonda, ma non meno passionale. Colpiscono di quest'ultima anche le scritture astratte e quasi atonali che punteggiano il ritratto di un ragazzo difficile e incompreso, con orchestrazioni e scelte armoniche raramente ravvisabili nel resto della sua filmografia. Può parlarci di questa collaborazione e della sua esperienza in questi due lungometraggi?

Le atmosfere dei film di Claudio Giorgi erano stimolanti di tutt’altra atmosfera e tutt’altra ispirazione musicale. Nulla a che vedere con gli Emanuelle e comunque un po’ più “faticose” da sottolineare, più ricercate e gli stati d’animo da sottolineare erano più complessi, più indagati, più sfumati e degni di un’attenzione maggiore, praticamente “meno commerciali”.

foto_fiednco_superquattro.jpgIronia della sorte, parallelamente al cinema adulto, in una situazione professionale sicuramente singolare, Lei ha anche influenzato e accompagnato i pomeriggi di almeno due generazioni di bambini contribuendo alle sigle italiane di svariate serie animate di origine nipponica, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80. Canzoni come quelle vergate ed interpretate per Sam il ragazzo del West, Cyborg 009 - i nove supermagnifici, Don Chuck Castoro, Hela supergirl e altre (compresa la versione italiana del telefilm Harlem contro Manhattan, più noto come Arnold) sono entrate a tutti gli effetti nell'immaginario musicale e popolare moderno. Come sono nati questi coinvolgimenti nel mondo dei cartoni animati?

Alla nascita di mia figlia Guendalina non seppi resistere a fare anche qualcosa per i cartoni, quando le lavorazioni di questi si facevano ancora a Roma. Il tutto poi si è spostato a Milano e la D’Avena si è “impadronita” prepotentemente del settore cartoni. Per quanto riguarda Arnold, Canale 5 mi commissionò il brano che io feci immediatamente (parole e musica) ispirandomi alla faccia dispettosa del protagonista, perché a loro non era piaciuta la versione americana dei titoli. Nelle serie successive, forse per protesta degli autori originali, hanno rimesso i titoli americani. Comunque intanto noi della mia versione abbiamo venduto parecchie migliaia di copie….non so di quella americana!!!

Come detto ed evidente dalla sua filmografia, la sua esperienza cinematografica è stata a dir poco sfaccettata ed eclettica. Ci sono comunque dei generi che avrebbe voluto includere nella sua carriera di compositore per il cinema o a cui avrebbe voluto dedicarsi maggiormente, anche solo per maggior affinità personale ed artistica?

Nei vari anni io ho sempre alternato la mia attività di cantante con quella di compositore di commenti e non è stato raro il caso in cui ho dovuto rinunciare a qualche film perché impegnato con contratti all’estero come cantante, ed è stato soprattutto a causa di questa mia doppia vita che spesso ho perso i contatti con produttori e registi. Ma ciò nonostante sono riuscito a coinvolgermi in una sessantina di film, ma certo avrebbero potuto essere molti di più se avessi dedicato totalmente il mio tempo solo al cinema. Il fascino e il piacere che dà il contatto con il pubblico è irrinunciabile al punto che quando si trattava di scegliere non ho mai avuto dubbi, ho sempre scelto il canto.
Nell’estate del 1984 in quel di Macerata, abbiamo fatto uno spettacolo insieme io, Jimmy Fontana, Gianni Meccia e Riccardo del Turco. Il successo fu enorme dal momento che avevamo messo insieme i successi di ognuno di noi. Da qui ci venne l’idea di continuare e di dare un nome al nostro gruppo: I Superquattro. Fu l’inizio di una carambola di spettacoli e di apparizioni televisive  che ci hanno impegnati fino al 1994, 10 anni di viaggi per tutta l’Italia con decine e decine di spettacoli e di enormi successi e con il tempo completamente assorbito da questa idea. Poi decidemmo di separarci perché ognuno di noi aveva degli impegni che erano stati a lungo rimandati, e fu la fine dei Super 4.
Ma io in quei dieci anni avevo anche perduto tutti i miei contatti col mondo del cinema e delle produzioni, mondo che, fatto di lupi affamati, non vide occasione migliore per sostituirmi e da allora, piuttosto deluso, ho dato un addio a quella professione, dedicandomi alla realizzazione di una raccolta costituita da tutto quello che avevo fatto in 50 anni, scegliendone ovviamente solo una parte e riempiendo comunque 6 cd contenuti in un cofanetto: “I MIEI PRIMI 50 ANNI DA CANTANTE E DA COMPOSITORE”. Colonne sonore originali, canzoni, sigle di cartoni…!!!
foto_fidenco_famiglia.jpgCerto avrei avuto piacere di continuare con il cinema. Troppe cose avrei avuto ancora da dire in nuovi film, ma il 24 gennaio scorso ho compiuto 82 anni e praticamente non mi sono accorto che nel frattempo erano passati 53 anni da quando ho cominciato. Ad una domanda fatta a bruciapelo avrei risposto che sarebbero passati al massimo una ventina d’anni. Sono sicuro che se i 53 anni me li avessero dati di galera me ne sarei sicuramente accorto e li avrei contati uno per uno.
Quindi ho deciso di fermarmi, di godermi la mia nipotina di 5 anni, mia figlia, mia moglie, di alzarmi tardi senza l’incubo di una partenza aerea o di un turno con l’orchestra alle 9 del mattino, di andare al supermercato a comprare qualcosa, andare in un museo. Io vivo a Roma e non sono mai andato a vedere la Basilica di San Pietro o i Musei Vaticani. E questo riguarda non solo il cinema ma anche le tournée da cantante, le serate e i vari spettacoli.

Continua a comporre e ad interpretare i suo successi?

L’altro giorno mi hanno telefonato dal Brasile per fare un’ennesima tournée in quel meraviglioso paese dove ho fatto spettacoli fin dal 1963 con ritorni ad anni alterni fino a due anni fa. Ad un mio rifiuto, dicendo che ormai ero stanco di sfibranti sfacchinate, mi hanno risposto che Aznavour (89 anni) e Tony Bennet (credo 85) ritornano ogni anno in Brasile. Ho risposto che ovviamente hanno deciso di lasciare la pelle sulle tavole del palcoscenico, ok...i gusti son gusti.

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