Dalla 64esima Mostra di Venezia: Intervista a Todd Haynes

foto_todd_haynes.jpgDalla 64esima Mostra di Venezia: Intervista a Todd Haynes
I’m not there

Quando la vita di un’icona rock diviene leggenda.

I’m not There (Io non sono qui), titolo della pellicola "ispirata alle molte vite di Bob Dylan" (come da premessa iniziale nel film) e firmata da Todd Haynes (Velvet Goldmine, Superstar), è anche il titolo di un brano inedito, registrato a Woodstock dallo stesso Dylan con The Band nel 1967 nelle session per "The Basement Tapes". Pare però che Bob, nello stesso periodo, fosse convalescente in seguito ad un incidente motociclistico… Il brano fu poi omesso dalla scaletta definitiva dell'opera, per esser riesumato solo anni dopo in "The Basement Tapes Sessions", che include tutte le incisioni originali. Una canzone che è solo leggenda? Basta questo piccolo aneddoto per capire che non si è di fronte al solito biopic, piuttosto ad una serie di storie intrecciate ad arte, filmate con uno stile sempre differente e adeguato al personaggio (sei attori per sei Bob Dylan, tra cui spicca “l’incarnazione” del lato tormentato di Dylan operata da Cate Blanchett) e legate tra loro da una colonna sonora coerente. Il film si apre con l’irrequieto “Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again” e prosegue in ordine più o meno cronologico, con grandi hit del “menestrello” (come “All Along The Watchtower” o “Visions of Johanna”) alternate a canzoni meno note e talvolta sconosciute (come la canzone che dà il titolo al film, “I’m not There”), tutte chiamate ad assolvere una funzione narrativa. Si chiude con il successo di Dylan più rappresentativo, “Like a Rolling Stone”. Tutto ciò che si ascolta nel film è un misto di registrazioni originali e cover, interpretate da artisti contemporanei. Imperdibile per i fans di Dylan ma anche per chi desidera rituffarsi nello spirito degli anni ’60. Ma sentiamo cosa racconta il regista, Todd Haynes.

Colonne Sonore: Come mai hai scelto proprio la canzone ‘I’m Not There’ come titolo del film?
Todd Haynes: Perché si tratta di un brano misterioso che Dylan ha inciso nei Basement Tapes Sessions di Woodstock nel 1967, subito dopo l’incidente avuto con la motocicletta. La canzone rimanda ad un celebre verso di Rimbaud, Io è qualcun altro, una poesia incentrata sul tema dello spiazzamento dell’identità, che ritroviamo spesso nei lavori di Bob Dylan.

CS: E Cate Blanchett? Com’è nata l’idea di affidare la parte di Dylan ad una donna?
TH: Fin dall’inizio, il ruolo di Jude è stato concepito per un’attrice. Ritengo che fosse l’unico modo per restituire la particolarità fisica di Dylan degli anni intorno al 1966, per via di quelle caratteristiche androgine che all’epoca erano sconvolgenti ma di cui il tempo ha annacquato il ricordo. Certamente, senza l’intelligenza di un’attrice come Cate, sarebbe stato difficile dare al personaggio quella straordinaria sottigliezza e profondità che possiamo ammirare sullo schermo.

CS: Nessun ostacolo quindi, Cate ha accettato subito la proposta?
TH: Affatto! Cate ha avuto molta paura, ma penso che avere paura non sia proprio un male, perché ti mette in una posizione in cui affronti dei rischi e dai il meglio di te. C’è voluto parecchio prima che accettasse la parte, una parte che è stata per lei una sfida incredibile che direi abbia vinto pienamente.

locandina_im_not_there.jpgCS: Come hai scelto le canzoni da includere nel film?
TH: Ho deciso di privilegiare le canzoni che potessero assolvere una funzione narrativa nella drammaturgia del film. Ho pensato che abbinare i grandi capolavori di Dylan, come ‘All Along The Watchtower’ e ‘Visions of Johanna’, a canzoni meno popolari, in certi casi addirittura sconosciute –come ‘I’m not There’- fosse un’idea vincente. Volevo un misto di registrazioni originali di Dylan e di cover delle sue canzoni, interpretate da artisti contemporanei. Questa scelta mi ha dato la possibilità di continuare ad ampliare e rinvigorire l’enorme patrimonio musicale di Bob, infondendo nuova vita a canzoni come ‘Going To Acapulco’ e ‘Pressing On’.

CS: Quindi non è stata una scelta dettata dai gusti personali, una compilation delle canzoni preferite per intenderci…
TH: No, direi che le canzoni scelte per il film non sono necessariamente le mie preferite-anche se adoro molte di loro- e non sono neppure quelle considerate comunemente le migliori…

CS: Ma c’è una canzone di Dylan che ami in particolare?
TH: …non ho una canzone preferita. Però ho un disco preferito, è ‘Blonde on Blonde’, il primo doppio album del periodo rock: la sua modernità barocca e la sua raffinata drammaticità continuano a stupirmi ogni volta che ascolto il disco, anche a distanza di anni…

CS: E con Dylan com’è andata? E’ stato facile avere la sua approvazione sul progetto?
TH: E’ stato davvero difficile! Dylan non ha mai supportato nessun progetto su di lui. E’ stato solo dopo aver letto la sceneggiatura che mi ha detto sì e ha concesso tutti i diritti…

 

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