La Musica nel Muto: La musica del cinema muto di ispirazione wagneriana – parte settima

foto luigi mancinelli

La Musica nel Muto: La musica del cinema muto di ispirazione wagneriana – parte settima

Un esempio importante di musica d’autore applicata al cinema muto è datato 1918; faccio riferimento in questo caso alle musiche di Luigi Mancinelli per il film Frate Sole, con la regia di Ugo Falena e Mario Corsi, un vero e proprio omaggio alla figura di San Francesco.
Ho ricevuto la commissione per Wikimania 2016 di rivisitare la partitura originale di questo compositore e di realizzarne una nuova versione per l’esecuzione live in occasione del raduno mondiale dei wikipediani proprio in questa estate 2016.

Il lavoro di analisi portato avanti sulla musica originale mi ha consentito, naturalmente, di studiare e dedurre alcuni aspetti importanti che rendono oggi possibile la stesura di questo scritto. Per comprendere appieno questo lavoro, occorre però innanzitutto fornire alcune note esplicative della figura del compositore orvietese, nato nel 1848, figlio di un musicofilo. Mancinelli inizia a suonare il contrabbasso molto giovane e presto entra anche a far parte della banda di Orvieto. La passione per la musica lo spinge alla fuga verso Firenze, dove studierà poi privatamente violoncello e composizione. Nel 1874 Mancinelli diviene - proprio grazie a talento musicale e determinazione -, primo violoncello e preparatore di cantanti al teatro Morlacchi di Perugia; una sostituzione improvvisa, però, gli consente di debuttare anche come direttore d’orchestra, impressionando immediatamente l’editore Ricordi e l'impresario Jacovacci. Viene così scritturato per il Teatro Apollo di Roma nella veste di maestro sostituto; il suo carisma direttoriale gli consente di intrattenere presto amicizie importanti, come quella con Arrigo Boito, dopo averlo conosciuto personalmente in occasione della direzione del Mefistofele nel 1877. Mancinelli studia moltissimo la musica di Wagner, divenendone un interprete importante; basti ricordare il pieno apprezzamento dello stesso Wagner per le sue interpretazioni di Lohengrin. Al contempo, anche la sua statura compositiva cresce e così – in occasione dell’Esposizione Universale del 1878 – esegue tre dei suoi intermezzi sinfonici per la Cleopatra di P. Cossa. Immediatamente viene in evidenza il suo personale approccio all’orchestrazione di stampo germanico, una forte tendenza alla trascolorazione timbrica e l’identificazione di una struttura formale come una sorta di paratassi di aree tematiche. Lo ritroviamo poi a Bologna, dal 1881 al 1886, nella veste di divulgatore; fonda, infatti, la Società del Quartetto e dirige il Teatro Comunale e il Liceo frate soleMusicale Rossini, dove inizia ad insegnare proprio composizione. Son questi gli anni delle frequentazioni di Busoni, di Liszt e Wagner. Nel 1886, però, un grande insuccesso della sua prima opera, lo induce a dimettersi da tutte le cariche ricoperte a Bologna e decide di tornare a dedicarsi in pieno all’attività direttoriale, in particolare a Londra e Madrid. Proprio a Madrid, unirà il ruolo di direttore musicale con quello di direttore artistico, impegnandosi profondamente per la divulgazione di opere wagneriane. Sembra sia stata indimenticabile, poi, la sua prima esecuzione assoluta fuori Bayreuth del Parsifal di Wagner nel 1914 a Bologna, insieme all’imposizione di lavori di Richard Strauss, come Salomè e del Pelléas et Mélisande di Debussy. Man mano, però, che i ritmi direttoriali iniziano a rallentare, aumentano di pari passo quelli compositivi; ricordiamo, dunque, la Ouverture romantica, la Romanza senza parole per violoncello e pianoforte, “Prière des oiseaux” per voci bianche e orchestra, la “fantasia lirica” Sogno d’una notte d’estate (1915-17, poi però non rappresentata) e le musiche per i film (le cosiddette “visioni storiche”), tra cui Frate sole nel 1917. L’incidenza di alcune scelte di studio e di naturale inclinazione repertoriale si avverte fortemente nella realizzazione delle musiche per il film di Falena-Corsi. Infatti, la partitura analizzata per Frate Sole risente di forti suggestioni wagneriane, restando improntata a un incessante cromatismo, nella chiara volontà dell’autore stesso di lasciare spazio ad una complessità delle soluzioni ritmiche in abbinamento con un melodismo asciutto e spesso tortuoso, indicativo di una volontaria rinuncia al canto. Si potrebbe parlare di varianti neogotiche e neoclassiche, in cui Mancinelli sceglie prevalentemente un tipo di drammaturgia statica, con una disposizione paratattica e la riproposizione di motivi conduttori. Possiamo sicuramente assimilare il lavoro ad una sorta di poema sinfonico-corale, più che ad un commento musicale alla pellicola, nell’ottica – propria del Mancinelli – di far sì che il pensiero compositivo non possa lasciarsi influenzare in modo esageratamente pervasivo dalle immagini. Ciò però non sempre garantiva la piena riuscita dei suoi lavori – diremmo oggi – di musica applicata, motivo per cui in una ricostruzione come quella commissionatami ho preferito anche lavorare sull’aspetto propriamente compositivo. Sicuramente una partitura che per tipologia di orchestrazione, ricchezza e cromatismo, vuole rappresentare una densità del pensiero creativo, evidentemente ritenuto determinante nella elaborazione del materiale musicale da Mancinelli. Il risultato sonoro è sicuramente impattante, sebbene talvolta appaia esorbitante rispetto alle reali necessità cinematografiche; fuori discussione però la qualità squisitamente compositiva dell’opera, espressione di un autore profondo conoscitore delle dinamiche orchestrali e della letteratura musicale.

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