Il Musical con l'accento tedesco

IL MUSICAL CON L’ACCENTO TEDESCO

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L’illustre tradizione dell’operetta e del musical hollywoodiano rivisitata in chiave europea


Alzi la mano chi pensa che il musical sia solo americano. Vi ho messo in crisi? Allora proseguiamo pure cambiando, però, prospettiva. Se vi dicessi che le produzioni germaniche ed austriache hanno segnato un capitolo della storia del cinema europeo, quello del film musicale anni ’30 e ’40, mi credereste? Se la risposta (sincera) è no, allora rispondo: “nemmeno io”, salvo poi essermi documentata…già, perché tra il 1940 e il 1944, accanto alla commedia musicale di modello hollywoodiano, la cinematografia tedesca inizia a coltivare l’operetta di tradizione mitteleuropea (per intenderci alla Il Congresso si diverte di Erick Charell, 1931).
Tutto merito di quel gran geniaccio di Busby Berkeley (o meglio dire della voglia dilagante di emularlo) e dei plotoni di ballerine presenti nelle sue scenografie “alla Escher!” Come non intravedere, infatti, qualche palese citazione del modello americano quando si ha sotto gli occhi Première (1936) di Geza von Bolvary o Carnevale d’amore (1943) di Paul Martin? Proprio su quest’ultimo film occorre spendere qualche parola. Martin, esperto del genere musical, propone nel film una lunga sequenza ambientata in un Luna Park dove i protagonisti passeggiano, o meglio danzano, toccando ogni singolo stand dei baracconi (ecco la componente europea). Da porre l’accento poi su un altro dato, la pellicola è stata realizzata tra il 1942 e il 1943, in pieno sfaldamento della potente macchina bellica nazista…come dire, il cinema prova a distogliere l’attenzione degli spettatori dalle notizie di guerra, raccontando storielle leggere in cui i protagonisti cantano e danzano, inneggiano all’amore e paiono vivere in un mondo perfetto, in cui nulla di brutto (come appunto la guerra) può accadere. Stessa cosa può dirsi per le altre produzioni tedesche durante gli anni del conflitto; Sangue Viennese (1942) di Willy Forst, A Suon di Musica (1942) di Helmut Käunter, sino a Le Donne sono i migliori diplomatici (1941), in cui Georg Jacoby mostra come prender spunto sapientemente (il film “ispiratore” è Il Congresso si diverte) senza per questo esser impersonali: lì c’era l’ormai mitica sequenza del procedere di una carrozza in una “danzante” campagna viennese, qui, a far da sfondo ad una complessa coreografia, in cui danze e canti si intrecciano, abbiamo un parco. Un parco però “incantato” grazie alla splendida ètoile Marika Rökk (protagonista indiscussa di numerose commedie musicali tedesche) e grazie all’egregio lavoro di coreografi, fotografi, scenografi e costumisti, impegnati a far danzare, in un balenio di sfumature, uno splendido e intramontabile bianco e nero.

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Marika Rökk, chi era costei?


Interprete privilegiata dell’operetta di tradizione mitteleuropea e della commedia musicale di modello hollywoodiano della cinematografia nazista anni Quaranta, Marika Rökk, è attrice e ballerina dal talento straordinario. Nel confronto con Ilse Werner, che ebbe per rivale nel film musicale di quegli anni, Marika è in assoluto vincente per via di quell’indiavolata commistione di stili con cui condisce i suoi numeri: tip-tap e balletto classico sulle punte, danza acrobatica, capriole, passeggiate in equilibrio sulle mani, ruote mozzafiato e quant’altro ha avuto modo di imparare durante la sua esperienza circense. Nel 1962, a Vienna, in una calorosa rentrée nell’operetta Ballo al Savoy, a quarantanove anni suonati (era nata al Cairo, da genitori ungheresi, nel 1913), Marika è protagonista  di un successo straordinario. Una recensione dell’epoca riporta : “ballando, saltando, cantando, volando sulla scena, facendo letteralmente il diavolo a quattro, come al tempo in cui era l’attrice brillante più famosa del Reich…” la Rökk dà vita ad uno spettacolo di grande impatto.
locandina_gasparone.jpgStar sul palco e star sullo schermo, giacché Marika segna il suo esordio in Ungheria girando, tra il 1932 e il 1933, un paio di film: Baciami tesoro e Il treno dei fantasmi. Il punto però è un altro: questo peperino aveva dalla sua una vitalità prima sconosciuta, vitalità che esce prepotentemente nei suoi spettacoli circensi tanto da impressionare i produttori dell’Ufa. Così, nel 1933 Marika si ritrova a Berlino protagonista di un classico operettistico, Cavalleria leggera.  Niente male, vero? E poi cosa accadde? Nei due anni successivi la Rökk, continua ad interpretare operetta: Lo studente povero, Sangue caldo, Gasparone, Carosello e un solo musical all’americana, La stella di Broadway, insieme a Hans Söhnker (futuro interprete di Arrivederci Francesca), pellicola che narra le vicissitudini di un ragazza lanciata alla conquista di Broadway e quelle di un produttore alla Ziegfeld. Il vero successo a questo punto non è lontano, e arriva quando Marika fa coppia con Johannes Heesters, altro noto beniamino del pubblico tedesco. Il  sodalizio purtroppo dura solo il tempo di una manciata di film: i già citati Lo studente povero e Gasparone e infine Una ragazza indiavolata, 1939, di Carl Boese. Ma perché mai due artisti di successo (in questo caso per volere del partner maschile e quindi di Heesters) decidono di rompere un promettente sodalizio? Eccovi le parole dell’attore/ballerino: “non voglio più fare i film di Marika Rökk”. Se vi state chiedendo, com’è lecito, il significato stesso di queste parole, inizio col dirvi che al tempo (un po’ come sarebbe accaduto per i film dei magnifici Fred Astaire e Ginger Rogers) si ci riferiva ai film che avevano per protagonista Marika Rökk, chiamandoli molto semplicemente Rökk-Filme, ovvero film fatti, plasmati, girati e quindi concepiti su misura per Marika, che ottenevano il gradimento del pubblico grazie all’utilizzo di pochi e collaudati ingredienti alla base della storia. Quali?  Una giovane, numerose peripezie, la finale conquista del successo e talvolta dell’amore. Occorre però puntualizzare che Marika si sottrae alla dinamica dei Rökk-Filme quando non è diretta dal marito: Una inebriante notte di ballo, 1940, di Eduard von Borsody, con uno stuzzicante duetto con Ilse Wener, oppure Le donne sono i migliori diplomatici, 1941, primo lungometraggio tedesco girato in Agfacolor, e La donna che ho sognato, 1940, realizzato effettivamente sotto le bombe, ne sono un esempio. Qualche anno più tardi la Rökk sposa il regista Georg Jacoby, artefice di tutti i suoi film, mentre la carriera di Heesters prese altre strade (nel 1943 lo troviamo interprete di Carnevale d’amore, di Paul Martin, commedia musicale in cui lui e Dora Komar si atteggiano a novelli Ginger e Fred). Il film più importante realizzato dal marito, tuttavia, è Kora Terry, 1940, in cui Marika interpreta due ruoli, due sorelle, una buona e l’altra, ovviamente perfida. Tra i vari numeri che si susseguono nel film, da ricordare senz’altro quello in cui si vede Marika impegnata in una pericolosa danza con un serpente… come raccontato nel diario dell’ autore delle musiche, Peter Kreuder, in questa scena la Rökk è sostituita da una controfigura… presa da un lager! Ma tutto è bene ciò che finisce bene: il serpente non solo non ha morso la ragazza ma questa non ha fatto nemmeno più ritorno al lager (che detta così non suona poi tanto bene!). Ma torniamo alla nostra vedette, ora che vi ho raccontato qualcosa in più su di lei, vi è per caso riemersa dalla memoria qualche eco che la riguarda? Oppure, ammettete che ai nostri giorni questa stella tedesca è una semisconosciuta? Un dato è certo: da diversi anni, il nome Rökk non compare più sui giornali, in Italia, nessuno (o quasi) l’ha nominata neppure in occasione della sua morte, avvenuta il 16 maggio del 2004, alla ragguardevole età di 91 anni. Scandaloso. L’ultima volta che si parlò pubblicamente di Marika Rökk fu probabilmente nei primi anni Ottanta per via di un film, La storia di Karl May (figura di punta della Ufa negli anni di Eric Pommer) da parte del prolisso regista tedesco Hans Jurgen Sieberger (tre ore e 15 minuti!) con la partecipazione della Rökk e di Pristina Soederbaum in qualità di “dive nazi”. Ma volete sapere la cosa buffa? Marika non era un’attrice veramente Nazi, era soltanto la popolarissima interprete dei film musicali voluti dal dottor Goebbles su modello hollywoodiano, e la Soederbaum era nazi soltanto in virtù del marito Weit Harlan, torvo regista di Süss l’ebreo. Non trovate, infatti, piuttosto buffo che, nel gruppo di punta delle dive del cinema Nazi, quasi nessuna fosse realmente tedesca? Qualche esempio: Lilion Harvey era inglese, Zarah Leander era svedese, Annie Ondra era polacca (aveva lavorato a Londra con Hitchcock e si era specializzata in Germania nelle storie sentimentali e la sua amicizia con Goebbles era stata siglata dal matrimonio con Max Schmeling, campione mondiale di pesi massimi). Ancora qualche nome: Olga Tchekova era russa, addirittura nipote del grande commediografo Anton Cechov, Pristina Soederbaum era svedese, Lidia Baarova cecoslovacca, Ilse Werner olandese, Marika Rökk ungherese, aveva lavorato a Parigi e a New York coltivando una particolare ammirazione per Eleanor Powell e la “Tap Dance”. Goebbels trattava bene economicamente la sua legione straniera, specie dopo la nazionalizzazione delle più importanti case: Ufa, Tobis, Bavaria. Per Lilion Haevey erano pronti 50mila marchi a film oltre ad altri 250mila in valuta estera. Il cachet di Willy Fritsch, che era suo marito, ammontava a 20mila al mese. Nei bilanci delle case di produzione statali circa duecento artisti incidevano ciascuno per 110mila marchi all’anno! Ah dimenticavo: il canonico modello di riferimento delle coreografie di Goebbels? Naturalmente, Busby Berkeley!

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… UN TOCCO DI CLASSE DI NOME KÄUTNER

A suon di musica (1942) i suoi spassosi numeri musicali (jazz compreso) e all’ironica interpretazione di Viktor De Kowa e Ilse Werner

locandina_a_suon_di_musica_film.jpgTra echi viennesi e tentazioni hollywoodiane, A Suon di musica (Wir machen Musik, 1942) di Helmut Käutner spicca sia per l’equilibrio tra impianto di commedia e sequenze musicali sia per le venature astutamente ironiche della recitazione (Viktor De Kowa, Ilse Werner) e infine per l’accattivante qualità di canti e balli. Ma partiamo dal principio, e nello specifico del regista, Käutner, che oltre alla militanza nel mondo dello spettacolo prima come attore di teatro-cabaret, paroliere e compositore di canzoni, aveva tra i suoi assi nella manica la modernità dell’ambientazione e delle situazioni, la finezza delle venature psicologiche e le sfumature malinconiche che facevano da contrappunto ai momenti felici. Già da solo, come vedremo, questo regista è in grado di garantirsi il successo. Ma c’è dell’altro. Ad esempio l’assunto narrativo; qui si parla, infatti, di storia tra un insegnate del liceo musicale, perso nel sogno di comporre un’opera lirica d’avanguardia su Lucrezia Borgia, e una sua allieva dal caratterino selvaggio e dalla spiccata passione per le canzoni e il ritmo. Su un livello di lettura più alto, la storia pregna di sentimenti (idillio, matrimonio, contrasti professionali, amore ritrovato) diviene confronto tra musica seria e musica leggera –spesso in chiave jazz. Accade, infatti, che dopo il fiasco della sua opera, il maestro sognatore dovrà ringraziare l’allieva (divenuta nel frattempo star di una rivista) che corsa a consolarlo, è pronta ad offrirgli una sistemazione nella compagnia. Ad esser sinceri una storiella così ha ben poco di originale (basti pensare a decine di musical americani grandi e piccoli che, fin dall’inizio degli anni Trenta, hanno appunto avuto come oggetto vicende analoghe). Però una cosa originale c’è; pensateci un istante, stiamo parlano di un film tedesco girato nel 1942, diretto da un regista tenutosi sempre fuori da ogni mezzo di propaganda, in cui un complessino femminile (come quello in cui Ilse Werner canta e suona) accarezza da vicino tecniche e sonorità jazz! Un momento direte voi, in Germania il jazz ha avuto le sue stagioni felici! Risposta giusta, ma con una precisazione: accadeva al tempo della repubblica di Weimar. Dopo la metà degli anni Trenta, invece, e quindi all’epoca del film, sono iniziate le limitazioni, divenute proibizioni dopo la dichiarazione di guerra agli USA (dicembre 1941). Una deroga c’è stata (ma tutta ad uso e consumo del Ministero della propaganda e destinata a programmi della radio a onde corte indirizzati quasi esclusivamente agli ascoltatori dei paesi nemici), era il caso eccezionale del gruppo di musicisti jazz europei, i Charlie Orchestra (Charlie and his Orchestra, dal nome del cantante del gruppo) che cantavano, in inglese, successi americani con testi accuratamente rimaneggiati, al fine di sbeffeggiare gli alleati ed esaltare le vittorie tedesche. Tornando al film, possiamo concludere che gran parte del successo è merito dell’impronta che Käutner gli ha conferito: sbarazzina e intimistica, raffinata e dolce-amara (un po’ alla maniera hollywoodiana di Georges Stevens). Un’atmosfera nella quale De Kowa si propone come un misto tra Gary Cooper e James Stewart, mentre Ilse Werner sfoggia una verve davvero unica sia nelle sequenze recitate e cantate. Per completezza eccovi ora qualche nozione su Käutner. Nato a Duesseldorf nel 1908 (morto nel 1980 in Italia, a Castellina in Chianti, doveva aveva una casa), quando, nel 1942, firma A Suon di musica ha già al suo attivo una mezza dozzina di film, tra cui Kitty la manicure, e Arrivederci Francesca, 1941, in seguito arriveranno La collana di perle, Maupassant (1944), e Sotto i ponti (1945). A guerra terminata Käutner è tra i primi cineasti tedeschi a poter riprendere il lavoro. Da ricordare in particolare i suoi film più recenti L’ultimo ponte (1954), Il generale del diavolo (1955) e Il capitano di Kopenik (1956). Un consiglio, se avete tempo e soprattutto se riuscite a recuperarli, date un’occhiata a questi film, e poi ditemi se forse, Käutner, non meriterebbe un po’ di attenzione…

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