La musica di Indiana Jones - Quarta Parte

La musica dell'avventura: Dossier Indiana Jones
Parte IV: Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo


ColonneSonore presenta la quarta e ultima parte di un approfondito dossier dedicato alle colonne sonore composte da John Williams per la celebre serie dell'archeologo più famoso del mondo.

L'uomo col cappello è tornato...

L'uomo col cappello ritorna ancora... dopo 19 anni!

L'inquadratura finale di Indiana Jones e l'ultima crociata lascia pochissimi dubbi sul destino della saga cinematografica dell'archeologo più famoso del mondo: il nostro eroe cavalca verso il tramonto, dopo essersi finalmente ricongiunto col proprio padre ed aver per un attimo sfiorato persino l'immortalità. Steven Spielberg e George Lucas paiono davvero intenzionati a mettere la parola fine alle avventure di Indiana Jones, così come più volte ribadito alla stampa subito dopo l'uscita del film. I due filmmaker ritengono di aver esaurito il ciclo del personaggio e decidono di dedicarsi a nuovi progetti. Anche il protagonista Harrison Ford è seriamente convinto di non aver altro da aggiungere, complice anche la sua non più giovanissima età e la volontà di scrollarsi di dosso l'etichetta di attore capace di vestire solamente i panni dell'eroe. Ma, come spesso accade a Hollywood, dopo qualche anno le tre superstar saranno destinate a tornare sui propri passi e a rivedere le proprie apparentemente granitiche certezze. Nel 1993 è George Lucas a rompere gli indugi: il regista annuncia infatti che presto si metterà al lavoro per realizzare entro la fine degli anni '90 una nuova trilogia di Star Wars (che racconterà l'antefatto degli eventi narrati nei film originali) ed un quarto capitolo delle avventure di Indiana Jones. La notizia fa il giro del mondo e tutto il mondo del cinema comincia il conto alla rovescia per il ritorno sul grande schermo di due grandi icone della moderna cinematografia hollywoodiana. Harrison Ford si dichiara disponibile a tornare a vestire i panni dell'archeologo, mentre Steven Spielberg, dopo gli onori e il successo di Schindler's List (1993), sembra un po' meno interessato a dedicarsi a progetti del genere (oltre ad essere in procinto di fondare un proprio studio cinematografico in società con Jeffrey Katzenberg e David Geffen). Il trio decide allora di fare un patto d'acciaio: la condizione per fare un nuovo film di Indiana Jones è trovare una sceneggiatura che convinca nella stessa misura attore, regista e produttore. Ed è qui che comincia un lungo e tortuoso percorso creativo che durerà quasi vent'anni.

Il primo sceneggiatore ad essere scritturato per la realizzazione del copione è Jeb Stuart (autore dello script de Il fuggitivo), sempre a partire da un soggetto di George Lucas, ma il risultato non soddisfa Spielberg né tantomeno Ford. Un nuovo script viene commissionato a Jeffrey Boam (sceneggiatore de L'ultima crociata), ma anche il suo copione viene cassato. Il progetto viene allora  temporaneamente sospeso poiché Lucas è ormai nel pieno della pre-produzione di Star Wars Episodio I. Spielberg, Lucas e Ford si dicono sempre interessati a realizzare il film, ma preferiscono rimandare a tempi migliori e ad uno script più convincente. Successivamente è il turno dello sceneggiatore Frank Darabont, che alla fine del 2003 consegna un copione che finalmente entusiasma Spielberg e Harrison Ford (tanto da far dire al regista che lo avrebbe filmato immediatamente) ma stavolta è George Lucas a non essere pienamente soddisfatto e dunque si riparte nuovamente da zero. Jeff Nathanson è il quarto sceneggiatore a tentare un'impresa che sembra ormai impossibile. Harrison Ford comincia a dire alla stampa che se non verrà trovato un buon copione nel giro di un paio d'anni il progetto verrà definitivamente abbandonato. Viene infine scritturato David Koepp, sceneggiatore tra i più quotati e già collaboratore di fiducia di Spielberg in Jurassic Park e La guerra dei mondi: partendo dalla stesura di Nathanson, Koepp consegna finalmente uno script capace di convincere alla stessa maniera le tre star. Il quarto capitolo di Indiana Jones viene annunciato ufficialmente alla fine del 2006: Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull) arriverà sugli schermi di tutto il mondo a Maggio 2008.




La trama del film

Deserto del Nevada, 1957. Un commando di militari sovietici in incognito riesce a penetrare all'interno di una base segreta americana, l'Hangar 51: Indiana Jones e la sua spalla George "Mac" McHale (Ray Winstone) sono loro prigionieri e vengono fatti entrare nella base. Il comandante dei sovietici Irina Spalko (Cate Blanchett) vuole servirsi del dottor Jones per trovare una particolare cassa contenuta tra migliaia di altre in un deposito, poiché dieci anni prima l'uomo aveva avuto occasione di esaminarne il contenuto, ovvero i resti di un essere apparentemente extraterrestre. Jones tenta di rovesciare la situazione a suo favore, ma Mac lo ostacola, rivelando di essere al soldo dei Russi. L'eroe riesce comunque a scappare, e si ritrova al centro di un test atomico, al quale miracolosamente sopravvive, per poi essere recuperato dai militari Usa. A causa della sua amicizia con Mac viene sospettato dagli agenti dell'FBI di essere una spia comunista (siamo in tempo di maccartismo), tanto che al ritorno al Marshall College il suo ufficio viene sottoposto ad ispezione, mentre Charles Stanforth (Jim Broadbent), amico e rettore del college, arriva anche a dimettersi pur di difenderlo. Messo in aspettativa dal College, Indy decide di lasciare gli Stati Uniti, per stabilirsi a Londra. Poco prima di partire però, il giovane Mutt Williams (Shia La Beouf) gli chiede aiuto: sua madre è stata rapita mentre si interessava della scomparsa del professor Oxley (John Hurt), il quale le aveva lasciato una lettera indecifrabile, che la donna aveva giudicato comprensibile soltanto da Jones. L'uomo intravede una pista che porta a Nazca, in Perù, verso il Teschio di Cristallo di Akator, un manufatto leggendario oggetto di venerazione e paura. Sulle sue tracce vi sono però anche agenti del KGB, che interrompono i due e li costringono ad una rocambolesca fuga in motocicletta per il campus universitario. Indiana e Mutt partono allora per il Perù, ma giunti a destinazione scoprono che Oxley era impazzito. Visitando la cella di un sanatorio in cui era stato rinchiuso, trovano la mappa del cimitero in cui è sepolto il conquistador spagnolo Francisco de Orellana, che aveva visitato la mitica El Dorado, e portato via da essa il Teschio. Recuperato l'oggetto, ed evitato gli indios custodi delle tombe, i due vengono rapiti dai sovietici. La Spalko è convinta che il possesso del Teschio fornisca a chi lo possiede poteri mentali e conoscenza, oltre al controllo delle menti di intere popolazioni. L'agente decide di servirsi di Jones per scoprire sia come usare il Teschio, sia la strada per la mitica Città d'oro. Jones viene ricattato minacciando la morte di Mutt e la madre, che si rivela essere Marion Ravenwood (Karen Allen), la sua vecchia fiamma. Interrogando il professor Oxley, ormai apparentemente delirante, Jones riesce a trovare la strada da percorrere. Tentando di fuggire dai russi, Marion e Jones finiscono nelle sabbie mobili, ed in previsione di morte certa, la donna rivela all'ex fidanzato che Mutt è suo figlio, e che il suo vero nome è Henry Jones III. Vengono poi salvati proprio dal giovane, ma cadono nuovamente prigionieri. Durante la ricerca, si ripresenta l'occasione per fuggire, e Mac li accompagna, poiché rivela di essere un agente della CIA, e di fare quindi il doppio gioco. Uno scontro con formiche giganti divide i russi dai cinque, e dopo cascate e catacombe, giungono all'ingresso della città d'oro. Sfuggiti alla tribù di indios, riescono ad attivare un congegno ed entrano nel tempio. All'interno trovano opere antiche e tesori di tutte le civiltà, ma soprattutto una sala contenente tredici scheletri di cristallo, di cui uno mancante del teschio. Ma ricompaiono i russi, poiché Mac aveva lasciato loro una scia di segnalatori per farsi raggiungere, essendo sempre stato loro alleato. La Spalko colloca il Teschio al suo posto, il quale, parlando in antica lingua Maya per bocca del professor Oxley, manifesta la sua gratitudine. Le antiche entità extraterrestri si fondono in una sola creatura, che apre un varco dimensionale che risucchia Mac e tutti i russi, mentre la donna evapora, come bruciata dall'incredibile quantità di sapere che l'essere gli dona come "ricompensa". L'intera città era posta su un disco volante che si alza e scompare nel cielo. Indiana Jones torna ad insegnare all'università, e finalmente lui e Marion convolano a nozze.


“Ritorno”


Harrison Ford veste ancora una volta i panni di IndyCome accaduto per la nuova trilogia “prequel” di Star Wars, anche il quarto capitolo delle avventure di Indiana Jones è stato caratterizzato da un'attesa fervente e spasmodica da parte degli appassionati di tutto il mondo. Il lungo periodo passato dall'ultimo episodio ha però destato diverse legittime preoccupazioni: si temeva la caduta nella nostalgia facile, così come era dietro l'angolo il rischio del ridicolo a vedere Harrison Ford ormai ultrasessantenne compiere improbabili gesta rocambolesche; Spielberg è un regista maturo, ormai lontano dallo stile cinematografico solare e spensierato che lo ha reso celebre e anche le sue opere recenti più dichiaratamente commerciali come Minority Report (id., 2002) e La guerra dei mondi (War of the Worlds, 2005) sono film attraversati da toni cupi e perplessi e dunque lo si riteneva forse non più in grado di affrontare un film “alla Indiana Jones”; infine, George Lucas nel corso dei tre nuovi episodi di Star Wars ha mostrato una vena creativa ormai in esaurimento.

George  Lucas e Steven Spielberg di nuovo insieme sul setTuttavia, Indiana Jones rimane un personaggio dotato di grande carisma cinematografico e i due autori paiono sinceramente felici di tornare ancora una volta alle prese con questo genere. Come si può desumere dal riassunto della trama, la sceneggiatura si rivela essere un vero e proprio patchwork di situazioni e vicende mutuate dai film precedenti: Spielberg e Lucas decidono di mantenere inalterata la formula e di non modificarne l'essenza e lo spirito. L'aspetto più interessante della storia è il riconoscimento “anagrafico” del personaggio, che coincide con quello dell'attore Ford; gli autori sono consapevoli che non avrebbe avuto senso fermare il tempo e dunque ci presentano un Indy invecchiato e attempato, ma anche più saggio e crepuscolare. Harrison Ford dimostra di essere rimasto molto legato al personaggio e consegna una interpretazione molto convincente, dissipando sin dalle prime inquadrature i dubbi di vederlo tornare a vestire questi panni. Il personaggio di Mutt Williams (intepretato dalla star nascente Shia La Beouf) diventa la spalla giovanile e rocambolesca del protagonista, consegnando così a Ford il ruolo di padre/mentore che nel film precedente era affidato a Sean Connery. Tuttavia il film vuole essere soprattutto una celebrazione nostalgica e naif delle glorie passate, come dimostra la presenza di Karen Allen, che torna a vestire i panni dell'amata Marion Ravenwood. Anche l'aggiornamento della collocazione temporale della vicenda negli anni '50 rappresenta un punto ulteriore di novità: se i film precedenti si rifacevano ai serial degli anni '30 e '40, stavolta Spielberg e Lucas prendono come riferimento temi, situazioni e stilemi dei B-Movies e dei fumetti dei tardi anni '50. Predomina anche stavolta il tono “cartoon” assolutamente improbabile di gran parte delle sequenze (stavolta vediamo Indy sopravvivere addirittura ad una esplosione nucleare!), in una sequela di gag e situazioni che non sarebbero state fuori luogo in un cartone animato di Chuck Jones o in una storia a fumetti di Topolino. Insomma, allo spettatore si chiede solamente di lasciarsi andare ancora una volta e di farsi trascinare dalla spensieratezza e dalla solarità delle avventure di Indy senza farsi troppe domande e soprattutto senza pretese di intellettualismi o di raffinatezze. Anche dal punto di vista squisitamente cinematografico Spielberg realizza un film che riproduce fedelmente lo stile visivo dei precedenti: la fotografia dell'ormai inseparabile Janusz Kaminski ricrea con abilità il tessuto fotografico “high-key” del leggendario Doug Slocombe; il production designer Guy Dyas concepisce una serie di notevoli set in grado di reggere il confronto con le eccezionali scenografie de I predatori e Il tempio maledetto; e il veterano Michael Kahn conferisce al film il solito ritmo impeccabile, in particolare nelle rocambolesche sequenze d'azione. Ma forse colui dal quale si attende il ritorno con la medesima trepidazione è il compositore John Williams. Come ha notato Spielberg, il tema musicale di Indy è ciò che, insieme alla silhouette del personaggio, lo contraddistingue in maniera totale ed istantanea.

Un'ultima, grande colonna sonora

Il compositore John Williams è felice di tornare da un vecchio amicoAnche John Williams si è dovuto confrontare con una attesa spasmodica da parte di tutti gli appassionati ed estimatori. Le partiture della serie di Indiana Jones appartengono senza alcun dubbio alla schiera delle opere più amate del compositore e rappresentano per Williams un'impressionante pietra di paragone all'interno della sua lunga ed onoratissima carriera. I vent'anni trascorsi dall'ultima avventura di Indy sono stati notevoli ed importanti anche nel suo caso. Il compositore si è evoluto in maniera piuttosto radicale, diversificando ancora di più i suoi impegni cinematografici (che negli ultimi anni diventano sempre più sporadici) e dedicandosi con più attenzione anche a composizioni extra-cinematografiche, tra cui spiccano pagine di eccellente caratura come il Concerto per Fagotto “The Five Sacred Trees” (1995), il Concerto per Violoncello scritto per Yo-Yo Ma (1994) e il Concerto per Corno (2003). Un importante punto di svolta stilistico è senza dubbio la colonna sonora di Schindler's List, che gli regala il suo quinto premio Oscar. Da quel momento in poi Williams sembra voler ricercare anche nel mezzo cinematografico un veicolo di espressione musicale più vicino a quello della musica assoluta: i suoi commenti musicali diventano così più riflessivi, meditabondi e assai meno alla ricerca del protagonismo. Partiture come JFK (1991), Nixon (1995), Sleepers (1996), Sette anni in Tibet (1997), Salvate il soldato Ryan (1998), Le ceneri di Angela (1999),  A.I. - Intelligenza Artificiale (2001), Prova a prendermi (2002) e Memorie di una Geisha (2005) rivelano la sensibilità profonda e sfaccettata di un compositore sempre in evoluzione, ancora in grado di mettersi alla prova con testi filmici in grado di espandere ulteriormente la tavolozza creativa del suo magistero compositivo. La vena melodica di Williams è sempre molto feconda e inarrivabile, così come il suo impressionante bagaglio contrappuntistico e timbrico, come dimostrano le tre colonne sonore per la serie di Harry Potter e quelle per la nuova trilogia di Star Wars. E' soprattutto in queste ultime partiture, nelle quali il confronto con le celebri opere del passato sorge inevitabile, che è possibile ravvisare l'evoluzione artistica di Williams. Se da una parte troviamo sempre i colori accesi dell'orchestra sinfonica e grande ricchezza di temi e idee, dall'altro diventa evidente il sempre più prezioso lavoro di cesello che Williams opera sui materiali musicali messi in campo. La scrittura è più frammentata e rapsodica, così come non c'è più la ricerca del tema o del “numero” a tutti i costi, ma spicca la volontà di creare un commento musicale che agisca in modo sempre più fluido sul testo cinematografico. Williams è poi consapevole che è cambiato il modo di realizzare questo genere di film e si trova quindi a dover condividere lo spazio sonoro con una affollatissima pista di sound effects sempre più raffinati, i quali forse non consentono più di concepire flussi musicali inarrestabili come nel caso de L'impero colpisce ancora o Indiana Jones e il tempio maledetto. E dunque, come accaduto per la nuova trilogia di Star Wars, il compositore si trova a dover tornare a fare visita ad un vecchio amico, ripercorrendo ancora una volta i passi che lo hanno reso celebre, ma con la consapevolezza dell'artista maturo e la "saggezza" di Obi-Wan Kenobi.

John Williams e Steven Spielberg in una divertente posaLa partitura di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo si pone in perfetta continuità con le opere precedenti, mantenendone il medesimo spirito e riuscendo allo stesso tempo a dare una nuova linfa alle idee del passato: è una colonna sonora ancora una volta familiare eppure diversa, animata da un tono beffardo e citazionista, nel quale si fa viva e pulsante la vena “da balletto” di Williams. La partitura sembra essere la naturale continuazione dello score de L'ultima crociata, di cui ritroviamo gli stessi raffinati tratti stilistici, arrivando talvolta a punte di leggerezza quasi mozartiana. La collocazione temporale della vicenda consente poi al compositore di sfruttare una serie di colori e di tessiture tipiche delle colonne sonore dei b-movies anni '50, sebbene sia ancora viva e presente “sotto pelle” l'anima dei compositori della Golden Age hollywoodiana come Steiner, Rozsa, Newman e Herrmann. Tuttavia, si avvertono echi delle opere williamsiane degli anni più recenti, in particolar modo le partiture dei tre nuovi Star Wars e quelle di Harry Potter, così come reminiscenze di quelle più cupe e trasversali come Minority Report e La guerra dei mondi. La penna di Williams è tuttavia feconda e divertita e accompagna il film per tutta la sua durata, diventandone ancora una volta l'anima profonda e sorreggendo sulle proprie spalle gran parte del tessuto emotivo della pellicola. Alcune recensioni della colonna sonora de Il regno del teschio di cristallo hanno parlato di un Williams non più in grado di scrivere temi memorabili o pagine di commento di grande presa emotiva, ma si tratta di un giudizio ingeneroso, che scaturisce solo dall'inevitabile confronto con le precedenti colonne sonore: i temi e i “numeri” sono certamente meno “facili” ed immediati rispetto a quelli del passato, così come è possibile ravvisare qualche cenno di dejà entendu di troppo, ma è indubbia l'abilità di Williams nel saper manipolare il materiale tematico, così come rimane inalterata la sua capacità di interpretazione del testo filmico.

Temi, leitmotiv e numeri memorabili


Indy e il giovane Mutt si addentrano nel mistero della loro ricercaIl regno del teschio di cristallo è affrontato da Williams esattamente come i precedenti film: la partitura è costruita attorno ad alcune fondamentali idee tematiche che fanno da perno per l'intera composizione. A differenza delle colonne sonore della serie di Star Wars, dove i leitmotiv sono utilizzati nella loro valenza più specificamente “wagneriana”, i temi principali delle colonne sonore di Indiana Jones sono in debito con l'approccio della grande scuola classica hollywoodiana,  integrandosi sempre a supporto della narrazione e come propulsori dell'azione sullo schermo. Williams dimostra una straordinaria capacità nel saper individuare insieme a Spielberg i nodi narrativi ed emotivi fondamentali della pellicola. La partitura ha forse una personalità meno marcata rispetto alle tre precedenti, Williams appare più legato allo svolgimento della vicenda e più interessato a creare un commento musicale in grado di attanagliarsi alle immagini in modo inestricabile. Il risultato è una partitura di grande colore e di inappuntabile professionismo, tenuta insieme da un notevole senso della drammaturgia e da una dettagliata mappa di temi e motivi legati a personaggi e situazioni.

La “Raiders March” torna ovviamente a svolgere la sua importantissima e primaria funzione come tema di Indiana Jones. Williams sceglie di seguire lo stesso approccio utilizzato ne L'ultima crociata e sottolinea le gesta eroiche del protagonista con la sua inconfondibile firma musicale solo laddove strettamente necessario: la scelta è meno ovvia e banale di quanto possa sembrare poiché sarebbe stato assai più facile lasciarsi andare ad un uso molto più esteso del tema per rimarcare ancora di più il ritorno del personaggio sullo schermo. Williams non presenta variazioni o modulazioni particolari della Marcia, anzi, in un paio di occasioni arriva a citare una esposizione del tema direttamente dalla colonna sonora de I predatori dell'Arca perduta. Soltanto sul finale dei titoli di coda, Williams crea un piccolo colpo di scena, variando in modo inaspettato il classico arrangiamento della Marcia e contrappuntandola, come vedremo, con una figura musicale associata al personaggio di Mutt.

Il primo nuovo tema di rilievo composto per il film è il tema del Teschio di Cristallo: costruito su un semplice ma spettrale tritono ascendente (Fa-Si-Fa), una serpeggiante linea melodica discendente affidata ai legni si dipana con cauto timore, in un crescendo sempre più inesorabile e minaccioso. Il tema sembra quasi una versione “speculare” del motivo dell'Arca dell'Alleanza del primo film ed è colorato da sottili e vitrei timbri elettronici che ben raffigurano la natura aliena del manufatto. Il leitmotiv ha poi più di una reminiscenza con alcune pagine di Miklos Rozsa (la figura tematica discendente sembra quasi richiamare il “Tema della follia” di Io ti salverò) e con i tratti stilistici dei film di genere anni '40 e '50 (il timbro elettronico somiglia ad una moderna versione del Theremin). Durante il corso della pellicola questo tema diventa a tutti gli effetti la voce e lo spirito del potere misterioso dell'oggetto, conferendogli un'aura di misticismo ed importanza altrimenti assente. Una delle variazioni più interessanti  è durante la sequenza in cui viene ritrovato il Teschio, in cui il tema del Teschio viene esposto con lugubre venerazione dalla tromba solista.

La cattivissima Irina Spalko (Cate Blanchett)

La perfida Irina Spalko viene raffigurata da Williams con un sinuoso, mellifluo tema dal colore quasi noir: la prima esposizione è infatti affidata al sax contralto, come a voler sottolineare la personalità da “femme fatale” del cattivissimo agente sovietico. Williams costruisce un ardito profilo melodico di terzine ascendenti e discendenti (quasi una sorta di versione “in negativo” della Raiders March) che restituiscono in maniera efficace la natura del personaggio. La solita abilità williamsiana nel costruire temi malleabili ed immediati è ribadita anche in questo caso: il tema di Irina viene infatti sovente citato nel corso della partitura solamente attraverso le prime sei note (tre ascendenti-tre discendenti). Il compositore crea anche un tema secondario associato più in generale all'esercito sovietico, una severa figura musicale di stampo militare che richiama il tono sornione e sbeffeggiante di alcune pagine di Shostakovich e che trova uno sviluppo interessante nella sequenza in cui Indy fa a cazzotti con un gigantesco soldato circondato da formiche rosse giganti.

 Il  rocambolesco Mutt Williams (Shia La Beouf)Il giovane Mutt Williams (ovvero Henry Jones III, il figlio di Indy) non è contraddistinto da un leitmotiv vero e proprio, ma bensì da una collezione di materiale tematico che descrive l'energia e la giovialità del personaggio: essendo un personaggio ancora "in formazione" il compositore non ha sentito il bisogno di caratterizzarlo con un tema chiaro e definito (come sembra dirci il film, non è ancora arrivato il suo momento di indossare il cappello). In primis, troviamo una vivacissima figura musicale in forma rondò, che Williams appunta alle gesta eroiche del nuovo protagonista: è uno dei classici, funambolici “scherzi” williamsiani, in cui tutta l'orchestra si trasforma in un impeccabile motore sinfonico e dove spiccano virtuosistici passaggi per legni, archi e ottoni. A Mutt viene poi associata anche una sorta di variazione/inversione del tema di Indy (la si sente bene nella sequenza dell'inseguimento nella giungla, quando Mutt vola tra le liane), a stabilire il legame che corre tra i due personaggi. E' una sorta di "riflesso" ereditario tradotto in musica: nelle gesta del figlio si riconoscono i tratti del padre; si potrebbe pensare che Williams abbia tratto ispirazione per questa idea dalla faccia buffa di Harrison Ford mentre guarda orgoglioso il figliolo compiere le sue azioni eroiche. Come dire, talis pater... Sublime poi come Williams contrappunti le due idee nella inaspettata variazione finale dei titoli di coda della Raiders March, in modo non dissimile da quanto fece con il tema di Short Round nei titoli di coda del secondo film.

 Karen Allen torna a vestire i panni di Marion RavenwoodAl ritorno di Marion Ravenwood corrisponde anche la ripresa del classico e indimenticabile tema d'amore del primo film. Peccato che la presenza marginale del personaggio e il suo ruolo passivo all'interno della narrazione non consentano a Williams di andare al di là di un paio di semplici citazioni del tema sparse nel corso della pellicola, anche se nella sequenza finale del matrimonio tra Indy e Marion il tema può finalmente assurgere a protagonista assoluto in un vibrante crescendo “à là” Max Steiner, lasciando intravedere per un attimo (se le circostanze lo avessero concesso) l'eventuale nuovo sviluppo che questa perla lirica del repertorio williamsiano avrebbe potuto avere nel corso dell'intera partitura.

Parlando di “reprise” di temi noti, va sottolineata la fugace apparizione del tema dell'Arca dell'Alleanza durante il prologo (lo sentiamo quando Indy e il commando dei russi entrano nel leggendario magazzino su cui si chiudeva il primo film) e il ritorno del tema dell'Illuminazione, ovvero il tema della relazione tra Indy e il padre Henry: se nel primo caso Williams strizza semplicemente l'occhio al pubblico degli appasionati con una citazione letterale, il ritorno del placido e nostalgico tema dell'Illuminazione durante la sequenza finale del film suggella la paternità riscoperta da parte di Indiana Jones e dunque, come nel caso del finale de L'ultima crociata, la creazione di un rinnovato quadro familiare.

 Mutt, Indy e Marion in fuga dai Russi

Anche in questa quarta partitura le pagine che commentano le rutilanti sequenze d'azione si contraddistinguono per virtuosismo e sopraffina capacità di scrittura. Il modo di comporre questi brani è notevolmente cambiato rispetto ai tempi de I predatori e Il tempio maledetto: Williams non cerca più l'episodio tematico specifico, ma piuttosto enfatizza la personalità ritmica e la concitazione delle sequenze. La scrittura è dunque più frammentata e rapsodica, dominata da incisi brevi e singhiozzanti, eppure rimane sempre cristallina e trasparente. Un esempio perfetto è la sequenza della fuga in motocicletta all'interno del campus universitario, accompagnata da un rapidissimo allegro in cui trombe, ottavini e percussioni si rincorrono attraverso velocissime cellule tematiche e dove trova spazio persino una gustosa citazione brahmsiana. La centrale sequenza d'inseguimento nella giungla è invece accompagnata da un lungo e tumultuoso brano d'azione che sottolinea il susseguirsi degli eventi con emozionanti ostinato, complicati fraseggi di archi e ottoni ed un crescendo marziale di incandescente potenza orchestrale.

John Williams durante la registrazione della colonna sonora dell'ultimi IndyE sono svariate le pagine in cui Williams mostra una notevole felicità creativa, a cominciare dal divertente “scherzo” prokofieviano per archi e legni nella sequenza delle sabbie mobili, ovvero un piccolo ma elaboratissimo saggio della già citata scrittura “da balletto” e che richiama i momenti migliori delle colonne sonore di Harry Potter. Non mancano momenti di atmosfera e di raccordo, stavolta sovente immersi in cupe tessiture che in più di una occasione sembrano omaggiare il leggendario Bernard Herrmann, in particolare quello delle partiture fantasy; così come non possono mancare, come sempre nell'ultimo Williams, pagine di cifra più marcatamente moderna, come quella, straordinaria, che descrive l'assalto degli indios che proteggono le catacombe (dominata da percussioni e fiati etnici) e quella che commenta l'assalto delle formiche assassine, caratterizzata da un febbrile ostinato in tempo dispari degli archi e in cui legni e ottoni vengono spinti su registri acutissimi. Infine, le spettacolari sequenze finali della “resa dei conti” sono ancora una volta l'occasione per Williams di togliere ogni freno inibitorio e lasciarsi andare ad un vorticoso e torreggiante crescendo sinfonico, in cui interviene anche un allucinato coro di voci femminili.

E anche questa volta il film si chiude, dopo una breve ma intensa reprise del tema di Marion, con la canonica suite dei titoli di coda, che riepiloga con la classe dell'ouverture da concerto tutti i leitmotiv principali della pellicola: la Raiders March, il tema di Irina, il tema delle avventure di Mutt, il tema di Marion e la ripresa finale della Marcia, che stavolta viene modificata sulle battute finali con la variazione/inversione associata a Mutt. La musica sembra dunque volersi congedare con un sorriso sornione e nostalgico, con la speranza che lo spettatore/ascoltatore faccia lo stesso. Williams, insieme a Spielberg, Lucas e Ford, chiude così il sipario sulle avventure di questo indimenticabile personaggio. E questa volta sarà, con tutta probabilità, il saluto definitivo.

L'edizion
e discografica

L'album della colonna sonora di La  copertina dell'album della colonna sonoraIndiana Jones e il regno del teschio di cristallo è stato pubblicato su etichetta Concord Music Group pochi giorni prima dell'uscita del film nelle sale. Il CD contiene una selezione di 77 minuti sui circa 110 della partitura completa. Come tutti gli album recenti di John Williams, il disco presenta una scaletta che favorisce un ascolto programmatico non troppo legato alla cronologia del film: in apertura troviamo, a seguito del classico arrangiamento della Raiders March, le versioni “da concerto” del tema del Teschio di Cristallo, di Irina e del tema delle avventure di Mutt. Anche qui, John Williams dimostra grande abilità nell'espandere attraverso un trattamento squisitamente sinfonico le sue brillanti invenzioni tematiche. Il disco prosegue con la selezione dei momenti migliori della partitura, anche se la scaletta dei brani appare un po' sbilanciata, concentrando tutti i brani d'azione nella prima parte e accorpando successivamente quelli più specificamente di atmosfera e di puro accompagnamento. Si tratta tuttavia di un CD molto generoso e in grado di favorire un ascolto molto organico. E' ancora troppo presto per poter immaginare di veder pubblicata presto la versione integrale della partitura, ma il grande successo ottenuto dal film lascia sperare che, a differenza di quanto accaduto coi precedenti episodi, probabilmente non dovremo aspettare più di vent'anni per poter ascoltare una edizione completa di questo ennesimo, trascinante traguardo artistico del grandissimo John Williams.

FINE

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Link alle parti precedenti:

I predatori dell'arca perduta
Indiana Jones e il tempio maledetto
Indiana Jones e l'ultima crociata

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