Suono e Immagini nella Russia del XX Secolo - Parte 2: Alfred Schnittke

Suono e Immagini nella Russia del XX Secolo - Parte 2: Alfred Schnittke

Introduzione

Quando si parla di Alfred Schnittke appare inevitabile analizzare non solo la sua figura di compositore quanto anche di riflettere su un vero fenomeno artistico e culturale derivante dalla straordinaria carica espressiva e umana del suo linguaggio musicale che ha saputo indirizzarsi in modo immediato e profondo all’anima dell’ascoltatore del XX secolo. I suoi lavori hanno ottenuto clamorosi successi in tutto il mondo e vantano un numero di registrazioni discografiche senza precedenti, almeno per un autore contemporaneo.
Nasce il 24 novembre 1934 a Engels, città sulle rive del Volga, da genitori russo-tedeschi. Dal 1946 al 1948 la famiglia Schnittke si trasferisce a Vienna dove il padre lavora come giornalista e nella città danubiana, culla della musica, Alfred manifesta la sua grande passione che i genitori assecondano inviandolo a lezione di piano dalla Frau Ruber, una musicista che vive nel loro stesso stabile.
Vienna gli offre, ovviamente, la possibilità di vivere il mondo della grande musica alla Staatsoper (Flauto Magico, Valchiria) e nelle sale da concerto, in particolare il Musikvereinssaal dove ascolta grandi esecuzioni delle sinfonie di Bruckner, Mozart e Schubert. Vienna segna profondamente il suo animo artistico ed è la città dove egli vorrà sempre ritornare con gioia.
Con il ritorno il Russia nel 1951 Schnittke prosegue i suoi studi musicali al Conservatorio di Mosca avviandosi alla carriera di compositore, avendo come compagni di cammino altri futuri nomi illustri come Karamanov, Schedrin e Denisov.
I suoi studi sono profondamente influenzati dalle composizioni dei grandi classici russi ma soprattutto dal linguaggio musicale di Dimitri Schostakowitch (1906 – 1975) di cui egli assimila le lunghe linee sonore e il respiro dei movimenti. Attraverso l’ascolto dei lavori sinfonici di Schostakowitsch Schnittke viene inevitabilmente anche a raffrontarsi con il mondo sonoro di Gustav Mahler (1860 – 1911) dominato dalla dialettica del perenne confronto fra bene e male, vita e morte che diventeranno elementi caratterizzanti di molti suoi futuri lavori.
Schnittke vive con grande interesse gli anni del disgelo krushoviano che seguono la morte di Stalin agli inizi degli anni ’60. Si forma in questo periodo, in particolare nel mondo del cinema, la generazione dei sestidesjatniki, il popolo artistico dei sessantini che osserva l’occidente – fino ad allora un continente remoto e inaccessibile – in un’aureola di romanticismo: il fascino del cinema italiano come della pittura e della moda francesi sono irresistibili.
In questo periodo Schnittke ha la possibilità di approfondire le partiture dei compositori della Scuola di Vienna (Schoenberg, Berg e Webern) che considerando chiusa l’esperienza del romanticismo e del concetto di armonia melodica aprono il nuovo mondo sonoro della musica seriale e dodecafonica. Entra inoltre in contatto con importanti compositori contemporanei come Stockhausen, Boulez e Nono. Questo mondo contemporaneo che ha rotto brutalmente i ponti con il passato sviluppando impegnativi linguaggi avanguardistici rimane comunque inviso a livello politico in Russia, dove il concetto di arte di larga diffusione, accessibilità, comprensione e propaganda per le grandi masse rimane precipuo.
Nel 1961 termina la specializzazione in composizione al Conservatorio di Mosca. La sua prima fase compositiva si estende fino agli inizi degli anni ’70  ed è influenzata dal linguaggio seriale della Scuola di Vienna che egli adatta con grande estro alla propria dinamica espressiva evitando in questo modo di cadere in un arido razionalismo estetico.
In realtà Schnittke è anche fortemente affascinato dalla letteratura musicale classica e in particolare dal mondo sonoro di Johann Sebastian Bach che riesce a riportare a nuova vita in un contesto dialettico totalmente nuovo e moderno: la composizione musicale percepita a vari livelli attraverso il dialogo del passato con il presente dove altri elementi stilistici vengono ad aggiungersi nel nuovo affascinante linguaggio: jazz, tango, rock, walzer.
Il carattere polistilistico della sua musica entra ben presto in conflitto con le autorità culturali in Unione Sovietica rompendo in modo provocatorio gli schemi musicali affermati e perseguiti a livello politico: il suo stile viene tacciato come manierismo sperimentale di impronta occidentale.
Come avvenuto per Prokovjev e Schostakowitsch anche Schnittke, insieme peraltro ad altri grandi musicisti della sua generazione come Sofja Gubaidulina e Edison Denisov, non sfugge al destino di pesanti censure e vessazioni, ma la prorompente carica umana e spirituale della sua musica segna successi travolgenti in patria e soprattutto in occidente anche con il coraggioso impegno di eccelsi solisti quali Gidon Kremer, Mstislav Rostropovitsch, Jurij Bashmet, Oleg Kagan e Natalja Gutman.
Nell’ultima fase compositiva, negli anni ’90 – in un precario stato di salute seguito a ben tre ictus – la sua idea musicale subisce una chiara metamorfosi divenendo più rarefatta, intima ed essenziale.
Alfred Schnittke si spegne ad Amburgo, dove si era trasferito agli inizi degli anni ’80, il 3 agosto 1998.
Malgrado tutte le difficoltà poste da una salute fattasi sempre più precaria, l’attività compositiva di Schnittke è stata alquanto prolifica e comprende fra l’altro 9 sinfonie, 6 concerti grossi per strumenti e orchestra, 4 concerti per violino e orchestra, 2 concerti per violoncello e orchestra, il concerto a 3 per violino, viola, violoncello e orchestra, il balletto dal Peer Gynt di Ibsen, 3 opere (Historia von Dr. J. Faustus, Gesualdo, La vita con un idiota), 3 concerti per piano, 4 quartetti per archi, 1 trio per archi, 1 Requiem, 1 Concerto per Coro e ben 60 colonne sonore per il cinema.

Il lavoro per il cinema

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L’attività di Schnittke per lo schermo abbraccia il periodo che va dal 1961 al 1984, anno in cui il maestro considera definitivamente chiusa questa esperienza. Negli anni ’90 egli si lascerà convincere al ritorno al cinema componendo una nuova colonna sonora per il grande film muto di Vsevolod I. Pudovkin La fine di San Pietroburgo (Konec Sankt-Peterburga, Mezrabpom-Rus Studio, Mosca 1927) eseguita in prima mondiale alla Alte Oper di Francoforte sul Meno nel 1992 sotto la direzione del Maestro Frank Strobel.
Per Schnittke, come del resto lo era stato anche per Schostakowitsch e Prokovjev, l’attività per il cinema rappresenta un importante mezzo di sopravvivenza in una situazione politica che condiziona pesantemente la libertà di espressione artistica  e che vede con sospetto gli slanci avanguardistici e polistilisti così come i nuovi spazi sonori che caratterizzano il suo linguaggio musicale.
Negli anni ’60 il mondo del cinema sovietico è in grande fermento: la politica del disgelo perseguita da Krushov ha permesso i primi contatti culturali con i paesi occidentali, si traducono libri di autori americani ed europei, vengono pubblicate le opere di Solghenitsin e esposti i lavori di pittori e scultori fino ad allora sottoposti a censura.
In questo clima di entusiasmo la realtà cinematografica sovietica inizia a staccarsi dai criteri asettici e ideologici del realismo socialista voluti da Stalin. Al VIKG (Istituto Statale di cinematografia) di Mosca insegnano grandi maestri quali Mikhail Romm e Sergej Gerasimov e in questo periodo si forma e fiorisce  una generazione di registi fortemente impegnati nel cambiamento che produrrà una lunga serie di indimenticabili capolavori della storia del cinema russo: Andreij Tarkovskij, Elem Klimov, Andreij Kontschalowski, Larisa Sepitko, Alexander Mitta, Kira Muratova, Igor Talankin, Vladimir Naumov.
Mentre le musiche scritte per il cinema da Prokovjev e Shostakowitsch possedevano una inconfondibile impronta narrativa che non differiva sostanzialmente da un film all’altro, con Schnittke prevale un approccio compositivo alquanto diverso nel suo costante sforzo di associare il discorso musicale al contenuto, al carattere e al ritmo dell’immagine.
La sua impressionante inventiva e il suo non comune estro gli consentono di associare idee musicali elaborate in piena libertà e autonomia con il concetto visivo ed estetico ideato dal regista per lo schermo evitando di cadere in un mero lavoro descrittivo o imitativo.
Il cinema diventa per Schnittke assai presto un importante laboratorio di sperimentazione musicale da cui attingerà importanti idee per future fondamentali composizioni.
L’aspetto singolare e affascinante che lo distingue dagli altri musicisti è la sua capacità di realizzare colonne sonore la cui qualità e valenza musicale arriva a consentirne un’esecuzione e un ascolto autonomi, al di fuori dello schermo, come una normale composizione.
Il carattere polistilistico del suo linguaggio lo rende perfettamente idoneo ai ritmi più serrati che i giovani registi del disgelo imprimono ai loro lavori e che spesso richiedono proprio l’associazione di idee musicali differenziate.
Il grande successo delle sue colonne sonore risiede anche nella forte intrinseca identità della musica che non si limita ad accompagnare le immagini ma riesce a creare con queste anche atmosfere di contrasto e contrappunto polifonico volto a sottolineare la contraddizione fra l’apparente e il sottinteso, stimolando in questo modo anche gli aspetti inconsci del film.
Lo sviluppo del suo linguaggio musicale è strettamente legato alla visione del film Il mondo oggi (I vse-taki ja veriu…Mosfilm 1972) di Mikhail Romm, una riflessione documentata degli avvenimenti storici contemporanei.
Afferma al riguardo il compositore: “…senza la visione del film, un’incredibile e tragica cronaca del nostro tempo, la mia 1. Sinfonia non sarebbe mai venuta alla luce. Quello che all’inizio appariva come un caotico insieme di fatti aveva in realtà un suo filo e sviluppo logico…”.
La 1. Sinfonia di Schnittke – utilizzata in seguito proprio come colonna sonora del film – è un travolgente caleidoscopio musicale che si muove tra storia, realtà e contrastanti indirizzi musicali.
Al tradizionale organico dell’orchestra sinfonica si aggiungono una jazz-band, sassofono e chitarre elettriche. Ai temi classici del barocco e del romanticismo si alternano momenti di forte impronta seriale per entrare poi in furioso confronto con marce militari, ritmi danzanti, motivi fox-trot e solistiche improvvisazioni jazzistiche. L’ultimo movimento rappresenta la sintesi delle idee sviluppate in precedenza e culmina in un impressionante crescendo multiforme che d’improvviso conduce l’ascoltatore in un brutale vuoto, come avviene nella Sinfonia degli adii di Haydn: il direttore lascia il podio prima che il gioco sonoro delle campane risuoni come all’inizio della sinfonia.
Un analisi completa delle sue ca. 60 colonne sonore non è al momento tecnicamente possibile anche per la difficile e a volte impossibile reperibilità di diversi film.
Molto spesso, inoltre, le partiture, una volta utilizzate nel film, sono andate perdute se non – per motivi politici - sequestrate o distrutte.
Il Maestro tedesco Frank Strobel, che ha trascorso lunghi periodi a fianco del compositore, si dedica da vari anni a un difficile e accurato lavoro di ricostruzione e restauro dei  suoi principali lavori  per il cinema che si è concretizzato con la pubblicazione da parte della Casa Musicale Sikorski di Amburgo delle partiture di  numerose edizioni integrali e suite da concerto.
Questo importante lavoro asseconda il grande desiderio espresso in vita da Schnittke di poter riesumare e vedere eseguite alcune delle sue colonne sonore maggiormente significative.
Il lavoro del Maestro Strobel è documentato da una serie di registrazioni CD a cura delle case discografiche CPO e Capriccio (vedere intervista e discografia nel nostro sito).
Molti registi importanti si accorgono fin dagli inizi degli anni ’60 del  grande estro musicale del compositore e cercano di assicurarsene la collaborazione.
Schnittke firma le colonne sonore di diversi film di Igor Talankin, noto in occidente soprattutto per il suo Cajcovskij (1976, Mosfilm), ritratto della vita del compositore russo.
Nel 1968 compone la musica per il suo film Stelle di giorno (Dnevnye zvezdy, Mosfilm 1968) sulla vita della Poetessa e scrittrice Olga Berggolc nell’avvincente interpretazione della grande attrice Anna Demidova. La colonna sonora verrà successivamente utilizzata dal compositore nel terzo dei suoi Inni per violoncello, la cui veste espressiva si ispira alla polifonia dissonante del canto liturgico ortodosso.
Sempre nel 1968 Schnittke inizia la sua collaborazione con Andrei Khrzanovskij, fondamentale regista nella storia del cinema russo d’animazione.
Ascoltando casualmente alla radio il concerto per violino n. 1 di Schnittke egli ne aveva trovato un perfetto riscontro con l’idea musicale che più gli pareva adatta al film che si accingeva a realizzare in collaborazione con l’indimenticabile sceneggiatore Gennadi Spalikov (1937 – 1974).

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L’Armonica di vetro (Stekljannaja garmonika, Soyuzmultfilm 1968) è un affascinante cartone animato dal carattere metaforico sul destino e sul ruolo dell’arte in un contesto politico totalitario filtrato attraverso la visione di grandi capolavori della pittura, da Raffaello a Dali’.
Il carattere poliedrico della musica corrisponde perfettamente al polistilismo visivo del film e Schnittke riesce a conferire un linguaggio unificante agli svariati elementi tematici appartenenti a stili diversi. Scrive al riguardo il violoncellista Alexander Ivashin nel suo libro sul compositore (Phaidon): "…l’idea unificante del materiale musicale utilizzato per l’Armonica di Vetro è dato dal monogramma B-A-C-H quale simbolo della sorgente della tradizione musicale europea…”.
La colonna sonora diventa in seguito la base su cui Schnittke costruisce la sua 2. Sonata per violino e pianoforte denominata ‘Quasi una sonata’.
Nel 1971 si realizza con le musiche per lo Zio Vanja (Djada Vanja, Mosfilm) la sua sola collaborazione con Andreij Kontschalowskj, regista trasferitosi negli USA nel 1980 e noto al pubblico internazionale fra l’altro per il suo avvincente film A 30 secondi dalla fine (Runaway Train, 1985).
La pregiata trasposizione del dramma checoviano si avvale fra l’altro della superba interpretazione nel ruolo del titolo da parte di Innokenti Smoktunovski.
Afferma il regista Alexander Sarchi a proposito del suo film Storia di un attore sconosciuto (Povest o neizvestnom aktiore, Mosfilm 1977): “…il nostro attore è un personaggio dall’anima romantica nel miglior senso del termine…” e Schnittke asseconda magnificamente la visione artistica del regista rispondendo con una musica dalle forti tinte romantiche e melodiche che evocano gli slanci espressivi di un Rachmaninoff e conferiscono al film una forte carica emotiva.
La musica scritta per il film di Aleksander Askoldov La Commissaria (Komissar, Studio Gorki 1967 – 1986)  con la monumentalità dei suoi 45 minuti potrebbe tranquillamente rappresentare una sinfonia o un poema sinfonico con l’intensità dei suoi temi di forte impronta meditativa e con una carica spirituale che richiama la sua  4. sinfonia.
Il film ha un forte carattere ecumenico e religioso nella sua rappresentazione del conflitto esistenziale fra forze creatrici e distruttrici e si avvale della presenza di due supremi talenti quali Rolan Bykov (l’artigiano Efin) e Nonna Mordjukova (la commissaria).
Le autorità del Goskino considerano il film come portatore di componenti ideologiche sovversive: la rivoluzione bolscevica intesa come forza distruttiva dei sentimenti, della natura dell’uomo, dell’istinto materno. Il film viene sequestrato e il regista privato della possibilità di continuare nell’ esercizio della professione. Il film verrà riesumato non senza ulteriori difficoltà con clamoroso successo di critica e pubblico agli inizi della Perestroika nel 1986.
Alexander Mitta è un  classico esponente della generazione ‘sessantina’, autore esperto e raffinato  di film per ragazzi e adulti con cui Schnittke realizza alcune fra le sue musiche più brillanti.
Dai toni misteriosi e drammatici che caratterizzano la musica di chiara impronta sinfonica scritta per Atterraggio zero (Ekipaz,  Mosfilm 1980) – affascinante storia di un equipaggio dell’Aeroflot rappresentata nelle sue componenti psicologiche e nei suoi tratti avventurosi e drammatici – Schnittke passa alla travolgente giovialità che caratterizza quella per Bimbi e Clowns (Klouny i deti , Mosfilm 1976)  fino alla debordante fantasia ritmica e melodica dei temi che accompagnano le immagini della splendida fiaba per adulti  La novella del cammino (Skazka stranstviy, Mosfilm, Berendov Praha, Romania Film Bukarest  1982).

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Come lo Zar Pietro riuscì a sposare il suo moro (Skaz  pro to, kak car Petr arapa zenil, Mosfilm) realizzato da Mitta nel 1976 è una colorata fiaba dal taglio storico in cui viene ricostruito uno spaccato della Russia del XVII e XVIII secolo. Il leitmotiv della colonna sonora viene in seguito ripreso da Schnittke per la costruzione del suo ormai leggendario Concerto Grosso 1 per 2 violini, piano amplificato e orchestra, lavoro che ha ottenuto un clamoroso riscontro di pubblico e critica e che ha lanciato il compositore in un inarrestabile successo a livello planetario. Potremmo definire i Concerti Grossi di Schnittke come un riflesso barocco che in continua metamorfosi cerca di riproporsi nel discorso musicale contemporaneo.
Afferma al riguardo il compositore: “…in questo mio lavoro ho cercato di perseguire l’utopico sogno rivolto alla creazione di uno stile omogeneo dove l’incontro fra elementi di musica seria e leggera non produca effetti fuorvianti ma rappresenti una realtà musicale polivalente. Per questo ho deciso di mettere insieme alcuni motivi utilizzati in colonne sonore di film associandoli al tema del concerto grosso barocco e integrandoli con un tango che mia nonna soleva suonare al clavicembalo…”.

ELEM KLIMOV & LARISA SEPITKO

L’incontro artistico e spirituale di Schnittke con Elem Klimov (1933 – 2003), personalità di grande profilo etico, artistico e umano, era inevitabile essendo ambedue nati sulle rive del Volga, a pochi chilometri e a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro.
Diplomatosi all’Istituto statale di cinematografia di Mosca (VGIK) sotto la guida di Efin Drigan, Klimov rappresenta una delle maggiori vittime della repressione culturale e della censura marxista, eppure, pur potendo egli realizzare ben pochi film, è riuscito ugualmente a scrivere pagine fondamentali nella storia del cinema russo.
La sua collaborazione con Alfred Schnittke ha inizio nel 1965 con L’avventura di un dentista (Pochozdenija zubnogo vraca,  Mosfilm), storia di un medico che riesce a elaborare un metodo indolore di estrazione dei denti e che cade vittima dell’invidia e inettitudine dei suoi mediocri colleghi.
Schnittke anticipa qui con la sua musica l’eclettismo armonico che ritroviamo qualche anno più tardi nella colonna sonora per L’armonica di vetro.
L’immediatezza del linguaggio e del messaggio etico trasmesso dal film si vanno  inevitabilmente a scontrarsi con la censura delle autorità del Goskino che impongono revisioni e tagli alla pellicola. Il regista, fermo da profondo idealista nella sua visione artististica, opponendo un netto rifiuto, diviene  da quel momento oggetto di continui boicottaggi e vessazioni che renderanno la sua carriera particolarmente traumatica.
Sport, Sport, Sport (Mosfilm 1971) è un documentario romanzato sugli aspetti isterici della vanagloria sportiva nelle competizioni internazionali intesa anche come malattia di un epoca, il tifoso inteso come persona sofferente da febbre da tifo.
L’età gloriosa dei giochi puri dell’antica Grecia è ben lontana e ora ha lasciato il posto all’azione perversa del male.
La OST composta da Schnittke si distingue per la sua vivacità ritmica e la sua intensa carica ironica in una formidabile fusione di temi jazz, marce militari e contrappunti barocchi.

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Uno dei film più acclamati e allo stesso tempo più controversi di Klimov è sicuramente Agonia (Agonija, Mosfilm 1974), la cui realizzazione si protrae per diversi anni.
Il soggetto ci porta nel 1916, negli ultimi momenti di vita del regime della famiglia zarista dei Romanov e raffigura il mito e il destino del monaco Rasputin, personaggio circondato da un’aureola magica, quasi leggendaria. Il monaco è espressione della lotta per la sopravvivenza del regime zarista e al tempo stesso espressione – ma non anche causa – del suo disfacimento e la sua eliminazione non impedisce il sopravvento di un destino politico ormai inarrestabile.
Accanto alla raffigurazione del monaco nei suoi tratti demoniaci e beffardi nella grandiosa interpretazione di Alexei Petrenko, il regista trasmette in modo avvincente l’immagine della società russa con momenti dai forti tratti satirici e burleschi.
Le grandiose scene dal taglio epico realizzate con estrema cura del dettaglio e grandi intensità di contrasti unite a un raffinatissimo gioco di luci, ombre e colori fanno di Agonia una delle grandi pagine del cinema russo del dopoguerra.
Di nuovo e ancora più che in precedenza il destino artistico di Klimov si scontra con la censura da parte delle autorità sovietiche: la storia di un personaggio controverso come Rasputin, la rappresentazione della fine del periodo zarista e il cammino del paese verso un futuro incerto e oscuro vengono considerati come un’aperta provocazione.
Il Comitato Nazionale per la Cinematografia a Mosca dispone una immediata messa al bando del film e la contemporanea distruzione della colonna sonora realizzata da Schnittke.
Con l’avvento della Perestroika agli inizi degli anni ’80 il film viene restaurato e riproposto al pubblico nelle sue due parti.
Anche la colonna sonora viene ripristinata con grande lavoro e non poche difficoltà nel 1987. In seguito Schnittke ne elabora una suite da concerto che nel 1997 viene eseguita in prima mondiale ad Amburgo sotto la direzione del Maestro Frank Strobel che ne firma anche una registrazione CD (cfr. intervista e discografia nel nostro sito).
Il grande canto corale che accompagna le immagini epiche del film scaturisce dal magico mondo sonoro che Schnittke è capace di creare e assume la forma di una trascendente passacaglia di taglio tardo romantico che avrà un seguito fondamentale nello sviluppo del linguaggio musicale del compositore.
Il 4. movimento del suo Concerto n. 2 per violoncello e orchestra, dedicato a Mstislav Rostropovich e da questi eseguito in prima mondiale a Londra nel 1990, prende avvio proprio dal motivo della passacaglia che accompagna le immagini della pellicola e che viene rielaborata in un linguaggio innovativo nella sua impressionante densità timbrica e espressiva e nella sua potenza interiore e visionaria che ne fanno uno dei grandi capolavori della musica del XX secolo.
Il motivo del tango viene invece ripreso dal compositore nel suo acclamato Concerto Grosso 1 per 2 violini, piano amplificato e orchestra, mentre in un’altra fra le sue opere più significative, il Quintetto per pianoforte, ritroviamo le note che accompagnano le accattivanti sequenze del Palazzo di Alessandro con il diabolico ritmo danzato del walzer, il cui gemito risuona in un crescendo inquietante scandito dalla Lebensuhr, nello scorrere del tempo e della vita e nel dramma dell’agonia della storia.
Klimov raggiunge probabilmente la sua vetta artistica con Addio a Matjora (Proskanie, Mosfilm 1983), lavoro iniziato nel 1979 da sua moglie, anch’ella regista, Larisa Sepitko, vittima di un tragico incidente d’auto proprio alcuni giorni dopo l’inizio delle riprese. Il film viene portato a termine da Klimov  fra grandi difficoltà solo nel 1983.

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Basato su un racconto dello scrittore Valentin Grigorewitsch Rasputin, Addio a Matjora è la rappresentazione del dramma dell’inesauribile conflitto  fra progresso e tradizione.
Matjora è un’isola adagiata su un fiume siberiano e il suo villaggio è inserito in un contesto naturale idillico e intatto dove la sua gente vive il rito di tradizioni agresti in totale simbiosi con la terra. Improvvisamente una superiore decisione politica stabilisce che in nome del progresso si rende inevitabile la costruzione di una diga: Matjora è condannata all’inondazione e alla distruzione del suo idillico microcosmo mentre gli abitanti devono essere trasferiti sulla terraferma in squallide abitazioni in palazzi di cemento appositamente realizzati.
Il responsabile operativo Woroncov pianifica con perfida freddezza l’evacuazione degli abitanti dall’isola mentre Pawel, suo braccio destro e capo del villaggio, deve far fronte ai sentimenti contrastanti dei suoi concittadini e della sua stessa famiglia.
Mentre il figlio Andrej vuole partire subito, la madre Daria è disperata all’idea di dover abbandonare la terra dove ha trascorso tutta la vita.
In ottemperanza agli ordini ricevuti le abitazioni devono essere bruciate affinché non siano d’ ostacolo alla circolazione delle imbarcazioni sul lago che nascerà con la diga: la casa, il fuoco, l’abbandono si associano nella scenografia di un grande rituale.
L’evacuazione è terminata e Pawel è convinto che anche la madre Daria abbia lasciato l’isola ma nella nuova abitazione di cemento sulla terraferma viene risvegliato dalla sconvolgente notizia e insieme a Woronctov si precipita in barca verso Matjora per cercare di evacuare gli ultimi resistenti.
Il battello avanza lungo il fiume ma gradualmente si inabissa nella nebbia e perde ogni riferimento…l’isola non è più visibile all’uomo…il battello urla con la sua sirena…gli uomini chiamano e gridano invano alla ricerca di Matjora ma trasportati dal credo di un illimitato progresso e dalla sete di un irrefrenabile arrivismo non sono più capaci di vedere.
Daria, la madre vede e sente tutto ma rimane per l’addio in silenzio insieme alla madre terra (Matjora significa appunto madre) nel suo luogo di fede situato in uno stadio di superiore forza spirituale in cui solo pochi arrivano a trovare posto…
La disperazione assale Pawel nel momento in cui avviene l’inevitabile incontro con la coscienza che illumina la ricchezza di un mondo ormai irrimediabilmente perduto nel distacco dalla perversione dell’ambizione umana: nella nebbia l’individuo  naviga smarrito alla ricerca della propria anima che lo aiuti a comprendere la follia delle proprie azioni.
La bellezza delle immagini ricche di trasfigurazioni poetiche e metaforiche conferiscono a questo capolavoro del cinema russo una straordinaria intensità espressiva, forza epica oltre che una chiara valenza politica.
Il regista riunisce nel film un cast d’eccezione con Stefanja Stanjuta ( Daria), Alerei Petrenko (Woronctov) e Lew Durow (Pawel).

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Addio a Matjora rappresenta una sua chiara presa di posizione a favore delle persone semplici e delle tradizioni brutalmente travolte dal cieco procedere dei burocrati e tecnocrati e per la salvaguardia della natura vittima della follia orba di un progresso tecnologico senza limiti.
La colonna sonora – frutto della collaborazione di Schnittke con altri tre grandi musicisti russi quali Sofja Gubaidulina, Viktor Suslin e Vyacheslav Artjomov – propone una musica che si sviluppa in un crescendo di rara intensità espressiva per aprirsi in nuove dimensioni sonore  nella rara bellezza delle immagini finali dove l’inserimento del coro produce un impatto di grande commozione e trasporto in perfetta simbiosi con la incredibile carica metafisica e spirituale del film.
Una simile tecnica viene in seguito utilizzata da Schnittke con effetti straordinari nell’epilogo della musica di scena per il balletto Peer Gynt basato sul dramma di Heryk Ibsen rappresentato in prima mondiale alla Staatsoper di Amburgo con la coreografia di John Neumeier nel 1985.
Larisa Sepitko termina i corsi di regia al VGKI a Mosca con Alexander Dovzenko e Mikhail Romm nel 1963 inserendosi in quella che potremmo definire la leva emergente dei nuovi cineasti sovietici che cercano di indirizzare l’arte cinematografica verso nuove vie e forme espressive.
Tu e io (Mosfilm 1971) è un suo singolare film avvolto nella spontaneità di un’accattivante poetica che si muove in un meraviglioso equilibrio fra dramma esistenziale e raffinata commedia e dove la regista si avvale della preziosa collaborazione del grande e indimenticato sceneggiatore Gennady Spalikov mentre Alfred Schnittke realizza una delle sue più coinvolgenti soundtrack.
Il messaggio che Larisa Sepitko vuole trasmettere in modo quanto mai esplicito con il suo lavoro è quello della triste alienazione dell’intellighenzia sovietica rinchiusa in un ottuso mondo di privilegi e della  ricerca da parte dell’individuo di un difficile equilibrio fra crisi esistenziale e disponibilità nei confronti del prossimo bisognoso e responsabilità verso la società.
L’ordine non cronologico del fluire della storia impegna non poco lo spettatore che alla fine ha la sensazione di aver ripercorso un momento della propria vita.
Natalya Bondarschuk – grande protagonista nella figura di Hari nel Solaris (Mosfilm 1971) di Tarkowskij – interpreta con spontanea eleganza il ruolo della ragazza siberiana mentre Yuri Vizbor si cala perfettamente nel ruolo del medico chirurgo Sasha e la grande Alla Demidova è la raffinata interprete della moglie Katja.
La suggestiva partitura composta da Schnittke si muove nell’ambito dell’atmosfera di favola sognata che il film evoca e coniuga in modo stupefacente nella sua impronta sinfonica dai dissonanti toni drammatici con raffinati slanci melodici e ritmi leggeri e danzanti in una tensione espressiva  che si fonde a perfezione con il movimento spontaneo e l’intensità poetica della sceneggiatura di Gennadi Spalikov e delle inquadrature realizzate da Alexander Knyaginski.
L’Ascesa (Voshozhdenje, Mosfilm 1976), considerato come il suo massimo lavoro, è ispirato al romanzo ‘Sotnikov’ di Vassili Bikov che tratta il tema dell’occupazione nazista nei territori della Bielorussia nel 1942 e del conflitto psicologico oltre che armato fra collaboratori e partigiani.
Il soldato prigioniero Sotnikov (interpretato da Boris Plotnikov) preso in ostaggio insieme al compagno Rybak (interpretato da Vladimir Gostyukihn) rifiuta di collaborare con la polizia al servizio dei nazisti e fermo nel suo idealismo di fedeltà alla patria non accetta le allettanti offerte di collaborazione che gli vengono proposte. Il suo compagno al contrario privo di coraggio e ideali decide di seguire la strada opposta diventando complice per ritrovarsi alla fine, nell’incapacità di togliersi la vita, in una vuota disperata solitudine.
Il film è avvolto da una grande forza mistica e tutto il suo percorso fino all’esecuzione finale di Sotnikov e degli altri prigionieri può essere interpretato come una rappresentazione metaforica della passione e crocifissione di Nostro Signore, mentre il tradimento di Rybak evoca la figura di Giuda.  
La musica di Schnittke – nella prima parte della pellicola pressoché assente – assume nello scorrere delle trascendenti immagini finali la forma di una lunga meditazione corale che ricorda alcuni passaggi della sua imponente 2. sinfonia e che culmina con drammatica potenza espressiva con la sequenza della pubblica esecuzione dei prigionieri partigiani.

 

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